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“La reinvenzione della superficialità”

Se l’innovazione è ai margini della rete, allora la profondità è in superficie?

E’ l’epoca dell’ossimoro: la “dotta ignoranza” raccontata dalla “letteraria saggistica”. E Alessandro Baricco scrive, oggi, su Wired, rilanciato da Repubblica, un sequel ai Barbari (grande intuizione)… Un brano:

“Scrivevo I barbari, ma intanto sapevo che lo smascheramento della
profondità poteva generare il dominio dell’insignificante. E sapevo che
la reinvenzione della superficialità generava spesso l’effetto
indesiderato di sdoganare, per un equivoco, la pura stupidità, o la
ridicola simulazione di un pensiero profondo. Ma alla fine, quel che è
accaduto è stato soltanto il frutto delle nostre scelte, del talento e
della velocità delle nostre intelligenze. La mutazione ha generato
comportamenti, cristallizzato parole d’ordine, ridistribuito i
privilegi: ora so che in tutto ciò è sopravvissuta la promessa di senso
che a suo modo il mito della profondità tramandava. Sicuramente tra
coloro che sono stati più svelti a capire e gestire la mutazione ce ne
sono molti che non conoscono quella promessa, né sono capaci di
immaginarla, né sono interessati a tramandarla. Da essi stiamo
ricevendo un mondo brillante senza futuro. Ma come sempre è successo,
ostinata e talentuosa è stata anche la cultura della promessa, e capace
di estorcere al disinteresse dei più la deviazione della speranza,
della fiducia, dell’ambizione. Non credo sia stolto ottimismo
registrare il fatto che oggi, nel 2026, una cultura del genere esiste,
sembra più che solida, e spesso presidia le cabine di comando della
mutazione.”

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  • Baricco come sempre la scrive bene…
    La possibilità che si strumentalizzi il discorso e che la profondità e la complessità diventino sinonimi non è reamoto e che la scure della semplificazione colpisca entrambi una triste conseguenza.
    La “superficie” è complessa profondamente complessa.
    L’ avverbio scappa sempre…

  • Vabbè, chudiamo con un vero maestro: “Solo un superficiale non giudica dalle apparenze” (Oscar Wilde)

Luca De Biase

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