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Evan Williams sull’informazione infinita

Evan Williams è, tra i fondatori di Twitter, quello che parla meno. Ha scambiato qualche parola con Om Malik. E vale la pena di leggere il post originale. Perché il tema è buono: c’è troppa roba sul web, apparentemente. «Le nostre piattaforme non erano disegnate per un’epoca di informazione infinita. C’è molto da fare. Si tratta di un passaggio simile a quando c’era troppo da consultare tra le pagine ed è arrivato Google. Ora di nuovo: vorrei che Twitter non fosse una causa di ulteriore peggioramento, ma uno strumento per il miglioramento della gestibilità dell’informazione online».

Si tratta di riflettere, per esempio, sui retweet, come valutazione sociale della rilevanza delle notizie. E di costruire intorno a questo genere di segnali, dice Evan. «Si tratta di una gestione fatta insieme di persone e macchine. Persone che raccolgono dati e macchine che li analizzano per renderli fruibili».
Ecco uno scambio importante:
OM: Do you think that the future of the Internet will involve machines thinking on our behalf
Ev: Yes, they’ll have to. But it’s a combination of machines and the crowd. Data collected from the crowd that is analyzed by machines. For us, at least, that’s the future. Facebook is already like that. YouTube is like that. Anything that has a lot of information has to be like that. People are obsessed with social but it’s not really “social.” It’s making better decisions because of decisions of other people. It’s algorithms based on other people to help direct your attention another way.
Non è sufficiente. Ma è il modo in cui si sta pensando ed evolvendo la rete. Persone e computer insieme. Non solo persone, non solo computer. Che si influenzano a vicenda. Combinazioni tra scelte individuali, movimenti di gruppo e algoritmi che rischiano di creare circoli autoreferenziali, ma che possono diventare invece molto innovative e capaci di grande ispirazione. Dipende dalla consapevolezza degli utenti e dei progettisti. È ovviamente giusto così. Su questo concretamente si può riflettere.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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