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Telmo Pievani racconta una storia a Viterbo

Telmo Pievani non parla di complessità come sistema ma attraverso le storie. E racconta la storia dell’evoluzione umana. La caduta di un paradigma sull’evoluzione umana di fronte alla complessità. (Questi sono appunti presi in diretta.. Spero non siano troppo imprecisi).

La storia comincia nel 1837. Un ragazzo tornato da un viaggio intorno al mondo e scrive i suoi appunti segreti. Su 5 quaderni. Darwin era un grafomane ma non li volle pubblicare. Che cosa contenevano? Già tutta la sua teoria. Ma pubblicherà il suo pensiero solo dopo vent’anni. Quegli appunti contenevano idee imbarazzanti. Nella sua pubblicazione ufficiale dice che l’evoluzione è lenta e inesorabile, negli appunti parla di accelerazioni legate alla complessità.

La storia della scienza non è lineare. È carsica. Le idee saltano fuori quando tante altre idee sono maturate e possono prendere piede.

Ma negli appunti di Darwin c’era un’altra idea imbarazzante. Anche l’homo sapiens fa parte di questa storia dell’evoluzione. È una delle tante storie. Ma non vuole pubblicare questa idea perché teme che gli altri non accetterebbero. E scrive in una lettera a un amico che pubblicare sarebbe come commettere un assassinio. E la vittima sarebbe la provvidenza, l’architetto della creazione. Ha paura dei suoi colleghi scienziati, non dei religiosi. Quando Wallas scopre l’evoluzione Darwin ha una reazione isterica. E poi viene convinto finalmente a pubblicare con Wallas.

La teoria a questo punto è diventata più rigida, determinista. Anche col contributo di Wallace. E contiene un’eccezione. L’uomo evolve come il resto. Ma non per quanto riguarda le funzioni psicologiche. E poi l’uomo è visto come culmine del progresso delle specie. La storia dell’evoluzione umana è lineare: lo scimmione che evolve nell’uomo attuale. Una catena per la quale occorre trovare l’anello mancante. Era un modo per ricondurre l’evoluzione al paradigma tradizionale.

Negli ultimi dieci anni questo paradigma è crollato rovinosamente. Oggi sappiamo che negli ultimi 6 milioni di anni (dal distacco dallo scimpanzé) sono vissute 25 specie umane e sempre più d’una alla volta. Questo cespuglio di specie, questo corallo (diceva negli appunti Darwin), è avvenuto attraverso diaspore, con ondate di emigrazione dall’Africa. Partono sempre dal Sudafrica, arrivano al Corno d’Africa, vanno in Medioriente e da lì in tutto il mondo. Homo sapiens resta l’unica specie umana soltanto a partire da 12mila anni fa. Fino ad allora conviveva con altre specie umane. Con le quali ci scambiavano tecnologie, idee; forse si accoppiavano.

(I Neanderthal erano bianchi rossicci autoctoni europei. I Sapiens arrivano in Europa con la pelle scura.. C’è sempre qualcuno più nativo di te).

Solo superando il blocco paradigmatico potevamo vedere questa nuova realtà dell’evoluzione umana.

Resta il problema: perché alla fine restiamo soli? Teniamo conto che per tre volte i Sapiens tentano di uscire all’Africa. Per due volte non ce la fanno. E anzi rischiano l’estinzione. Ne restano 25mila circa. Ma solo loro hanno avuto un’evoluzione cognitiva. Pitture rupestri, tecnologie innovative, cambiamento culturale straordinario che alla fine si impone. Non per via genetica ma culturale. E ha imparato a trasformare l’ambiente addomesticandolo e creando la sua nicchia ecologica.

Il nocciolo della teoria dell’evoluzione è sempre darwiniamo. Ma non è più orientato a trovare la semplificazione della visione delle cause, ma a osservare la complessità delle interazioni. Ecologia, vincoli, mutazioni genetiche, innovazioni culturali, casualità..

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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