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Buzz con grano di sale

Chi accetta di partecipare ai social network deve sapere che alle piattaforme non importa molto della privacy, o meglio della libertà di parola e di silenzio degli utenti. Il capo di Google, Eric Schmidt, lo ha detto abbastanza chiaramente. Facebook ha cambiato le regole della privacy in modo che ha indotto molti utenti a trasformare in informazioni pubbliche quelle che in precedenza erano riservate agli amici. (Se le parlava qui). 

Se vogliamo scegliere che cosa portare nella dimensione pubblica e che cosa tenere nella dimensione privata dobbiamo pensarci noi. In generale, le piattaforme rispondono alle domande del pubblico sulla privacy ma non le considerano prioritarie. (Si diceva, forzando, che le amicizie sono in vendita).
Lo dimostra il lancio di Buzz che nei primi giorni ha trasformato in informazioni pubbliche la lista delle persone con le quali gli utenti di Gmail corrispondono più frequentemente. E ha poi migliorato l’interfaccia per rendere più facile impedire questo fenomeno solo dopo aver visto montare le proteste in materia.
Evgeny Morozov ha giustamente notato che questo genere di problema può anche essere futile per le persone che vivono in paesi dotati di una legislazione democratica. Ma nei paesi autoritari la pubblicazione della lista dei contatti di posta elettronica è una manna per i regimi che intendono reprimere ogni dissidenza.
Quanto ai paesi democratici, le persone sono sempre più chiamate a essere consapevoli di quello che pubblicano e di quello che vogliono mantenere privato. La dimensione pubblica è il grande territorio nel quale emergono i materiali di idee e informazioni con i quali si formano le decisioni collettive ed è bellissimo che si allarghi – con i media sociali – al contributo attivo di molte più persone. Ma quelle persone devono poter scegliere che cosa delle loro idee e personalità è pubblico e che cosa è privato. E questo avviene soltanto grazie alla loro consapevolezza. 

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  • Concordo e sottolineo come il problema non è tanto sentito da quelli della nostra generazione, intendo quelli around 50, ma è totalmente ignorato dai ragazzini.Ignorano il valore della riservatezza.
    Un po di sano esibizionismo l’abbiamo avuto tutti da adolescenti, ma se ci mettete che l’accesso ai network è ormai crollato all’infanzia e che l’esibizionismo tipico dei 15enni adesso si manifesta a 11…beh poi ci stupiamo se le ragazzine vendono le foto intime per i jeans diesel, magari pensando pure che tanto be stupid ormai è un valore.

  • Mmmm… si, mi può star bene in un social network, in un blog, tutto quello che vuoi, ma in una casella email, quale gmail ANCORA è… non so. Mi pare eccessivo. Hanno messo la possibilità di disattivarlo, certo, però mentre quando hanno attivato google docs non hanno trasformato di default tutti i tuoi attachment in documenti condivisi (sennò richiavano davvero grosso), bensì hanno chiesto anticipatamente, hanno lasciato l’opzione di scaricamento normale sempre attiva, etc etc… con Buzz, senza che io chiedessi un cazzo mi son trovato contatti condivisi e in mezzo ad altri “seguiti” da tizio e caio, etc etc.
    Un po’ troppo invasivo. E difatti l’ho subito disattivato.

  • In verità questi mascalzoni si approfittano del fatto che una volta attivata una email diventa un disastro cambiarla. Il rischio era che la gente emigrasse da Gmail a altri servizi ma di fatto è quasi impossibile poi ricambiare su tutte le varie menate a cui ti iscrivi la email. Ci vorrebbero settimane.
    Di fatto è come quando una banca dove hai un fido ti manda quelle deliziose letterine di “proposta unilaterale di variazione di contratto” con sottotitolo occulto, se ti sta bene è così se non ti sta bene arrangiati.
    Urge, e non solo in questo campo, un’Autorità seria e transnazionale che tuteli i diritti degli utenti.
    Per queste persone gli utenti sono guadagno, è l’ora che i soldi se li meritino.

  • Disabilitato senza se e senza ma.
    Non mi è piaciuto vedere le mie info diffuse senza il mio permesso, anche se lette da persone amiche.
    Questa volta Google ha fatto un passo falso

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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