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La brutta giornata di Google

La sentenza italiana su Google dice dunque fondamentalmente che i giudici non considerano la piattaforma come un editore (non è condannata per diffamazione) ma la considerano responsabile se ci sono violazioni della legge sulla privacy, in particolare per la diffusione di dati sensibili relativi alla salute di una persona. E’ possibile che questo problema sia risolto semplicemente aggiungendo un bottone alla piattaforma che, nel momento in cui un utente si iscrive per pubblicare qualcosa, chieda di dichiarare che il contenuto uploadato non infrange la legge sulla privacy? Vedremo.

Invisigot concorda nel vedere la sentenza come una causa di complicazione per gli user generated content. Matteo è d’accordo. Gboccia vede un difficile equilibrio tra libertà di parola e privacy. Dario se ne preoccupa ancora più decisamente. E cita Stefano e Guido, oltre che il parere di Vidi Down che nonostante i diretti interessati si fossero ritirati ha continuato la causa. E questo è il parere di Google.

Non si può non considerare il fatto che ci mancano le motivazioni della sentenza. Se quando le pubblicherà il giudice dimostrerà di aver tenuto conto di tutto correttamante, trovando semplicemente che nei termini di servizio di Google all’epoca dei fatti non c’erano tutte le precauzioni necessarie per evitare che gli utenti uploadassero materiale lesivo della privacy, tutta la vicenda assumerà contorni meno preoccupanti. Basterà appunto che le piattaforme siano più chiare nel chiedere agli utenti attenzione sulla privacy perché la loro responsabiltà di eventuali violazioni sia risolta. Vedremo, appunto.

Siamo comunque lontani dal problema dell’introduzione degli sceriffi della rete. Che invece rischia di saltare fuori per tutt’altra via: la riforma studiata dal governo attraverso Romani. Su quella occorre vigilare.

La strumentalizzazione di una sentenza è sempre possibile: sia in un
senso restrittivo che in un senso allarmistico. In un contesto di proposte di legge restrittive, la popolazione che tifa per la rete è sempre preoccupata. Per quanto riguarda questo fatto specifico, solo la pubblicazione
della sentenza potrà sciogliere i dubbi. Ma un fatto generale è certo: la
libertà di informazione è costantemente minacciata da regole difficili
da interpretare, mentre la privacy è costantemente minacciata da
piattaforme disattente. L’equilibrio è difficile. E passa prima di
tutto dalla consapevolezza degli utenti.

Intanto, Bruxelles si interessa all’eventualità di studiare i possibili abusi di posizione dominante di Google. Non è già un procedimento, dice Giovanni. Sulla base di un’iniziativa di Microsoft.

(Sulla specificità di Google, infrastruttura globale, difficile da mantenere nelle regole di tutti i singoli paesi, c’era tempo fa un pezzo di Pierani)

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  • Leggendo tutti i commenti e le considerazioni fatte sul caso che non conosco nei minimi dettagli, mi sono fatto una domanda a cui non trovo risposta: “ma i veri colpevoli, ossia coloro che effettivamente hanno caricato le foto e/o i filmati sono stati trovati? e se sono stati trovati sono stati puniti?

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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