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L’energia che serve per trasformare le liberalizzazioni in sviluppo

La bozza del decreto presentato dal governo sulle liberalizzazioni è un grande risultato di questa importantissima fase politica e offre mille spunti di riflessione.

Osservazioni. Grazie alla loro abolizione, si scopre che c’erano un sacco di vincoli all’impresa, talvolta incredibilmente bizantini: li conoscevano solo i pochi che ne traevano vantaggio. Con il decreto diventa più facile aprire un’impresa e cercare di trovare un mercato, il che è una premessa di ogni altra strategia. I giovani sono favoriti dalla riduzione delle barriere al cambiamento, anche se i loro genitori, che finora si sono protetti anche per il fatto di dover mantenere i figli precari, devono superare la paura del futuro e aiutare i figli a superarla (il che significa anche trovare i motivi per pensare che impresa non è lo stesso che fare il precario)

Nel confronto che si è aperto c’è un pensiero equivoco latente, che andrebbe superato: finora sul tema delle liberalizzazioni si contrappongono, da un lato, le categorie che vedono nei cambiamenti una grande minaccia e, dall’altro, la generalità della popolazione che vede nei cambiamenti un piccolo vantaggio. Il problema è far vedere a tutti un grande vantaggio di sistema a fronte di piccoli svantaggi di particolari categorie.

La crescita del prodotto e della produttività, la maggiore facilità di accesso al mercato per i giovani, la diminuzione dei momenti della vita economica nei quali l’autorità pubblica può intervenire per decidere qualcosa che attiene alla vita dell’impresa, sono elementi di un cambiamento di fondo che solo la visione di sistema può svelare. Le sue conseguenze non sono necessariamente una maggiore precarietà, anche se il periodo di cambiamento effettivamente alimenta le incertezze. Ma, in primo luogo, l’incertezza di sistema è peggiore. In secondo luogo, l’incertezza è anche opportunità (soprattutto se ci si rende conto che l’unica certezza che deriva dalla resistenza al cambiamento è la chiusura di ogni opportunità).

Ma tutte queste sono motivazioni vagamente astratte. Il punto è creare condizioni che rendano chiaro quanto sia ora più facile fare un’impresa e facilitare la nascita di imprese specialmente giovanili con ogni mezzo, informativo, formativo e organizzativo. In secondo luogo, si devono incessantemente creare occasioni per creare nuove imprese. Quindi, da un lato, mettere più facilmente le risorse a disposizione di chi vuol far nascere imprese, e dall’altro lato, aumentare la visibilità delle occasioni che si possono presentare o favorire.

È una lunga strada che va percorsa il più velocemente possibile. Si può fare solo chiarendoci le idee.

Conoscendo meglio come stanno le cose, abbandonando la paura di perdere posizioni che già di per sé si stanno erodendo, imparando dall’esempio di chi ha già compreso qual è la strada da imboccare, si pongono le condizioni mentali per superare la stanchezza di tanti anni di lento peggioramento del sistema e ritrovare l’energia necessaria per trasformare le liberalizzazioni in libertà e la libertà in azione.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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