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Società dell’innovazione. Appunti.

Le società che vivono in un territorio possono essere più o meno orientate all’innovazione, o alla paura, o all’immobilismo. Di fronte alle crisi o alle sfide reagiscono in modo diverso. E si comportano in modo diverso quando affrontano una grande trasformazione. Cercano di solito qualche risposta nella politica o nella autorità morale. Talvolta, di fronte alle promesse dei leader trovano coraggio, quando sono deluse maturano un atteggiamento di cinismo, in altri casi continuano a illudersi. E in certi casi questo le conduce a risolvere i problemi. Niente di strano: è la storia.

Ma la domanda che ci si può porre è questa: è possibile migliorare la capacità di reazione creativa delle società? Tentare di rispondere è un compito estremamente arduo. Ma la domanda è sempre più ineludibile.

Al di là delle soluzioni informali, basate sulle abitudini di ogni popolo, l’esperienza ci dice che i progetti di miglioramento della situazione da questo punto di vista sono fondamentalmente di due tipi. Da un lato, qualche volta si risponde con un approccio “burocratico”: una struttura organizzativa si dà degli obiettivi, definisce le cose che vuole siano fatte, crea istituzioni o meccanismi dedicati a produrre certi risultati, li valuta in base a indicatori previsti, opera in base a automatismi. Dall’altro lato, varie forme di leadership visionaria riescono a coinvolgere le società in attività innovative che hanno ricadute imprevebili e in qualche caso autenticamente creative. Il primo approccio ha il valore della trasparenza e il difetto della standardizzazione dei processi di sviluppo innovativo. Il secondo approccio dipende essenzialmente dalla qualità delle leadership. In entrambi i casi, la valutazione vera dipende dalla capacità della soluzione adottata di liberare le energie creative presenti nella società. E probabilmente è difficile definire una soluzione valida per tutte le situazioni.

Di certo, si potrebbe tentare di razionalizzare le storie, le esperienze e i metodi dai quali trarre spunto per alimentare la consapevolezza intorno alle conseguenze delle varie soluzioni.

Una sintesi alla quale sembra stiamo arrivando è questa. Un processo tipico contiene una serie di condizioni:
1. la struttura del territorio come piattaforma si occupa di facilitare la connessione delle realtà sociali, la contaminazione delle loro esperienze, la condivisione delle risorse, la competizione per l’incentivazione dellos sviluppo meritocratico delle iniziative.
2. la piattaforma può avere funzioni utili a tutti (come la connessione) ma la sua metafora ha effetti incentivanti dei comportamenti. Cioè contiene sistemi impliciti di valutazione.
3. l’incontro di esperienze può essere pensato come una sorgente di ispirazione dalla quale ciascuna realtà connessa riesce a trovare le idee che possono essere ricombinate in funzione delle esigenze locali
4. un sistema di valutazione delle idee e delle iniziative storicamente valido incentiva quelle che hanno impatto di lunga durata, conseguenze estese e coinvolgenti per uno spazio relativamnete ampio, hanno una forte carica innovativa.
5. le risorse si attribuiscono in base a criteri di fiducia che a loro volta dipendono dalla trasparenza dei metodi di attribuzione, di controllo, di conoscenza.

(Probabilmente tutto questo è piuttosto astratto. Ma è la sintesi veloce di una discussione svolta ieri a Bollenti Spiriti con Annibale Delia e Michele Kettmaier. Serve come appunto per un necessario approfondimento).

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  • “è possibile migliorare la capacità di reazione creativa delle società?”

    A questa risposta si può provare a rispondere isolando l’aggetivo “creativa”.
    Una reazione creativa ad un trauma, che sia una crisi economica o evento catastrofico, presuppone che quella data società/comunità abbia, negli anni, nutrito i propri membri nel valore della creatività. Nell’abilità di concepire più soluzioni alternative alla risoluzione di un problema; ma soprattutto nella capacità di riformulare le domande – allargando il più possibile lo spettro visuale – che devono produrre tale molteplicità di soluzioni

    Non si diventa creativi dall’oggi al domani, ma ci si sforza nel praticare l’arte del pensiero divergente, confutando tutte le verità già impacchettate che il tipo di società dell’informazione in cui viviamo tende ad offrirci su un vassoio d’argento in ogni momento.

    Una reazione creativa, che presuppone una capacità di resilienza, ovvero di rimbalzare di fronte alle avversità, riprendendo il cammino, è più ipotizabile in quelle società nelle quali il valore della creatività è un caposaldo del sistema educativo.

    Personalmente, e lo twitto da mesi, reputo il sistema educativo il vero volano della crescita a medio/lungo termine. Sì, è un investimento che non fa frutti immediati, ma che garantirà un’autoemancipazione del singolo. Questo se lo Stato riuscirà a fornire degli strumenti cognitivi adeguati all’epoca nella quale stiamo vivendo, integrando gli strumenti tecnologici nella didattica e creando un rapporto biunivoco tra discente e insegnante. Una scuola che rinneghi le uniche soluzioni, ma che insegni a pensare divergente e a ricercare alternative.
    Ricollegandomi alle 2 opzioni da te presentate, credo che bisogni formare una società di leader visionari creativi che sappiano sappiano trasformare le proprie passioni in lavoro, creandolo e smettando il giorno stesso di lavorare, come diceva Confucio.
    Con queste premesse, la risposta resiliente-creativa sarà automatica, la gente sarà da anni abituata a confutare lo status quo. Servono strumenti cognitivi e nuovi esempi positivi di leadership che sappiano guidare dando l’esempio. Come dice Seth Godin, tutti possiamo esser leader.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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