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Analfabetismo

Dice Remo Lucchi, Eurisko: “Il 74% dei miei coetanei ha smesso di studiare alla quinta elementare e ora è analfabeta di ritorno. Io ho 64 anni. E l’analfabetismo riguarda un buon terzo della popolazione italiana. Queste persone si affidano a chi le rappresenta”.

Al recente Festival dell’Economia di Trento si sono sentite cifre simili e, comprendendo anche gli analfabeti veri e propri più coloro che sanno solo scrivere la propria firma, si sale ancora di più: verso la metà della popolazione italiana.

Non stupisce dunque che una buona metà degli italiani sia del tutto esclusa dalla lettura dei giornali e dalla consultazione del web. Dice il Censis che queste persone accedono alle informazioni solo attraverso il telegiornale. Ed eventualmente il passaparola.

Per quanto possano essere razionali e pienamente in grado di scegliere con la propria testa, queste persone decidono in base alle informazioni che hanno: dal telegiornale e dalle persone di cui si fidano, i loro leader culturali o coloro che ritengono li rappresentino. Questo è terreno fertile per il populismo. Da questo punto di vista si vede che il web e i giornali potrebbero – alla lunga – ritrovarsi dalla stessa parte: quella di un sistema dell’informazione dotato di diversità, critica, alternative interpretative, ricchezza di fatti in base ai quali costruire riflessioni.

Ilvo Diamanti ha mostrato come la popolazione italiana abbia visto come suo problema prioritario quello della sicurezza, tra il 2006 e il 2007, nonostante che il numero di reati in quel periodo non fosse aumentato: era aumentato invece il numero di servizi al telegiornale che parlavano di crimini. Si sceglie – anche – in base all’informazione cui si accede.

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  • L’ultima volta che ho visto Marco Pannella in tv è stato con Magalli, sulla questione della moratoria sulla pena di morte all’onu.
    Il pubblico della trasmissione di Magalli era grossomodo quello degli anziani analfabeti di ritorno.
    Pannella fece un picco di ascolti. Erano le ultime battute della campagna, il nostro governo non ricordo cosa doveva fare per far passare la cosa.
    Ma la questione che a me è rimasta in mente è che il pubblico che è invecchiato con lui, Pannella lo ricorda.
    Pochi giorni dopo, il TG1 tagliava la dichiarazione del ministro degli esteri D’Alema sulla gratitudine del governo italiano e della comunità internazionale al partito radicale transnazionale.
    Ricordo anche un libro, degli anni 70, su un gruppo di psicologi militanti rivoluzionari che facevano sedute di gruppo con i ragazzini dei quartieri disagiati napoletani. Venivano fuori cose forti. Sulla miseria come colpa, sulla isteria della guerra (quella fredda). Una cosa tipicamente anni 70.
    Ho sognato ad occhi aperti che quegli psicologi di allora fossero stati registrati in tv, che fosse stata prodotta una trasmissione televisiva, di quegli esperimenti.
    Alla Boncompagni, un gruppo di ragazzi seduti in cerchio, gli psicologi conduttori al centro e il fluire delle associazioni libere.
    Quanto costerebbe fare una trasmissione così ?
    Oggi la si potrebbe mettere in file sharing, sono convinto che diventerebbe un fenomeno di costume.
    Quanto a Pannella con Magalli, ho sognato un contenitore di approfondimento “radicale”, con agenda, provocazioni, temi e linguaggi “folli”.
    Non diventerebbe un fenomeno di costume anche quella ?
    Ho sognato questi sessantenni analfabeti di ritorno che si fanno aiutare dai figli/nipoti per passare una puntata di trasmissioni simili dalla penna USB al lettore nuovo piazzato sotto al televisore di 20 anni prima.
    Ho provato a parlare di Wolfgang Achtner ai miei amici radicali, del suo argomento per cui chi segue il suo corso riesce a fare servizi da tg di gran lunga migliori di quelli che mediamente vanno in onda su tg nazionali.
    Pensavo che essendo stati quelli del centro d’ascolto, del genocidio culturale, delle polemiche sulla presidenza delal commissione di vigilanza sulla rai, della occupazione della sede di viale Mazzini, della benda alla tribuna politica e della camera in diretta quando non era neanche consentito portar fuori il segnale, avrebbero intuito.
    Mi sbagliavo.
    Recentemente ho scritto sulla mailing list della associazione radicale “digitale” delle previsioni della Cisco sul traffco generato dal p2p e dallo streaming.
    La segnalazione è caduta nel vuoto.
    Appena prima, avevo segnalato uno spunto polemico di Giorgio Pagano, della associazione radicale esperantista. Pagano metteva in dubbio la legittimità della associazione “digitale” radicale come figlia illegittima del mondo radicale, dato il suo status statutario. Piccole invidie di condominio come capita nelle migliori famiglie.
    Ebbene cosa mi combinano i miei amici radicali digitali ? Si infervorano ! Dibattono, si replicano, analizzano. Non succede facilmente in quella mailing list !
    Le questioni sulla purezza dello status formale della associazione e dei rapporti con le altre associazioni li emozionano, evidentemente, molto di più dei movimenti nel mondo della distribuzione dei media. E questi sono quelli “digitali”.
    Devo dire che la cosa mi demoralizza.
    Evidentemente gli embrioni delle nuove forme della comunicazione, quelle della economia dell’attenzione, del recupero del senso, nasceranno altrove.
    Sigh

  • Io credo che il tema dell’analfabetismo tocchi punte enormi soprattutto su temi economici/finanziari/giuridici. Carenza nell’accesso e nella comprensione dell’informazione che mette in serio dubbio un concetto come democrazia sostanziale.
    Cause? Certo, l’anomalia italica, la concentrazione dei mezzi di comunicazione, il conflitto d’interessi tra editori e proprietà, ecc, ecc.
    Però anche gli addetti ai lavori – chi scrive, chi concepisce il prodotto editoriale – non è esente da colpe. Troppo spesso, infatti, il linguaggio utilizzato è autoreferenziale, oppure si rivolge a pochi lettori (che non sono la maggioranza della potenziale utenza). Il web, soprattutto, potrebbe avere anche la funzione di avvicinare alla lettura, all’informazione non televisiva. Ma questo richiede un notevole sforzo: essere divulgativi è complesso. Spesso penso all’iniziativa guidata da Tullio De Mauro, Due parole (http://www.dueparole.it), ecco si dovrebbe partire da lì, da quell’attitudine intellettuale.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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