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Crescita e debito: piccolo grimaldello

Una piccola idea che viene dall’esperienza di chi ha fondato qualche azienda e qualche volta ha dovuto chiuderla pur avendo un fatturato doppio dei costi: gli utili restavano sulla carta perché il tempo necessario a ottenere il pagamento delle fatture era tanto lungo che la mancanza di circolante rendeva troppo costoso tenere in piedi l’azienda.

È una piccola idea per ridurre debito e alimentare la crescita.

Lo stato è il primo pagatore ritardatario italiano. Quando paga lo fa con un anno, due o anche tre di ritardo rispetto all’erogazione del servizio. Le piccole imprese, in particolare, devono finanziarsi in attesa di ricevere il pagamento. Quindi non possono permettersi di crescere e fare nuovo fatturato, perché fare fatturato significa produrre e sostenere costi che a loro volta costano troppo perché non vengono pagati presto. Se il pagamento fosse immediato cercherebbero di fare di più perché non dovrebbero sostenere il costo dell’attesa del pagamento.

Se lo stato dichiarasse che da oggi in poi paga subito – e obbligasse anche le imprese a farlo – dovrebbe aumentare l’esigenza di cassa immediata ma da quel momento in poi avrebbe meno debito (perché avrebbe pagato quanto dovuto) e indurrebbe le imprese ad accelerare la ricerca di nuovi lavori da svolgere, visto che queste non dovrebbero finanziarsi la produzione indebitandosi in attesa del pagamento effettivo.

Pagare il salto dal pagamento ritardato a pagamento immediato sarebbe un costo da finanziare con una tassa o una riduzione di costi immediata, ma da quel momento sarebbe una riduzione di debito e una spinta alla crescita.

Se sull’esempio dello stato, questa stessa operazione fosse fatta dalle grandi imprese, le piccole aziende sarebbero invogliate a crescere. E potrebbero farlo senza sostenere il costo dell’attesa, senza l’angoscia dell’attesa di essere effettivamente pagate.

Chi lavora con la Germania sa quanto veloci siano i termini di pagamento. Se l’impresa si deve preoccupare solo di trovare clienti e produrre per loro, invece che preoccuparsi anche di farsi effettivamente pagare o di indebitarsi in attesa dell’effettivo pagamento, potrebbero crescere.

Spero che qualcuno mi aiuti a capire se questa è un’idea fattibile, se è una buona idea, se è del tutto utopistica o impraticabile.

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  • E’ curioso. Hai scritto qualcosa che rimanda immediatamente all’interpretazione di Keynes fatta da Hyman Minsky, che sto leggendo in questi giorni, e all’idea della “preferenza per la liquidità”: il problema è l’incertezza nelle posizioni di portafoglio delle imprese. Quando quest’incertezza cresce, è difficile investire.
    L’idea è sicuramente giusta, perché va nella direzione della riduzione della preferenza per la liquidità e quindi nell’aumento potenziale di domanda di beni capitali. Come realizzarla in concreto e che sia realizzabile, è un po’ più difficile dirlo. A questo proposito, mi viene in mente che in una certa misura i pagamenti lenti non sono dovuti a mancanza di cassa da parte della PA, ma anche a pura inefficienza e lentezza burocratica. Che è più difficile da debellare…

  • Chiediti perché il Sole paga i collaboratori dopo mesi e capirai che non basta che lo Stato paghi subito. Le grandi aziende si finanziano non pagando. Esistono settroi,come la GDO, che stanno in piedi sulle enorme differenze temporali tra incassi e pagamenti. E le grandi aziende hanno già pronti i trucchi: perdono le fatture, non le registrano, non emettono gli ordini, contestano le consegne e prescindere. Non funzionerebbe nemmeno la procedura di riscossione coattiva. Con la giustizia civile intasata, chi si mettein causa con la rpospettizva certa di non lavorare più ? È il sistema che è marcio. Hai amai visto metere, per esempio,Acea tra i cattivi pagatori ?

  • Caro Luca, la tua è un’idea di civiltà.
    Purtroppo:
    1) Il debito di fornitura non credo sia contabilizzato nel debito pubblico. Il debito pubblico è Bot, CCT, BTP. Il debito di fornitura è gratis, per pagarlo bisogna emettere titoli onerosi. Ecco perché lo Stato non paga e , per esempio, le ASL sono cariche di pignoramenti.
    2) Siamo pieni di residui passivi, somme stanziate e non spese. Il problema è, ormai, come sbrogliare la matassa dell’attribuzione e dei vincoli relativi. Ricordi la barzelletta del colonnello di una nota Arma che dava 50 lire per il pane e 50 lire per il salame all’appuntato che gli doveva portare il panino? dopo un’ora, la risposta all’appuntato sconfortato che aveve dimenticato quali fossero le 50 lire per il pane e le 50 per il salame fu: e come pretendi che me lo ricordi io!
    Il risultato finale è che in cassa non ci sono soldi, non si sa più quale sia la priorità di spesa quando entrano etc etc.
    Sarebbe una delle grandi riforme da fare.
    Ciao

  • Il ritardo della pubblica amministrazione nel pagare i propri creditori è una causa strutturale di inefficienza, non solo per le imprese che vedono dilatarsi di 6 mesi e oltre il momento in cui saranno pagate, ma anche perché i crediti verso la pubblica amministrazione vengono spesso ceduti alle banche, che anticipano i pagamenti intascando laute provvigioni.
    E’ insomma un meccanismo doppiamente perverso per gli imprenditori, che oltre a subire un danno economico devono di necessità foraggiare l’inefficienza del sistema bancario.
    Portare la pubblica amministrazione a rispettare i termini di pagamento, che sono fissati per legge, ha sia il vantaggio di consentire alle imprese di focalizzarsi sulla parte attiva della loro attività, sia di togliere ai grandi gruppi l’alibi che gli consente di essere a loro volta cattivi pagatori. Chi ha relazioni commerciali con uno qualsiasi dei grandi gruppi italiani sa che è bene accettare una dilazione dei pagamenti ben oltre i termini, pur di restare nell’albo dei fornitori.
    Detto questo, non ho idea di quanto sia praticabile. Ho letto che i debiti della cosa pubblica derivanti da pagamenti ritardati ammontano a circa 70 miliardi di euro. Un’intera manovra economica.

  • As stated in other comments, the weak point with your proposal is that you would have to persuade the public administration to exchange no-cost debt with one of these two: bonds, which have an explicit financial cost; spending cuts, which have no financial costs but a huge political cost.
    Some kind of not-yet-invented incentive – not the wealth of Italy as a system, it is proven not to work – is needed.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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