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Rassegna nucleare

Una rassegna di articoli sull’incidente alla centrale di Fukushima, seguito al terremoto e allo tzunami.

Notizie
Japan Times: messa in discussione la politica di sicurezza delle centrali nucleari
Japan Times: l’incidente
New York Times: i tecnici giapponesi tentano di evitare il meltdown
Economist: ridurre la crisi del nucleare
Scienziati
Union of concerned scientist: quello che sappiamo dell’incidente
Scientific american: descrizione dello scenario peggiore possibile
Reazioni internazionali
Hindustan Times: preoccupazioni per la sicurezza delle centrali indiane
Nikkei.com: l’Australia in aiuto
Delawareonline: preoccupazioni in Delaware
Novinite.com: se è causato dallo tzunami, in Bulgaria non succederebbe
China Daily: la Cina non cambia la sua politica di espansione nell’energia nucleare
Reuters: l’Italia non cambia la sua politica di espansione nell’energia nucleare
Polemiche:
Repubblica: critica al nucleare riferita al rischio geologico definita macabra dal governo
Il Fatto: Tozzi attacca i politici che parlano senza conoscere i fatti del nucleare
Il Giornale: la sinistra specula sull’incidente nucleare
Dire che non c’è pericolo è stupido. Dare solo l’allarme non è molto profondo. Ma mettere una centrale nucleare in un posto sismico significa avere un’organizzazione veramente ottima per ridurlo al minimo e avere piani e disciplina per le evacuazioni. Le popolazioni interessate dovrebbero essere messe nelle condizioni di accettare l’enorme rischio, in cambio di una politica di sviluppo talmente intensa e vera da convincerli a cambiare vita per accogliere la centrale. Ma questo comporterebbe costi aggiuntivi per chi fa le centrali, visto che si dovrebbe assumere i costi delle esternalità negative. In assenza di uno scambio vero tra popolazione e produttori di energia, rischio contro investimenti di pari portata e lungimiranza, mettere una centrale è solo sfruttare un territorio e una popolazione, con tutti i suoi discendenti. Chi vuole fare una centrale si deve assumere il costo delle esternalità in misura molto importante. Se non si pone la questione come richiesta a una popolazione di assumersi un rischio in cambio di un progetto di sviluppo vero e lungimirante, la questione nucleare resterà ideologica. Nell’ignoranza e nella poca trasparenza si coltiverà soltanto malcontento, paura e possibile corruzione. Imho.

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  • Sarebbe bastato leggere quello che sta scrivendo Jacopo Giliberto sul tuo giornale. I generatori diesel che dovevano dare energia alle pompe di circolazione del liquido di raffreddamento (acqua) non sono entrati in funzione perchè sommersi dall’acqua dello tsunami. Da qui l’aumento della temperatura dell’acqua nel circuito di raffreddamento e lo sfogo del vapore, che essendo una centrale ad acqua bollente contiene contaminanti radioattivi (no, l’acqua non diventa radioattiva….). Ora le centrali verranno modificate. Peraltro, il vessel che contiene il nocciolo e tutta l’isola di potenza della centrale sono intatti. Un terremoto di quella potenza in Italia avrebbe raso al suolo TUTTO. Comprese le costruzioni antisismiche, compresi tutti gli edifici storici, le chiese, i musei, i petrolchimici, le camere del lavoro, le sedi dei partiti, le sedi dei giornali, forse anche le dighe, per non parlare di pale eoliche, elettrodotti, ponti. Come sempre fa specie (ma no, è la solita storia) che si parli dei rischi da radiazione, e si sorvoli sui 10.000 dispersi da tsunami. Insciallà, mi sono stufato.

  • È la visione di film uno dei tuoi migliori interessi nella vita? Per essere in grado di dire una grande foto di vincere un Oscar o non è sulla base di un sacco di cose: avere una fotografia grande, grande cast e mbt sko sicuramente un grande musica. Questi possono essere tutti molto apprezzata quando si possiede in particolare il meglio del meglio dei progressi tecnologici.

