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Esperienze – L’iPad per leggere le news

Dopo un anno e mezzo, il rapporto tra l’iPad e l’editoria dell’informazione non è più soltanto una questione di visione ma anche di riflessione sui dati di fatto. E una ricerca di Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism in collaborazione con The Economist Group può servire come punto di partenza. (via Journalism.org)

Stiamo parlando del comportamento dell’11% degli adulti che vivono negli Stati Uniti. Sono i possessori di un tablet. E la metà di loro usano il tablet ogni giorno per accedere alle notizie.

Il 77% dei possessori di tablet usa questo strumento tutti i giorni. E queste persone passano in media 90 minuti al giorno sul loro tablet. L’attività di gran lunga più popolare è consultare il web: 67%. La seconda attività più popolare è leggere e mandare mail: 54%. La terza attività più popolare è leggere le notizie: 53%. Social network (39%) e giochi (30%) vengono nettamente dopo. Leggere i libri è limitato all’17%. I video sono ancora più in basso: 13%.

Il 77% dei possessori di tablet usa questo strumento per leggere le notizie almeno una volta alla settimana. E il 30% di loro dice di passare più tempo sulle notizie di quanto non facesse prima. Il 42% dice di leggere regolarmente articoli di approfondimento sul tablet.

Il tablet è uno strumento ergonomicamente diverso dal pc e non per nulla si usa in modo diverso. Ha due punti di forza: la mobilità e la leggerezza, quindi viene usato durante gli spostamenti e sul divano. Entrambe situazioni in cui si è più disposti a passare del tempo di approfondimento. In effetti, il tempo della lettura dei quotidiani sul web via pc è mediamente 70% (dice Hal Varian) mentre il giornale di carta è 25 minuti: e si direbbe che l’iPad si faccia leggere con tempi che vanno più verso quelli del giornale di carta che quelli dello schermo del pc.

Se le persone dedicano più tempo alle notizie sull’iPad e se sono più disposte a leggerci degli approfondimenti, saranno più condotte a riconoscere valore nelle informazioni che trovano sull’iPad. È un equivoco (anche sul pc troverebbero probabilmente contenuti di analogo valore) ma non un’assurdità: nel nuovo scenario dell’editoria, nel quale la scarsità fondamentale non è lo spazio sul quale si scrive ma il tempo di chi legge, il valore è definito dalla domanda, non dall’offerta. E se la domanda vede il valore nell’insieme di contenuto e strumento, allora quello è il valore che conta.

Quanto a usare il tablet per fare browsing sul web e per consultare le apps, si osserva un’ulteriore selezione per qualità di attenzione. Chi usa le apps appare dai dati come una persona ancora più attenta di chi usa il tablet per andare sul web. Quindi le apps interessano una parte degli utenti di tablet. La più disposta a dedicare tempo alle notizie. E di questi, una parte è disposta a pagare.

Insomma: si va formando una piramide di comportamenti. Dal velocissimo scambio di link a notizie sui social network (pochi secondi di attenzione), alla consultazione dei notiziari sul web col pc (70 secondi), alla consultazione delle notizie sul web con il tablet, alla lettura delle apps di notizie, al pagamento delle apps. Gruppi di persone sempre più ristretti ma disposte a riconoscere un valore sempre più largo. (Sì, non stiamo parlando di telefonini e smartphone in questo post, ma andrebbero tenuti in considerazione anche loro).

L’idea non può che essere quella di scegliere in quale posizione si vuole essere e stabilire un modello di costi adeguato a sostenersi con le dimensioni di pubblico che esistono nelle diverse scale di attenzione citate.

Di certo, per chi si occupa delle parti alte della scala, quelle dove ci sono lettori attenti e disposti a riconoscere il valore dell’informazione proposta, l’offerta deve essere adeguata. Qualunque tradimento delle aspettative di approfondimento e qualità, in quella dimensione, non potrebbe essere perdonato.

