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Agcom e net neutrality: rischi per l’innovazione oppure no?

Internet continuerà a essere innovativa come è stata in passato? O migliore? O peggiore? Una delle risposte sta nella regolamentazione a garanzia della net neutrality, il principio codificato nel design della rete che prevede l’assenza di qualunque discriminazione dei pacchetti in base al loro contenuto e a chi li invia. E che è costantemente messa in discussione. Già oggi è scarsamente garantita nell’internet mobile. E già oggi è sottoposta a qualche “compromesso” per garantire efficienza alle reti. Inoltre, già oggi una parte di rete internet è riservata a trasmissioni speciali, tipo alcune iptv, che non vanno a best effort ma a banda garantita. Ma nella gran parte dei casi, la net neutrality ha tenuto sulla rete fissa.

C’è una novità. L’introduzione delle reti di nuova generazione potrebbe corrispondere anche all’introduzione di forme di regolazione del traffico finalizzate alla maggiore efficienza dei collegamenti su internet. Si tratta di un tema connesso alla net neutrality. Molto sensibile. Ma che andrebbe compreso meglio. Le novità arrivano dall’Agcom. (Il riassunto di Key4biz. Grazie al tweet di Gianluigi Negro).

Ci sono molti aspetti della questione posta dall’Agcom dopo vasta consultazione. Ma se non sbaglio un elemento di novità è l’accettazione da parte dell’Autorità del ragionamento secondo il quale gli operatori che costruiscono le reti di nuova generazione devono poter essere remunerati in modo speciale per questo e in particolare, tra l’altro, possono chiedere un pagamento maggiorato ai content provider che vogliano avere un servizio premium per raggiungere meglio i loro utenti.

Come dire che Google e Facebook, se pagano qualcosa alle telco, vanno più veloci di molti siti e blog che non pagano, se ho capito bene.

Se ho capito bene, dunque, chi eroga un servizio online e può pagare di più, sarà avvantaggiato in termini di efficienza rispetto a chi eroga un servizio online e non può pagare di più. Come una start up appena nata, non troppo finanziata, per esempio.

Bisogna ammettere che trattare meglio, con un servizio migliore, chi paga di più è parte delle opzioni che una qualunque azienda di solito è libera di fare. Ma in questo modo la rete è meno neutrale: e chi è più uguale degli altri è chi può pagare di più. A fronte di questo, però, gli operatori hanno una remunerazione per gli investimenti nella ngn. Sarebbe meglio avere qualche chiarimento in più:
1. Questa nuova possibilità per gli operatori sarà davvero collegata ai loro investimenti nel miglioramento delle reti? E come sarà collegata? Oppure gli operatori guadagneranno di più anche se non investiranno di più?
2. Quale sarà esattamente il servizio premium che sarà garantito ai content provider che pagano di più?
3. Il servizio per i content provider che non pagheranno di più resterà come adesso, migliorerà o peggiorerà?

Si potrebbe dunque immaginare la nascita di una dimensione super della rete, nella quale tutti pagano di più e tutti ottengono di più, ma senza peggiorare la situazione degli altri che non pagano di più. Sarebbe una soluzione di compromesso ma comprensibile. Se dovesse invece accadere che sulla parte di rete riservata a chi non paga per il servizio premium il servizio cominciasse a decadere per mancanza di investimenti e manutenzione, la novità si tradurrebbe in un peggioramento chiarissimo delle possibilità di emergere per gli innovatori appena nati, per le start-up non abbastanza finanziate, per i cittadini che hanno un blog o altro tipo di attività non commerciale, e così via. Alcune delle dinamiche innovative più importanti della rete sarebbero messe in discussione.

Tutto questo, ripeto, se ho capito bene. E se ne traggo correttamente le conseguenze.

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  • Ho scavato un po’ nei documenti dell’Agcom ma non ho trovato riferimenti ai content provider. Certo per essere garanti della comunicazione sono criptici non poco.
    Non vedo quale interesse economico abbiano gli ISP nel girare ai content provider una parte dei loro profitti. Quando gli ISP si incontrano tra loro lo
    La questione del traffic management è ed è sempre stata quella dell’overbooking della rete.
    La statistica storica era che dato un sufficiente numero di utenti e una banda media sufficientemente elevata e sempre disponibile, tra web browsing, email, chat o quant’altro la banda effettivamente usata dagli utenti poteva essere 10-100 volte inferiore a quella a loro venduta.
    Il peer to peer ha stravolto questa statistica, perché è sempre acceso e usa tutta la banda disponibile, ma il business model degli ISP gli impedisce di accettare questo fatto.
    Il fatto che il peer to peer venisse usato prevalentemente a scopo di pirateria di media ha portato agli ISP un utile alleato nei detentori dei copyright, abituato a fare lobby e pressioni politiche.
    Il caso del VoIP è forse leggermente diverso, nel senso che gli ISP ambiscono a venderlo come parte dell’infrastruttura, spesso sono carrier telefonici e quindi compete con un altro ramo del loro business, e quindi anche se non ostacolano apertamente il VoIP di altri sicuramente non fanno niente per farlo funzionare al meglio (la voce su IP è molto delicata da far funzionare bene).
    Poi c’è lo streaming video, come il p2p con alte richieste di banda, e anche li ci sono problemi di concorrenza con i propri servizi.
    Alla fine dei conti quindi i consumatori di ADSL si trovano a non poter sfruttare per intero la banda che gli è stata venduta, la rete dell’ISP non è fisicamente in grado di fornire l’aggregato della banda che sarebbe richiesta da tutti i clienti, se tutti accendessero peer to peer e streaming video sulla propria AppleTV.
    La questione del pricing è quindi semplicemente la richiesta degli ISP di un aiuto per uscire dal baratro dell’overbooking.
    E per la verità come tutto quello che c’è di tecnologico, anche alla trasmissione dati in fibra ottica si applica perlopiù una variante della legge di Moore: ogni anno e mezzo raddoppia (o più) la capacità dei backbone di trasporto a parità (o quasi) di costo.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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