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Federica Sgaggio, giornalista dell’Arena, spiega perché ha deciso di aprire un blog. Sente il peso di un’evoluzione editoriale che tende a cambiare il lavoro dei giornalisti escludendoli progressivamente dal mondo degli intellettuali. Paradossalmente, dice Sgaggio, una giornalista che voglia far sentire la sua voce deve aprire un blog. Il suo si chiama: due colonne taglio basso. Suona come la risposta del caporedattore alla proposta del redattore (e il redattore pensa, in silenzio: “non vogliono dare importanza alla notizia”).

La storia di Federica segnala una tendenza ormai da tempo avvertita. E’ finita l’epoca della contrapposizione tra blog e giornali. Non solo perché i giornali hanno imparato ad aprire i loro blog e ad ascoltarne la voce. Ma anche – e questa è la novità segnalata da Federica – perché i giornalisti come persone possono trovare nei blog un’opportunità di espressione che la loro professione (come molte altre professioni) non offre. Non a tutti. Non a tutti quelli che vorrebbero esprimersi.

La separazione tra blog e giornali resta, ma non è più tecnica. E’ umana. Chi fa sia l’uno che l’altro può sentirsi tagliato in due, visto che in entrambe le situazioni scrive, ma in un caso per esprimersi e connettersi, nell’altro caso per sviluppare una linea editoriale. Sicché la stessa distanza tra blogger e giornalisti si sta trasformando: non è tanto nelle tecnologie e non è certamente nelle capacità personali. E’ nel progetto che le persone perseguono.

E’ un caso del problema irrisolto della relazione tra progetti individuali e progetti collettivi che si manifesta in molteplici occasioni nell’ambito intellettuale. Quando c’è un progetto comune forte, le individualità sono compresse; quando c’è soltanto una giustapposizione di progetti individuali senza obiettivi in comune si sviluppa un rumore generale poco comprensibile.

E’ la differenza tra Wikipedia e Facebook: la prima è un progetto intellettuale comune forte (con la metafora dell’enciclopedia) nel quale in generale le singole persone non emergono; il secondo è uno spazio di espressione di progetti intellettuali individuali che in comune non hanno un progetto ma una piattaforma. I due modelli hanno avuto enorme successo. Ma entrambi di confrontano con il problema di come si possa migliorare la qualità del risultato intellettuale del progetto. In questo problema, come sempre su internet, c’è un’opportunità: per chi la saprà definire e sviluppare. Proponendo un nuovo contributo alla rete.

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  • Certamente il discorso “corale e singolo” è alla base della motivazione che spinge un giornalista a farsi un blog.
    Però, sono luoghi diversi, con linguaggi diversi, con seguiti diversi.
    Di certo devi avere qualcosa da dire, cosa che non è semplice, ma nel caso di un giornale se non hai qualcosa da dire te la trova qualcun altro, in un blog te la devi sbrigare da solo.
    Caro Luca, hai fatto riferimento a Facebook, ma non sono certo che sia un buon punto di partenza.
    Nel senso che in Facebook parli al tuo pubblico, mentre Wikipedia parla a tutti, quindi l’apporto è decisamente differente in termini di “migliore qualità intellettuale di un progetto”.
    Sono convinto che vedremo nascere qualcosa di interessante nel momento in cui questi progetti escono dai tavoli degli ingegneri e possono essere valorizzati da chi ha una preparazione prettamente umanistica.
    E’ una questione di tempo.
    Sul fronte giornalista-blogger, la dicotomia è naturale, ma sta al personaggio costruirsi un percorso. Sia come giornalista, sia come blogger.

  • Io la sparo grossa: e se l’organizzazione giornalistica non avesse più senso? Se andiamo verso un futuro di giornalisti/editori del proprio sito, imprenditori autonomi della loro professione? Del resto ormai il lavoro nelle redazione non è più di squadra, anzi è un luogo dove sorgono contrasti e guerre. Se i quotidiani non avessero più senso di esistere dal momento in cui sono solo le singole notizie ad avere un valore pubblicitario?
    Saluti
    Giuseppe Rizzo

  • Concordo sulla difefrenza di fondo tra progetti personali e collettivi. Per quanto mi riguarda, uso il blog per la riflessione, e fb come piazza

  • Concordo sulla differenza di fondo tra progetti personali e collettivi. Il giornalista può avvantaggiarsi da un blog costruendo una relazione diretta con le proprie fonti, imho. Per quanto mi riguarda, uso il blog per la riflessione, e fb come piazza

  • E’ uno dei tanti cambi che sta portando internet, la rete, il web: l’essere editore di sé stessi, l’uscire dalla massa per raggiungere una certa individualità, il palesare la propria opinione senza passare attraverso “regole e regolette”.
    Buona serata.
    Rino.

  • Il mondo del giornalismo inizialmente si è un po’ arroccato sulle sue posizioni nel momento in cui è esploso il fenomeno dei blog. Che non sono per niente in contrapposizione con i quotidiani ma sono stati percepiti come una velata minaccia. Perché le persone possono esprimere i loro pareri, le loro notizie e le loro esperienze senza filtri, con una visibilità potenzialmente sconfinata. Ma il ruolo dei media rimane ancora fondamentale per capire bene cosa succede nel “rumore generale”, bellissimo ma poco comprensibile. Ora sta a loro capire come diventare nuovi Media. Sicuramente cercando maggiori relazioni con i propri lettori. Per quanto mi riguarda, ho conosciuto due nuovi blog “fatti bene” (quello di Federica e Net1News, grazie al commento di Giuseppe Rizzo). Ed è già una buona notizia.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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