Home » perplessità » La vittoria del presente
perplessità visioni

La vittoria del presente

Nel pieno della crisi, gli italiani che hanno votato hanno votato in maggioranza per la soluzione immediata. Non per il lamento rivolto al passato, non per l’ideologia: hanno votato per chi appare in grado di dare risposte subito. Il che paradossalmente impone di pensare al futuro.

Ci sono anni senza elezioni davanti. È ora di tracciare una prospettiva. E attenzione: ci penseranno sia a destra che a sinistra. Chi sarà il più convincente? Vinceranno gli sceneggiatori della fiction al potere? Vinceranno i gestori delle poltrone locali e nazionali? O vincerà chi davvero sarà capace di voltare pagina e raccontare il prossimo capitolo?
Il possesso dei mezzi di comunicazione ovviamente aiuta a sostenere un quadro interpretativo. Ma è anche questione di idee che si incarnano nella vita reale. Ed è anche questione di trovare un modo per raccontarle che entri nei discorsi delle persone.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

  • Sarà, ma nelle elezioni locali il possesso dei mezzi di comunicazione conta assai meno. La Polverini ha vinto a Roma perchè il Silvio e l’Umberto sono andati in piazza.
    Se il PD fosse un po’ più democristiano una soluzione ci sarebbe: fare un grande accordo per eleggere il Silvio Presidente della Repubblica con il sistema attuale. Se lo leverebbero di torno. Ma siccome sono non democristiani ma azionisti (nel senso del partito) si romperano le corna per una battaglia che è essenzialmente identitaria. Finchè, alle prossime regionali, non comincerà a saltare l’Emilia.

  • e basta con ‘ste strategie da risiko! se attacco con due carrarmatini il kamchatka, poi non si accorgono che voglio il giappone.
    basta.
    è ovvio quello che serve. servono persone vere, reali, non politicanti, strateghi, equilibristi, lobbisti.
    servono persone competenti.
    serve cultura. serve educazione. servono opportunità.
    serve dire le cose come stanno. serve apertura. serve opensource non solo nel computer, ma nel cervello delle persone. basta crowdsourcing_tanto_poi_le_decisioni_le_fanno_in_pochi_a_cena.
    serve solidarietà, tolleranza, dolcezza: basta machismo, basta supereroi, superimprenditori, superintellettuali, supergeni, superqualsiasicosa.
    servono donne, uomini, bambini che abbiano voglia di fare delle cose, che pensino che “fare delle cose” non sia tempo buttato, che pensino che “fare delle cose” non sia solo retaggio di traffichini lobbisti, di politicanti di professione.
    non ci nascondiamo dietro un dito. è sotto gli occhi di tutti. non occorre nemmeno andare in parlamento o in governo.
    basta andare agli eventi, agli incontri, o frequentare i social network.
    si parla di culture digitali, e nessuno parla di università, di cultura, di inter-cultura: tutti pronti a vendere la propria batteria di pentole, fatta dell’ennesimo incubatore di impresa, dell’ennesimo thread su friendfeed, dell’ennesimo “partecipa twittando con questa bella hashtag”.
    slackers. si stanno trasformando tutti in slacker o in espressioni di una voce unica che, purtroppo, dimentica troppe cose, cercando di applicare modelli suppostamente californiani in modi parziali e senza i framework sociali e culturali che rendono quei modelli possibili.
    slackers. nel senso anche di ignavi. pronti ad accogliere strategie di altri, linguaggi di altri, modalità di altri, scansioni temporali di altri.
    anche se “gli altri” è ovvio che stanno lì a vendere le loro pentole. che, in un mondo come quello contemporaneo, non son fatte di acciaio inox 18/10 col fondo spesso, ma son fatte di cultura, di immaginario.
    e questo avviene nell’innovazione come avviene in tutti gli altri luoghi del lavoro e della vita quotidiana: in uffici, nei negozi, nei rapporti sociali. cambiano i linguaggi, si perde la differenza, si perde il valore della differenza. tutto punta ad un mediocre politically correct, accettabile dal corporate e suggestivo per “l’uomo della strada”.
    è ridicola la perdita di linguaggio. è ridicola e pericolosa. quando non si è più esseri umani ma nodi in un grafo, parte di una “strategy”, quando si diventa noi l’algoritmo del prossimo (o attuale?) potere.
    e contro di questo ora non c’è nulla.
    non c’è nessuno. nessuno che parli della vita, del desiderio, delle possibilità.
    tutti troppo impegnati a fare crowdsourcing e lobbying e imprenditoria californiana e articoli geek.
    vittoria del presente?
    questa è la vittoria del futuro! perchè al presente nessuno ci vuol mettere realmente mano.