  • E perchè mai “Chi vuole fare una centrale si deve assumere il costo delle esternalità in misura molto importante”? Non sarebbe più utile e corretto che quei soldi li mettesse nella progettazione, realizzazione, gestione di una centrale “ragionevolmente” (più) sicura?

  • Mi farebbe piacere pensare che basti leggere solo un articolo per essere pienamente informati. Ma vale la pena di sottolineare il passaggio finale del commento precedente: parli del tema x e non del tema y ben più importante. E’ una forma retorica abbastanza diffusa. Per eliminare un tema se ne cita un altro. Ma questa tecnica andrebbe riservata alle discussioni tra chi fa per mestiere il commentatore, o il politico, o il polemista. Da questa parte della tastiera però non c’è ne l’uno ne l’altro né l’altro ancora. Ma sono ovviamente d’accordo: le vittime immediate della tragedia sono quelle che provocano il nostro dolore. Come parlando della guerra in Iraq viene da pensare prima di tutto ai morti causati da chi ha voluto la guerra. Mi scuso del tono polemico, che però non ho scelto io. Il fatto è che questo post era dedicato al tema nucleare. E la domanda resta: chi paga i rischi del nucleare? Chi lo produce e lo vende o chi abita nel territorio? E come si ripagano quei rischi? Con investimenti per il territorio o semplicemente convincendo gli amministratori locali? (Ma forse è davvero una domanda poco importante, visto che per ora il nucleare in Italia è soprattutto una legge e un referendum per abrogarla, una campagna pubblicitaria e forse qualche spesa in consulenze, mentre non è ancora chiaro come si realizzerà: almeno a giudicare dal fatto le centrali per ora sono rifiutate da molte regioni, a partire da Veneto e Lombardia, guidate da governi vicini al governo nazionale)

  • Luca, sul tema nucleare la tua domanda è importante ma la questione ha molti aspetti che non si possono valutare separatamente.
    Io nell’87 al referundum votai No ovvero a favore del nucleare.
    Oggi come oggi in testa a tutto mi farei una domanda di opportunità ovvero quanto conviene oggi il nucleare rispetto ad altre forme energetiche considerando che da allora l’Italia nel nucleare ha perso competenze e industrie e non avremmo il risultato di ridurre la dipendenza dall’estero visto che l’Uranio qualcuno ce lo dovrebbe vendere e non è neanche chiaro (almeno a me) quanto ce ne sia nel mondo e per quanto duri ancora.
    In ogni caso concordo con te che la discussione per ora è molto accademica considerando che si sta ancora discutendo sul dove eventualmente realizzarle ste centrali.
    Last but not the least, mi chiedo, non retoricamente, se le esternalità negative vengono riconosciute anche a coloro ai quali costruiscono vicino una autostrada o un mega centro commerciale.

  • grazie Carlo… concordo sulle esternalità negative di un centro commerciale 🙂 e sarei profondamente d’accordo se anche per concedere il permesso a un centro commerciale si dovesse restituire qualcosa allo sviluppo di un territorio… tra l’altro in termini di investimento più che di consumi… e concordo ancora di più sulla complessità del tema nucleare: l’unico modo per affrontarlo è liberarsi dall’atteggiamento ideologico e fare i conti con la realtà tutta intera, il più possibile… il che significa che certo c’è da tener conto prima di tutto del fatto che per ora le centrali non si fanno, visto che le regioni pare non le vogliano; sta di fatto che per farle digerire alle popolazioni non sarebbe giusto imporle (le popolazioni non possono non considerare il fatto che un centro commerciale non rischia di esplodere per un megaterremoto…), ma creare le condizioni di una discussione vera sulle prospettive di sviluppo del territorio… l’antinuclearsimo a prescindere ha fatto il suo tempo, ma anche il nuclearismo a prescindere non decolla… e allora facciamo un discorso più razionale…

  • Discorso più razionale ??? Ma de che ? Un tecnico nucleare (ex) incazzato con il governo giapponese fa una conferenza stampa a Tokio dicendo che il governo stesso mente e che potrebbero esserci nuove Chernobyl, e cosa fa un certo giornale ? Titola l’apertura della newsletter: “in Giappone potrebbero esseci nuove Chernobyl”, senza specificare di chi è il virgolettato. Meno male che bisogna aprire un dibattito razionale. Discorso razionale ? Ma de che ? Qui si confonde la causa con l’effetto (citazione dal tuo giornale di ieri, pagina degli editoriali): un terremoto catastrofico fa decine di migliaia di morti (temo che alla fine sarà così) e qui stiamo a parlare di un incidente di livello medio in una centrale nucleare ? Le centrali non si fanno perchè le regioni non le vogliono ? A livello locale nessuno vuole nulla, a parte i centri commerciali. E allora ? Le esternalità? Sono come la legge secondo Giolitti, per gli amici si interpretano, per i nemici si applicano. Diciamo che è iniziata la campagna elettorale per il referendum, e tant’è. Tanto se fra vent’anni saremo ancora qui a bruciare gas che andremo in giro a pietire, chissenefrega, no ? Saranno cavoli dei giovani, giusto ?

  • Io sono d’accordo con Carlo nel considerare quanto convenga iniziare oggi una strategia nucleare. Non vale, credo, il confronto con paesi che hanno realizzato impianti nucleari decenni fa, in altre consizioni di mercato energetico, con altri prezzi, con un altro portfolio tecnologico. La questione è ovviamente assai complessa ed ha molti aspetti che si intersecano tra di loro, ma prima della sicurezza (per cui varrebbe anche la tesi: “abbiamo già centrali nucleari vicino casa”) credo sia opportuno discutere di quanto la politica nucleare inciderà sulla bolletta, di quanto costerà in incentivi, di dove prenderemo l’uranio e stoccheremo le scorie. Condivido abbastanza quello che dice Gianni Silvestrini in una recente intervista: in Italia il nucleare non si farà mai.
    http://www.avoicomunicare.it/blogpost/nucleare-una-scelta-senza-futuro

  • Se tutto andrà bene, come spero, l’incidente nucleare giapponese si risolverà come incidente di media gravità, con un limitato impatto sulla popolazione giapponese. Non avrà quindi, con buone probabilità, l’impatto emotivo che ebbe Chernobyl, che davvero mise paura in tutta Europa. La questione energetica italiana potrebbe quindi essere oggetto, in occasione del referendum, di una discussione più razionale. E qui entrano in gioco, oltre agli elementi citati, anche scelte possibili sulla ricerca e l’innovazione. L’Italia infatti rischia di importare tecnologia nucleare francese, quando invece potrebbe sviluppare, nello stesso lasso di tempo (15 anni per costruire le centrali) tecnologie competitive nel solare termodinamico e nella geotermia di nuova generazione. Ambedue fonti rinnovabili molto mediterranee, molto adatte anche a un piano Marshall sulla sponda sud, e a un ruolo italiano meno retrivo nella nostra area di riferimento. Con il nucleare in pratica pagheremmo costi (forse anche molto alti), con queste nuove fonti invece potremmo creare nuove industrie italiane esportative. E sul solare termodinamico già qualcosa del genere è in moto, su Archimede. Il bilancio di lungo termine costi-benefici tra le due altermative mi pare quindi nettamente a favore delle rinnovabili, in particolare quelle dove abbiamo qualche carta seria da giocare. Un piano energetico nazionale dovrebbe mettere al centro questa valutazione costi-benefici centrata sull’Italia e su una politica industriale un po’ lungimirante. E non solo di lobby.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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