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Maxxi, Ataman e un problema legale

La mostra di Kutlug Ataman al Maxxi di Roma è la porta d’accesso a una ricerca vera. La ricerca di un regista, artista, documentarista, esploratore dell’esperienza delle persone anche – senza farla troppo difficile – attraverso l’esplorazione del linguaggio narrativo. Siamo ai confini del Mediterraneo, facciamo domande alla sociologia francese e alla consapevolezza turca, camminiamo per la Mesopotamia e ci sdraiamo sul divano (parola araba) per guardare immagini oniriche-ironiche che scendono dal soffitto. Bello. Interessante. Divertente.

E meno male. Perché…
Dov’è il problema? In una curiosa – poco diffusa anche se non del tutto assente altrove – clausola delle note legali:
 
Qualsiasi forma di link al presente sito, se inserita
da soggetti terzi, non deve recare danno all’immagine ed alle attività
del MAXXI.”
Questo post contiene, appunto, due link al sito del Maxxi. Contiene anche una critica positiva. Se non fosse stata positiva avrebbe recato danno – con tutti i limiti di questo blog – all’immagine e alle attività del Maxxi. 
Ne consegue una curiosità: che valore ha e che cosa significa esattamente quella clausola?
ps. Cercando in Google, si trova meno di una trentina di siti che riportano una clausola analgoca, tra i quali:

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  • Per i siti istituzionali, ogni divieto di link è fuori dai principi del CAD (codice amministrazione digitale). Ed al riguardo, ricordo il caso enit, magic italy (novembre 2009-marzo 2010). Per i siti non istituzionali, i divieti di linking si ispirano a certe aberrazioni del Millennium Copyright Act (DMCA)che è nato per combattere pirateria, file-sharing e p2p. Ma la regola del “tutti i diritti riservati” ha delle eccezioni normative consistenti, rappresentate dal diritto di informazione, di cronaca, di satira, nonchè dalla libertà di manifestare il proprio pensiero e di partecipare liberamente alla vita culturale della società, ecc…Quindi, secondo me, la restrizione del maxxi è criticabile. Anzi, direi anche che è presuntuosa ed autolesionista.

  • Francamente mi preoccupa più la stessa clausola fatta nei siti dei Ministeri che in quello in luogo di arte e cultura, come dire un optional nella vita.
    Parlate di me purchè bene.
    Non è male ce la voglio mettere pure io ‘sta clausola…

  • In realta’ tutta la clausola non fa che ribadire tre ovvieta’ (che non ci sarebbe bisogno di scrivere). Cioe’ che i titolari del diritto d’autore sono protetti dal diritto d’autore; che i titolari dei marchi hanno diritto di far valere i propri diritti. E che MAXXI in quanto titolare di un interesse alla reputazione ha interesse a non vedere lesa tale reputazione…
    Chi scrive i Terms dimentica spesso la differenza tra obbligo e obbligazione…

  • Da un interesse alla tutela reputazionale non può conseguirne una obbligazione, ovvero un negozio giuridico tra creditore e debitore. Di cosa dovrei esser debitore di aver contemplato il museo e espresso che il layout, piuttosto che ad un museo allude ad una vetrina di ingegneri. Anche in mancanza di vincolo contrattuale con Maxxi, che me ne guarderei a farne in effetti, potrei esser perseguibile se commetto un illecito, e qui abbiamo il diritto di autore, il cui uso è sproporzionatamente rafforzato. E poi una curiosità, con la mia affermazione per analogia avrei leso l’immagine di chi? Del museo o degli ingegneri? E se è del museo gli ingeneri dovrebbero rivalersi a sua volta per la presupposizione di una superiorità che comunque io non ho espresso. Quindi se la prenderebbero con il museo che l’avrebbe dedotta e in malo modo. Vero, scrivere certe clausole è masochistico.

  • !…L’utente accetta che il sito e tutti i suoi contenuti, ivi compresi i servizi eventualmente offerti, sono forniti “così come sono” e “con tutti gli errori.
    Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, pertanto, non rilascia alcun tipo di garanzia, esplicita o implicita, riguardo tali contenuti, ivi compresi, senza alcuna limitazione, la liceità, il diritto di proprietà, la convenienza o l’adeguatezza a particolari scopi o usi.”
    Questa mi sembra moloto più interessante perchè proprio all’inizio sancisce che il Ministero, lo Stato che legifera, in realtà NON è in ALCUN modo RESPONSABILE dei contenuti che pubblica, NE’ dei diritti correlati…!!!!!!!!!!

  • Le considerazioni di Giulia Aranguena sono precise e giuridicamente condivisibili. Giurisprudenza e dottrina internazionale hanno esaminato i limiti all’attività di linking tra il 1996-1998. I link, quale ipertesTo, costituiscono l’essenza stessa del Web e non sussiste per un sito il “right to stay alone”, un diritto alla riservatezza o a non essere linkato, analogo a quello riconosciuto agli individui. Non è altresì riconosciuto alcun linking esclusivo di un dominio o condizionale.
    Limitazioni sono invece universalmente riconosciute per le attività di deep linking -link a pagine profonde- al framing o alle considerazioni che travalicando il diritto di critica, di satira, di cronaca integrano con contenuti o per modalità di espressione una condotta calunnosia o diffamatoria.
    Le espressioni civili e riguardose, anche se critiche e non consenzienti, sull’altrui identità non sono – ancora – sottoposte a regime di autorizzazione preventiva.

  • Le considerazioni di Giulia Aranguena sono precise e giuridicamente condivisibili.
    Giurisprudenza e dottrina internazionale hanno esaminato i limiti all’attività di linking tra il 1996 e il 1998.
    I link, sono la massima espressione dell’ipertesto e l’essenza stessa del Web; non sussiste per i siti Web il “right to stay alone”, ossia il diritto alla riservatezza o a non essere linkati da terzi, qualcosa di analogo ai diritti riconosciuti per gli individui.
    Non è altresì attribuito al titolare di un sito alcun diritto di linking esclusivo o condizionale al proprio dominio, perché tale ipotesi è stata subito considerata come grandemente limitativa del Web.
    Sono invece universalmente previsti divieti per le attività di deep linking -link a pagine profonde- di framing o agli scritti che per contenuti o per le modalità di espressione adottate, travalicano il diritto di critica, di satira, di cronaca integrando invece una condotta calunniosa o diffamatoria.
    Le espressioni civili e riguardose, anche se critiche e non consenzienti, sull’altrui identità non sono – ancora – sottoposte a regime di autorizzazione preventiva.
    Fa specie, certamente, che siti istituzionali italiani adottino clausole di chiara matrice anglosassone – nel ns. ordinamento ragionevolmente viziate da nullità per contrasto con norme imperative ex art. 1418 c.c. – che limitando apriori la libertà di espressione e di critica del cittadino appaiono altresì come una pericolosa censura preventiva sulle attività di governo e di amministrazione, teoricamente e costituzionalmente sottoposte a trasparenza e al controllo del popolo sovrano.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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