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Google Video: equilibrio tra privacy e informazione

Come sottolineava Gboccia la questione sollevata dalla sentenza sull’orribile filmato pubblicato su Google Video è quella dell’equilibrio tra privacy e libertà di espressione. (Se ne parlava ieri in tre post a caldo).

In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza possiamo dire che secondo il giudice di primo grado:
1. Non c’è diffamazione, dunque la piattaforma non è “editore”
2. C’è violazione della legge sulla privacy perché la piattaforma avrebbe dovuto scrivere in modo esplicito che prima di caricare un video gli utenti devono assicurarsi di avere ogni diritto di farlo, ripetendo due volte la richiesta di verificare se il materiale pubblicato non contenga dati sensibili su terzi
3. I manager erano consapevoli di non aver fatto tutto il possibile per garantire la privacy.
Si vedrà se in secondo grado la sentenza sarà confermata e si vedranno le motivazioni di questa.
Ma intanto possiamo dire che la legge sulla privacy diventa il nuovo punto di attacco contro le piattaforme per gli user generated content. Ed è un punto molto delicato. Perché:
1. Le piattaforme, da Facebook a Google, sono strutturalmente poco propense a garantire la privacy, i loro modelli di business sono anzi proprio legati alla conoscenza di dati relativi alle persone per fini pubblicitari
2. Le piattaforme sono globali ma le leggi sono nazionali e il mosaico di normative non favorisce la chiarezza del diritto dei cittadini e delle piattaforme
3. La privacy non è sempre un tema molto sentito dai cittadini, anche in aree che godono di una normativa sulla privacy molto significativa; la cultura della privacy non è diffusa quando dovrebbe; salvo che poi quando i singoli si trovano la privacy invasa reagiscono con molta sofferenza.
4. D’altra parte, la diffusione di informazioni rilevanti su persone che hanno una funzione pubblica è un valore decisivo per la democrazia; e la possibilità che all’informazione partecipi anche la cittadinanza che non si occupa professionalmente di informazione è un valore di primissima grandezza per lo sviluppo della convivenza civile.
Occorre impedire che si assista a un crescente contrasto tra libertà di espressione e privacy. Anzi, i due diritti devono crescere parallelamente. 
Le norme per ora non aiutano. E i grandi player sembrano poco proattivi a favore della privacy, mentre molti interessi sono decisamente contrari allo sviluppo della libertà di espressione. 
La forza decisiva è quella dei cittadini. Che possono e devono combattere per avere equilibrio tra privacy e libertà di espressione, sviluppando entrambe e non riducendole entrambe. Il che passa prima di tutto da una crescente e forte consapevolezza della decisiva importanza democratica di entrambe.

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  • quoto tutto, ma ad una precondizione.
    “la possibilità che all’informazione partecipi anche la cittadinanza che non si occupa professionalmente di informazione è un valore di primissima grandezza per lo sviluppo della convivenza civile”.
    è sacrosanto, ma aggiungerei lì da qualche parte l’inciso “ciascuno assumendosene piena responsabilità”.
    che non significa che sia necessario per forza essere certificati e non anonimi, ma che in caso di reati accertati chi indaga abbia la possibilità di accertarle tali responsabilità [evitando mostri giuridici tipo l’obbligo per i provaider di tenere via tutto quanto per anni ed anni. anche chi legifera su questo dovrebbe darsi una svegliata e dotare i magistrati di strumenti specifici e non terroristici].
    tale libertà passa secondo attraverso questa assunzione di responsabilità, che è anche l’unico strumento per aumentare autorevolezza e visibilità e credibilità a quel tipo di informazione.

  • “la cultura della privacy non è diffusa quando dovrebbe;”
    Il vero punto è questo. E come detto piu volte non solo la cultura della privacy propria che dovrebbe rendere edotti dei rischi che si corrono a mettere tutto di se in piazza (vedi la ragazzina che “ops” si fa il video hard e lo schiaffa su youtube), ma anche il rispeto della privacy altrui e dell’altro in genere.
    Vabbene che le ragazzate ci sono sempre state, ma il mezzo stimola l’eccesso, anche per sprezzo del divieto.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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