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Il principio di non contraddizione

In astratto, il principio di non contraddizione funziona a meraviglia. Aristotele dice nella metafisica: «È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo». La frase A è anche non-A è falsa, o impossibile, o almeno priva di interesse perché non informa.

Il fatto è che di contraddizioni ne saltano fuori tutti i giorni. Anche perché raramente i discorsi che si sentono seguono le regole della logica. Seguono le emozioni, l’affabulazione, il marketing… Si è parlato per vent’anni di un politico che diceva tutto e il suo contrario, cambiando contesto: «Sono stato frainteso»… Ma il suo insegnamento resta: il cambio di contesto fa cambiare anche la credibilità di una frase. Se si dice «abbassiamo le tasse» in un contesto di competizione elettorale e poi si dice «approviamo l’aumento delle tasse» in un contesto di produzione legislativa, non ci si contraddice, semplicemente si cambia contesto. Vabbè. Il problema qui è che le frasi citate sono “intenzioni” in un caso e “decisioni” nell’altro caso: dunque non sono molto comparabili. D’altra parte, quello stesso politico non amava essere contraddetto: solo lui si poteva contraddire. (Infine, quelle non erano frasi che contenevano una contraddizione, ma casomai contraddittorie tra loro, il che rende il giudizio meno di logica e più di politica).

Quello che preme sottolineare è che il principio di non contraddizione dovrebbe ispirarci nella ricerca, per migliorare le nostre conoscenze. Non dovrebbe essere semplicemente messo da parte perché difficile da applicare, o tale da generare interventi noiosi in televisione.

Ma perché nella vita vissuta la logica è tanto difficile da applicare? Per molti motivi: uno è che la logica si concentra su ciò che viene esplicitamente detto, mentre molto spesso conta di più ciò che non viene detto. Se il contesto non è esplicitato una frase che contiene una contraddizione resta sbagliata ma il suo senso cambia passando in un altro contesto. Il che ci impone di approfondire la conoscenza del contesto. E attivare una modalità di discorso più lenta e riflessiva. Ecco un esempio.

Dire che dobbiamo aumentare la crescita nel contesto della crisi finanziaria – per il quale occorre aumentare il Pil perché questo è un parametro essenziale nella valutazione che i mercati finanziari operano del debito italiano – è considerato contraddittorio con tutta una serie di valutazioni che si fanno in vari diversi contesti: 1. non è possibile attivare la crescita in un paese bloccato e illiberale come il nostro, 2. non è bene puntare alla crescita quando è la qualità della vita che occorre migliorare, 3. la crescita non può avvenire se si prendono misure che vanno contro la crescita. E così via.

Queste contraddizioni sono tutte da valutare. Ma ci aiutano a dire che occorre parlare del contesto di quelle frasi. Come dire: dovremmo scegliere in che mondo preferiamo essere prima di parlare. Come dire: prima di parlare di un “risultato” – la crescita – dovremmo parlare delle motivazioni che contano per le persone nel nostro mondo e in quello che vogliamo costruire.

Diciamo per esempio che il nostro mondo non è quello dei finanzieri, ma quello della gente che vive nella realtà. E che in questo nostro mondo occorre affrontare problemi quantitativi per un sacco di persone che vivono al livello di povertà assoluta, mentre occorre affrontare problemi qualitativi per il rsto della gente. Come dire: dobbiamo trovare lavoro e dignità per chi non lavora e non è incluso (giovani, anziani, immigrati) e dobbiamo migliorare l’ambiente fisico, sociale e culturale delle persone che sono incluse ma soffrono perché non hanno prospettive e soffocano nella fatica. Si dirà: tutto questo costa e non ci sono risorse. E poi ci sono i limiti allo sviluppo, la Cina, l’analfabetismo funzionale… Ed ecco allora che salta fuori il tema della crescita: per migliorare le cose ci vogliono più risorse, compatibilmente con i vincoli che abbiamo detto. Il principio di non contraddizione ci aiuta a dire che se vogliamo un certo mondo e non vogliamo essere contraddittori dobbiamo approfondire, conoscere, raccontare, non sparare uno slogan al giorno tanto per fare.

Ci può essere crescita senza spreco di risorse. Ci può essere ridistribuzione delle opportunità. Ci può essere ricostruzione culturale. E perché tutte queste frasi cessino di apparire contraddittorie o impossibili, occorre approfondire, conoscere, raccontare.

Alla fine ci accorgeremo che le attività sostenibili che possono aumentare e alimentare le prospettive della popolazione sono tali da richiedere forse meno materia e meno risorse ambientali, ma che sono anche tali da generare più valore aggiunto, e quindi come risultato pure una crescita monetaria.

Per riuscirci non dobbiamo partire dal risultato atteso (la “crescita”) ma dal motivo che abbiamo per impegnarci a vivere intensamente la nostra vita (e uno dei risultati sarà la “crescita”). Non c’è contraddizione tra miglioramento della qualità e crescita quantitativa: sono due risultati diversi che attengono a contesti diversi ma che possono sgorgare solo da una stessa sorgente: la nostra vita. Imho.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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