  • caro marco, ti riferisci al mio piccolo sfogo?
    io la mia politica ho trovato da un pezzo come farla: son nomade ed indipendente, studio come un addannato, insegno come un ossesso, trovo opportunità per i miei studenti, cercando per come posso di mostrar loro che esistono possibilità di reinventare il mondo intorno a sè.
    E lavorando come un forsennato.
    del resto (lobby, strategie, ipotetiche innovazioni, politicheblablabla) son abbastanza disgustato.
    non ambisco a fare il manager, il leader, il crowdsourcer, il produttore di killer application, il movimentista, il lobbista o cos’altro.
    mi son fatto l’idea che la “svolta” e il cambiamento non hanno nulla a che vedere con queste cose, ma con un cambio d’atteggiamento. personale.
    un po’ come quando vai da un maestro zen e gli chiedi “dov’è Buddha?” e quello ti mette a spaccare la legna.
    s

  • Beh, Maitreya lasciamolo stare, basta e avanza Altan (uno dei più grandi cinici esistenti, e dire che pensano che sia di sinistra):
    bambino: “Papà, sono deluso”
    padre: “Hai voluto la bicicletta ? Adesso nuota.”

  • Salvatore, uau. Ma tutte quelle cose lì le vuoi d’un botto e andrebbero bene via via che ricaricachiamo la revolving? Perchè non so se ti sei accorto ma il “mondo” della cultura non sa che farsene, non ne sente proprio la mancanza.
    Oggi la Gelmini ha buttato fuori un programma per i licei di storia ove la Resistenza non è nelle macroaree di interesse.
    Sai come cambiano i linguaggi negli uffici, intendo in quelli normali dove assumono laureati o diplomati come minimo? Che una signora chiede ad un altra se ha il giornale per vedere i risultati locali di una gara sportiva locale e l’altra chiede “quale giornale? perchè io ho X e forse queste cose locali stanno su Y” e la seconda da risponde con aria disorientata “Un giornale…uno ”
    Capisci?
    E tu vuoi parlare di innovazione? l’80% dei pubblico medio il tuo commento se lo fa tradurre perchè pensa che sia cirillico ammesso che sappia cos’è il cirillico. Qui manca l’ABC
    Se andiamo dietro a questi per posizionare l’asticella dobbiamo scavare.
    L’unica cultura che pare affermarsi è quella del cash and carry all’outlet. Che disastro!

  • Gianna !! “ricaricachiamo le revolving”?!!!!! Lapsus calami, errore di stumpa o fine metafora post-post ? O effetto del confetto (Falqui) ?

  • ahah no no presbiopia da incipiente età senile.
    Comunque le ricarichiamo che è un “espletare” il pagamento….
    Uff accidenti (anche) alle lettere dei tasti del mio vetusto ibook che si sono cancellate! E alle unghie lunghe che si infilano nei tasti e…
    No niente scuse! VECCHIAIA!

  • @gianna…. pubblico medio il tuo commento se lo fa tradurre perchè pensa che sia cirillico ammesso che sappia cos’è il cirillico….
    naaaaaaaaaaaaahhhh o tempora o mores…
    @salvatore, combattente, mi stai simpatico…
    (insegni alle superiori o all’università?)

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi