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Bolla internet 2.0

Anche Jp Morgan parte con un fondo per investire nell’internet 2.0. Goldman è da tempo in fibrillazione su questo settore.Le quotazioni sono molto alte, anche se in generale “virtuali” (Facebook, Twitter, Zynga, Pandora, Linkedin). Demand Media è già arrivata all’ipo.

BubbleWatch, al San Francisco Chronicle, è già da tempo in allarme. Businessinsider scherza, per scherzo. Segni di bolla sono nell’aria.

Una bolla internet è una bolla finanziaria (internet è la scusa non la sostanza). Si forma su un’ideologia che abbaglia, impedisce l’osservazione della realtà dei fatti e costruisce una storia nella quale trascinare gli investitori. Fintantoché riguarda le aziende che si comprano tra loro, anche a suon di miliardi, sono relativamente fatti loro. Ma quando comincia la ricerca dei soldi dei risparmiatori, cioè quando parte la bolla vera e propria, sono guai. Sia per le famiglie coinvolte che per le aziende che perdono focalizzazione sul business e si mettono alla caccia di soldi facili.

In quei casi, non si riesce più a distinguere le buone idee dalle cattive. Tutte le valutazioni convergono sui risultati (fittizi) che le operazioni di pubbliche relazioni riescono a far passare.

Le persone vanno avanti per la loro strada. Il valore d’uso è più importante del valore finanziario e ne costituisce la vera essenza. Il resto è perdita di tempo

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  • Io ho un amico avvocato, uno dei pochissimi italiani, specializzato in class action (USA) che si sta gia’ sfregando le mani 🙂

  • La cosa era già nell’aria. Facebook è stato in grado di monetizzare molto bene il suo business. Twitter un po’ di meno. e compagnia bella.
    Il punto è: internet è una bella macchina che fa girare le idee e le informazioni. Senza monetizzare a dovere. Meglio cosi un progetto 1.0 che faccia fatturare le aziende ( vedi il lead generation, SEO, ecc ) che un progetto 2.0 innovativo ma che non sia in grado di generare moneta e spostarlo dalla old economy alla new economy. Il progetto 1.0 non è però scalabile dirà qualcuno. Ok. ma ben più monetizzabile!

  • “Io ho un amico avvocato, uno dei pochissimi italiani, specializzato in class action (USA) che si sta gia’ sfregando le mani :-)”
    scusa ma se un’azienda entra in borsa sfruttando una bolla (e non da informazioni false), che c’entrano le class action??
    Tiscali e Fastweb non sono entrate in borsa per sfruttare la bolla del 97-2000??

  • Fa un po’ ridere vedere gridare alla bolla proprio quelli che hanno fatto di tutto negli ultimi tre anni per pompare a più non posso i social…
    Hamlet: vero, ma penso che qui i fantasmi evocati siano Freedomland e CHL….e magari SARAS (in altro contesto, la minibolla degli energetici in Itaia), e poi cosa è falso in un prospetto ? Ne ho letti tanti (ci ho scritto parte di un libro): da schiantarsi dal ridere, ma basta aggiungere a ogni stronzata: le previsioni possono non avverarsi per imprevedibili mutate condizioni del mercato…. e la Consob passa.

  • Da un punto di vista “meta-giuridico” o “para-giuridico” una “bolla” altro non è se non un periodo storico di artificioso incremento di valore di specifici titoli, non supportato da elementi economico-giuridici che possano giustificarlo.
    A volte capita che sia il mercato a crearla, altre invece che tutto avvenga con lo zampino di qualche soggetto non proprio disinteressato.
    Nel primo caso, si potranno ricercare le cause che hanno spinto la massa a mutare in modo omogeneo il proprio pensiero sul valore di un titolo; quasi sempre queste cause si trovano in articoli di stampa, nei cd. “public filings” della SEC, o in dichiarazioni rese da soggetti all’apparenza neutrali.
    Nel secondo caso, invece, il rapporto causa-effetto appare più chiaro e diretto; Tizio rilascia una dichiarazione “pesante” e il mercato reagisce di conseguenza. Caio conferma e aggiunge, e il mercato segue verso l’alto … ecc.
    In entrambi i casi scavando si può arrivare a scoprire che questo tipo di eventi consegue alla divulgazione “ad arte” di notizie e dati, non necessariamente fasulli, ma magari solo incompleti, parziali …
    Altrettanto spesso chi divulga le informazioni detiene (e vende poi con guadagni stratosferici) pacchetti azionari delle aziende interessate …
    Qualsiasi notizia proveniente dall’interno ha un effetto potenziale sui titoli di borsa, può farli salire o scendere; tutto sta’ a capire se la divulgazione aveva o meno uno scopo (e/o un interesse reale, diverso da quello apparente) che andasse al di la’ della mera notizia …
    Vivendi docet …
    Infineon docet…
    BP / RDS docet …
    e ce ne sarebbero altre decine, centinaia …
    Quanto poi alla presunta neutralità delle operazioni che coinvolgono aziende che “si comprano tra di loro”, se ci si vuoel riferire ad aziende non quotate, concordo con una sostanziale neutralità delle operazioni; se xò si parla di aziende quotate, l’altalena dei prezzi incide – eccome – sulle tasche dei risparmiatori che detengono azioni.
    Ergo, proprio “fatti loro” non sono .. o sbaglio ?

  • Il tuo articolo mi piace molto.
    Ovviamente spero che se la bolla ci sarà abbia un impatto moderato.
    Mi auguro che i tanti altri casi, che sommati tra loro alla fine hanno portato alla recente crisi finanziaria mondiale, abbiano insegnato e significhino qualcosa anche per il mondo di internet 2.0.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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