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I commenti sono spesso la parte più interessante del blog. È il caso del post sull’assurdo aumento della spesa pubblica italiana degli ultimi dieci anni segnalato qualche giorno fa. I commenti spingono ad approfondire, cosa che si farà. 

L’altro argomento che ha generato interessantissimi commenti è stato quello della funzione pratica della religiosità suggerito da Alain de Botton. In questo caso però molti commenti si sono dispersi tra Google+, Twitter e Facebook. Vorrei un sistema che li aggreghi. Cercherò di farlo a mano… In attesa di una soluzione migliore (suggerimenti?).
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Qui sotto i commenti da Google+ sulla religiosità:
Foto del profilo di Francesco Lunelli

Francesco Lunelli – Se uno dei bisogni fondamentali della gente è sentirsi raccontare palle non credo che la cultura dovrebbe piegarsi a questa logica. Ci sono bisogni fondamentali a cui la cultura può e dovrebbe rispondere, ve ne sono altri invece che dovrebbe contrastare e combattere.
La cultura ha anche la missione di cambiare i bisogni della gente.
Ieri alle ore 16:10    
Foto del profilo di Alessandro Nasini

Alessandro Nasini – @luca Non ovunque, certo, e non è nemmeno possibile generalizzare per aree omogenee perché ogni “parrocchia” ha la sua realtà e le sue regole (a prescindere dalla religione specifica). Per quello che vedo, da ex cattolico, ad esempio ci sono ancora situazioni nelle quali la religione (con tutti i sui riti) ha ancora una “presenza” molto forte ed un forte legame con la vita delle persone. La stessa religione, ad un quartiere di distanza è lontana mille miglia dalle persone e dalla realtà. Ed in quello “spazio” anche la cultura stenta ad entrare…
Ieri alle ore 16:15 (ultima modifica:Ieri alle ore 16:17)   
Foto del profilo di Maurizio Nicosia

Maurizio Nicosia – de Botton sottende la religiosità come fenomeno universale, o comunque universalmente diffuso, e che prescinde dalle religioni. Le genera, ma non coincide con esse. Religiosità come tensione verso un rapporto organico e armonico con l’esistente. 
Le religioni offrono, rispetto alla cultura, alcune forme che ormai sono plurimillenarie, come i riti, che la cultura non sa proporre o addirittura finisce per disdegnare.
Ieri alle ore 16:26    

+1

   

Foto del profilo di Alessandro Nasini

Alessandro Nasini – Pensa che a me vengono invece in mente un buon numero di “riti” della cultura, forse più forti della cultura stessa…
Ieri alle ore 16:31    

+1

   

Foto del profilo di Maurizio Nicosia

Maurizio Nicosia – M’incuriosisci… A quali riti pensi?
Ieri alle ore 16:33   
Foto del profilo di Alessandro Nasini

Alessandro Nasini – Le presentazioni dei libri (la maggior parte…), i circoli di lettura, i concerti di musica classica, il teatro (magari non tutto, ma molto), le visite alle mostre (soprattutto alcune…), etc. Sono riti collettivi, paragonabili per molti aspetti alla messa della domenica…
Ieri alle ore 16:43   
Foto del profilo di Maurizio Nicosia

Maurizio Nicosia – Sì, anche se forse non sono riti in senso stretto, ma certamente sono dei “succedanei”, come le uova di lompo… 🙂
Ieri alle ore 16:45 (ultima modifica:Ieri alle ore 16:50)   
Foto del profilo di Alessandro Nasini

Alessandro Nasini – cos’hai contro le uova di lompo? sono più colorate e divertenti del beluga (che a dire il vero è di un colore orrendo)… 🙂
Ieri alle ore 16:49   
Foto del profilo di Maurizio Nicosia

Maurizio Nicosia – Nulla, mi capita anche di mangiarle e usarle per la loro vivacità cromatica. 🙂
Però il rito, in senso stretto, è danzare intorno al fuoco, cioè agire una dimensione atemporale (scusa se scrivo così); e paradossalmente nel ripetere ha come obiettivo la negazione del tempo. 
Credo che i nostri riti culturali siano invece immersi nel tempo.
Ieri alle ore 16:53 (ultima modifica:Ieri alle ore 17:00)   
Foto del profilo di Francesco Lunelli

Francesco Lunelli – I riti culturali sono figli del nostro tempo, ma non necessariamente immersi. I riti servono per sentirsi parte di una comunità, si partecipa al rito per essere membri di qualcosa, attori/spettatori e questa valenza è pienamente rispettata da molti riti culturali, come appunto certi concertio, certe mostre, certi premi letterari. Ci si va non per un reale interesse ma perché bisogna andarci per sentirsi parte del gruppo.
Ieri alle ore 16:58   
Foto del profilo di Alessandro Nasini

Alessandro Nasini – @maurizio l’aspetto “atemporale” del rito è un concetto interessante. non sono d’accordo ma ci rifletterò…
Ieri alle ore 17:20   
Foto del profilo di Luciano Giustini

Luciano Giustini – Conosco bene Alain de Botton per aver letto tutti o quasi, credo, i suoi libri. Il suo approccio è molto pragmatico, come e più della religione. Quel che è simile è la metodoloogia, ovvero il cercare di dare risposte concrete o quantomeno chiavi di lettura alle domande ultime (e anche a quelle di mezzo) che nessuna scienza può dare…
Ieri alle ore 21:31   
Foto del profilo di andrea rosiello

andrea rosiello – tutta la frase si basa, per me, su due parole: la prima è “rispondere”: che significa rispondere? Assecondare? Ed esiste un
limite spazio e/o temporale per rispondere? E la seconda è ovviamente “cultura”

Riporto qui anche i commenti sulla spesa pubblica pubblicati direttamente su questo blog:

Ricordo di aver sentito un programma su Radio 24 (c’era Giannino) il quale sosteneva che gli aumenti più significativi della spesa pubblica provengano dalle Regioni; e all’interno delle Regioni le spese che riguardano la sanità; e all’interno della sanità la spesa che è aumentata in maniera incontrollata sono i materiali come lenzuola, siringhe ecc…

si trova conferma da qualche parte? occorrerebbe recuperare il podcast..

