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E allora, in attesa delle decisioni governative sulle start-up…

In attesa di conoscere che cosa deciderà il Governo sulle misure da prendere per favorire la nascita di nuove imprese innovative in Italia, mentre circolano resoconti più o meno corretti della situazione, mentre qualcuno fa disinformazione e altri ne approfittano per tentare di bloccare tutto, vale la pena di sottolineare alcuni punti della discussione intorno alle proposte elaborate dalla task force (cui chi scrive ha partecipato) ed espresse nel suo rapporto.

Il rapporto è lungo e articolato, molti forse non hanno fatto in tempo a leggerlo tutto. Quindi vale la pena di ricordare alcune convinzioni emerse nel corso dei lavori della task force (riassumo con le mie parole):

1. Nessun limite di età. Le start-up nascono e crescono con l’innovazione, che può venire dall’energia giovanile ma anche dall’esperienza. Costruire un’Italia più favorevole alle start-up è politica per i giovani non perché prevede dei limiti di età, ma perché crea condizioni più favorevoli all’innovazione e meno favorevoli alle rendite di posizione.

2. Nessun regalo di soldi pubblici a nessuno. Le start-up hanno bisogno di pagare tasse in modo ragionevole per aziende che fatturano poco e investono praticamente tutti gli utili che eventualmente fanno. Dopo quattro anni diventano normali aziende. Le aziende che comprano start-up vanno incentivate allo stesso modo di tutte le aziende che fanno ricerca. Gli incubatori e acceleratori privati non ricevono soldi pubblici diversi da quelli che eventualmente già oggi sperano di ottenere partecipando a bandi e gare. Ogni elemento dell’ecosistema è avvantaggiato solo se sono avvantaggiati tutti gli altri. Le entrate fiscali si potrebbero moltiplicare se invece di tassare molto un piccolo numero di start-up, si tassassero in modo ragionevole molte start-up. Ma, in fondo, la principale misura proposta è che le tasse si paghino per cassa e non per competenza: se le tasse si pagano quando i clienti hanno pagato le fatture e non prima, non è lo stato che finanzia le start-up, è lo stato che cessa di farsi finanziare dalle start-up.

3. Logica imprenditoriale nell’investimento pubblico e privato. In particolare, il venture capital non gestisce un euro di denaro pubblico se non per investimenti che decide di compiere prima di tutto con il suo denaro privato. Quegli investimenti generano un guadagno – o una perdita – uguale per il denaro pubblico e per quello privato.

Superata questa settimana, poi, e scoperto che cosa deciderà il Governo, comincerà la vera discussione pratica. Quali territori prenderanno la leadership per conquistare un ruolo di primo piano nell’attrazione di investimenti e talenti? Come si informeranno le persone delle nuove opportunità emergenti? Come si organizzerà la pubblica amministrazione per far fronte alle sue nuove incombenze? Le puntate precedenti, probabilmente, sono meno numerose di quelle che devono ancora arrivare.

Vedi anche:
Start-up: un terreno culturale comune
Strategia della disattenzione

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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