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  • Il 28 Maggio 2010 (Data di commercializzazione dell’Ipad in Italia) l’IPAD era nella mia borsa. Occupandomi di web e comunicazione digitale avevo già tracciato un profilo del nuovo dispositivo. Intuivo le potenzialità ma usarlo è stata altra cosa. Finalmente la mobilità trovava un dispositivo completo. Gli usi? Con un dispositivo così leggero e portabile praticamente tutti quelli possibili. Consultare le diverse caselle email, ricevere ed inviare. Avete provato, mentre siete in macchina, al posto di guida in attesa, ad aprire il notebook per utilizzarlo? Un’esperienza deprimente, sistema operativo da caricare, difficoltà di collocazione, angolo visivo inidoneo, batteria pronta a cedere, calore. Con l’IPAD tutto questo viene superato in un attimo è operativo, luminosità ok, leggerezza, collocabilità. Da grande lettore di quotidiani in un attimo i giornali a disposizione, le notizie aggregate, mail inviate e ricevute, un occhio al web, una veloce chat in skype con un cliente, e si riparte. Un solo click e il dispositivo è spento si riparte.

  • Analisi e commento perfettamente condivisibili, mi sorge solo una domanda: quanto possono influire su questi dati gli smartphone, sia Apple che non Apple? Si dice che i dati non verrebbero stravolti, ma sono pronto a scommettere che salirebbero nella classifica delle preferenze di utilizzi gli aspetti ludici e social che mettono a disposizione questi dispositivi. Io uso il mio cellulare per consultare posta, social network, notizie, uso varie apps e spesso, avendo una tastiera qwerty, mi avvicino all’uso che è proprio di un pc, trascurando invece la navigazione sul web.

  • Come sempre le analisi di PEW sono molto interessanti.
    Luca dici giustamente che “la scarsità fondamentale è il tempo di chi legge”, e questo è un cambiamento di paradigma che modifica completamente le regole del gioco.
    Invece quasi sempre gli operatori si limitano a mutuare modelli di business dai media tradizionali. Non sono solo i comportamenti degli utenti che cambiano, è necessario che vengano ripensati anche ai modelli di business legati all’informazione.
    Realizzare un App a pagamento con le stesse notizie del quotidiano cartaceo, è una soluzione che non porta da nessuna parte.
    Si tratta di ripensare alla fruizione dell’informazione (ad esempio il concetto di “stream”) e al modo in cui il digitale, da solo, abbia una sua sostenibilità economica.
    E se il tablet cambierà i giornali, vi assicuro che le Smart Tv, una volta diffuse, ci metteranno poco tempo a fare fuori la Televisione come la conosciamo (e lo dico dalla mia esperienza empirica).
    Il mio parere è che tra 10 anni le nostre fonti di informazioni primarie non saranno quelle che ci hanno accompagnato in questi anni. E non saranno italiane.
    ciao,
    Maurizio

  • Quando si paragonano i tempi di lettura delle news del giornale rispetto a quelli sul tablet bisognerebbe distinguere il tempo di consultazione da quello di lettura vera e propria. In genere si impiega meno tempo a sfogliare il giornale e a far scorrere l’occhio sui titoli alla ricerca di ciò che interessa di quanto ne occorra per la stessa operazione su un sito o in una App. Altra differenza importante: il giornale si consulta sequenzialmente su web l’approccio è diverso, si consulta l’home page o si accede alla notizia da link esterni.
    Vantaggi assoluti del tablet sono la velocità di accensione/spegnimento e la maneggiabilità.

  • Quest’analisi ha il merito di dire che i pasdaràn delle news gratis hanno torto quanto quelli delle news a pagamento. Ma, al di là della polemica, il punto è che chi produce contenuti, i grandi brand dell’informazione dovranno sempre di più progettare prodotti in grado di accontentare tanto chi è disposto a pagare, quanto chi no dando ad ogni nicchia il contenuto che si aspetta. Piccolo problema, questo significa costruire aziende che costano un sacco a fronte di ricavi che la struttura di mercato non sembra garantire.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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