Gli ultimi dieci anni sono stati quelli delle “missioni di pace”, a cui l’Italia ha partecipato cospicuamente a suon di 2 miliardi di euro l’anno di spesa (minimo, perché questi sono quelli  “certificati”, ma in Italia, si sa, c’è da aggiungere il resto, che viene tenuto nascosto ai più). Provi Prodi e suoi sodali, oltre a Berlusconi e i suoi complici, a cercarli lì i soldi che mancano (vedo che anche gli USA, in questo senso, non stanno messi meglio…).
Come si dice, prima o poi tutti i nodi vengono al pettine; si sono tolti o fortemente ridotti servizi essenziali per insabbiarci in Iraq e in Afghanistan.
Penso che questi “statisti” prima o poi dovranno rendere conto dei loro misfatti che, nel frattempo, pagheremo amaramente noi cittadini.

Se Prodi con “spesa pubblica” pensa alla spesa pubblica aggregata, compresa quella previdenziale,le cifre sono spiegabili: CIG, pensioni, stipendi pubblici, sono tutte spese non discrezionali, ossia aumentano da sole. Dire che le missioni all’estero hanno rovinato il bilancio fa ridere. Basta fare un po’ di conti, e considerare che il bilancio della difesa continua a scendere, più che compensando le maggiori spese per le missioni all’estero. Idem per gli Stati Uniti, basta guardare le cifre dell’incremento delle spese non discrezionali (assistenza medica agli anzioni, previdenza sociale pubblica, sussidi automatici, ossia tutta la Big Society di Johnson).

La Ragioneria Centrale dello Stato, indirizzata da una legge voluta da Tremonti nel 2009, ha messo online il bilancio dello Satto (prima non c’era mai stato): si trova qui: http://dwrgsweb-lb.rgs.mef.gov.it/DWRGSXL/pages/lb/index.jsp
E’ complicato ma si può fare. BTW, il Ministero della Difesa “pesa” sul totale delle uscite per ben il 2,77 per cento (e ci sono dentro i Carabinieri)….

In questo articolo Galimberti spiega che la spesa pubblica al netto di previdenza ed interessi è più bassa in Italia che nei Paesi vicini. Purtroppo non si vede il grafico a cui fa riferimento.http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-06-29/spendiamo-troppo-spendiamo-male-064024.shtml?uuid=AafiArjD

Tema fondamentale, sul quale fare un po’ di sano data journalism.

I dati citati credo siano visibili in questo grafico:
http://www.openspending.org/dataset/italyregionalaccounts#timeseries

Dati sempre basati sulla Ragioneria dello Stato e preparati durante il convegno del 19 aprile a Roma, con l’aiuto di Open Knowledge Foundation, tra gli altri.

Serve più data journalism e maggiore partecipazione della cosa pubblica, per comprendere queste dinamiche, e renderle più chiare alle persone.

Famòlo ! La verità è rivoluzionaria.

Come tagliare ? Ecco la ricetta di Zingales & Co, sul Sole di oggi: commenti ?
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-07-13/ecco-come-arrivare-subito-082038_PRN.shtml

Scommettiamo che ci sarà una sollevazione ?

P.S. Per me i proventi delle privatizzazioni sono MOLTO ottimistici.

Per essere precisi il maggior aumento di spesa pubblica è avvenuto nel decennio 1980-1990.

1980-1989: 75.1mld – 271.2mld (+361%)
1990-1999: 302.7mld – 468.1mld (+54,6%)
2000-2009: 474.8mld – 727.5mld (+53,2%)

Tutti i dati dell’intervento precedente sono al netto di interessi.

fonte: http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100628_00/testointegrale20100628.pdf — pagina 5.

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  • Caro Luca, il caso del tuo blog è emblematico. Sei uno dei pochi blogger/pensatori digitali italiani che vale veramente la pena seguire, muovi e smuovi pensieri ed opinioni, generi conversazioni con decine di commenti di valore. IMHHO, ho sempre ritenuto n questo senso il tuo blog “sprecato”, perchè tecnologicamente non capace di riportare tutti i commenti dispersi sulle varie piattaforme (l’ideale sarebbe FriendFeed, ma tutti sappiamo che dato che funziona troppo bene la gente lo usa male).
    Forse dovresti ricalibrare la tua comunicazione digitale pensando all’importanza dei commenti e delle discussioni che i tuoi post generano. Dare più enfasi alle conversazioni. So che non è un gran suggerimento, ma capita spesso che la riposta della folla a tue suggestioni sia importante, e vada valorizzata e resa più fluida. Perchè non usare in maniera più diretta (forse esclusiva) Google+? Potrebbe rivelarsi più utile, e migliorare il rapporto segnale rumore.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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