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Macchine del silenzio

Il governo cinese utilizza le compagnie internet che operano nel suo paese come poliziotti e collaboratori per limitare l’informazione che circola in rete. Ne scrive in un ampio commento Rebecca MacKinnon, dell’Open Society Institute, ex capo dell’ufficio di Pechino della Cnn, che sta scrivendo un libro sul futuro della libertà nell’era di internet. E il suo punto è questo: gli occidentali stanno imparando dalla Cina a considerare gli intermediari internet responsabili di ciò che fanno i clienti e gli utilizzatori delle loro piattaforme?

Le notizie intanto si moltiplicano, dai giornalisti stranieri spiati in Cina ai computer governativi indiani spiati da cinesi. Non possiamo sapere chi effettivamente abbia fatto che cosa. Ma ci dicono che Google ha subito pressioni sempre più forti perché collaborasse più attivamente alla censura. Proprio mentre in occidente si trova a combattere su molti fronti diversi: digitalizzazione dei libri, copyright dei giornali, controllo dei filmati uploadati su YouTube… 
Google non è ovviamente internet, ma ne è un'”istituzione” emblematica che cresce con la rete. L’intensità degli attacchi a Google sono direttamente proporzionale alla crescita della sua importanza. Nella complessità della situazione, una lettura vagamente ottimistica si può comunque dare: tutto questo potrebbe costringere Google a non sedersi sul suo potere ma a cercare di dimostrare continuamente il suo spirito di servizio alla rete. La decisione cinese potrebbe essere letta in questo senso.

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  • Ieri è girata la notizia che un gruppo di dipendenti cinesi della filiale cinese di Gogle sono stati sospesi a partire dal 13 gennaio. Sembra che Gogle abbia scoperto che questi dipendenti abbiano passato ai servizi cinesi le caselle usate dai dissidenti che poi sono state attaccate in modo mirato. Nn si sa se i dipendenti siano in realtà degli infiltarti dei servizi oppure siano stati costretti a collaborare dal governo cinese (tipo: “come sta tua sorella ?”). A questo punto la reazione di Google è obbligata. Ora i cinesi hann clpto caselle di atri cinesi, ma se usassero gli infiltrati per colpire caselle di italiani, magari perchè “rompono” o per spionaggio industriale ? Il caso Google non può più essere rubricato come “censura”. Siamo di fronte a un salto di qualità dell’aggressività cinese (un inciso, la dimostrazine finale che Cindia era una stronzata inventata da ignoranti allo sbaraglio. Rampini ? Oh, yes). verso tutti, interni ed sterni. C’è da chiedersi perchè ora. Perchè il governo cinese abbandona i tempi lunghi, la longue durèe e si espone in questo modo (anche il caso Avatar è emblematico). Che cosa temono, da dove viene la pressione. Lo scrivo qui a futura memoria: la situazione cinese di oggi, 2010, è la stessa dell’URSS nel 1983. Le statistiche del PIL sono inventate (ora si comincia anche a scriverlo, pensa te), il disastro ambientale è molto peggio di quanto di scriva, la disoccupazione nelle campagne è folle, etc. Watch out. Peggiorerà.

  • Tutto vero, come anche che il controllo di buona metà (ora dicono che è circa il 60%) del valore aggiunto dell’export è made in USA. Si avranno una infinità di problematiche aperte da risolvere, rimane che i famosi vantaggi comparati cercano tutti di impostarli nel loro mercato, che sia quello di produzione con investimenti diretti o commerciale fa lo stesso. Avendo per le mani anche il debito americano sono quasi in una botte di ferro. Mi sbaglierò.. Gli altri problemi li risolvono senza mezze misure e lasciano la palla alla signora europa, che non sembra capacitarsene. Appena ricatteranno veramente l’america e se lo potranno permettere, magari riconvertendo su un modello di sviluppo a domanda interna, il corpo del reato sarà l’euro. E non quello dei paesi nordici che ci guadagnano avendo l’economia fondata a servizi prevalenti ma chi ancora pensa alla produzione e ad esportare.

  • D’accordo, solo un’osservazione: il debito pubblico americano in mano ai cinesi è sicuramente un problema, ma dei cinesi. Lo possono tenere, e tutti contenti, reinvestendo i rimborsi. Oppure lo possono vendere, con conseguente crollo dei prezzi, e quindi del valore del loro investimento, aumento dei rendimenti, quindi il debito diventa più interessante per altri investitori, il dollaro sale, gli americani se lo ricomprano, il debito, a prezzi stracciati, etc etc. Oppure, minacciano di non rinnovare l’investimento e a questo punto cos se ne fanno dei dollari che incassano ? Li vendono e comprano euro ? Bene, il dollaro crolla, ma lo yuan è legato al dollaro e quindi le loro esportazioni negli USA prendono una bella botta, allora girano le esportazioni sull’Europa (il Giappone gli fa cippirimerlo, speriamo Rampini non si inventi il Cinappone, dopo la bufala di Cindia) aiutati dall’euro alle stelle e lo yuan ai minimi sull’euro. Quindi, il dollaro è la moneta USA ma èil problema degli altri. Quanto al mito dello sviluppo trainato dalla domanda interna, i libri di economia dicono che si dovrebbe fare così, ma se si guardano le statistiche (che sono pure fasulle, quindi la situazione è anche peggio), la domnanda interna cinese in reltà è domanda da investimenti in infrastrutture decise dallo stato, che per la maggior parte non servono a un tubo. Adesso si sono messi a fare ferovie ad alta velocità con i treni che viaggiano vuoti perchè i biglietti costano troppo. Oppure appartemaneti di lusso che non vendono per gli stessi motivi. Facendosi fare i prestiti dalle banche statali, con beneficiari imprenditori che sono membri del partito. Insomma, una gigantesca catena di Sant’Antonio.
    Ah, poi, visto che Luca è un apassionato di PIL (della felicità o meno), segnalo che l’ultima che è uscita (ora lo si scrive) è che in Cina gli investimenti pubblici vengono inseriti nel PIL quando lo Stato decide di farli (dice di avere deciso di farli) non quando inizia i lavori o comincia veramente a spendere. Se facessimo così anche noi, avremmo un PIL superiore al Giappone….

  • Sono d’accordo con quanto affermi Marco del gioco sul debito pubblico americano. Hanno in un qualche modo le mani legate che allo stesso tempo lega chi quel debito lo riporta nelle casse statali USA attraverso le imprese che controllano l’export dalla Cina, sono quelle a stelle e strisce che producono nei loro distretti ma vendono dappertutto. A parte la storia del bilancio di previsione valutato come spesa pubblica che non ne conosco l’esistenza, malgrado potrebbe anche esser coerente se le nelle regole di bilancio fossero decise allo stesso modo le entrate. Niente di strano se pensi che a casa nostra molto debito pubblico “vero” è fuori bilancio, vedi CIPE con i soldi delle Poste. Un centinaio di miliardi sono. So che si possono sostenere sostenere varie ragioni per questo e sono anche d’accordo sul principio dell’efficienza se vincolata a limiti prudenziali. Di certo sui magheggi non hanno il primato i cinesi che sono ancora giovani nei mercati finanziari e l’hanno capito dopo tutti i salvataggi che gli hanno fatto fare (2007) attraverso molti fondi sovrani per sorprenderli a settembre 2008. Sul discorso della domanda interna in realtà riservo qualche dubbio. La maggior parte di cifre sul loro mercato hanno scopi di promozione finanziaria per ora, non fa una piega. La storia dello sviluppo insegna anche che prima arrivano i beni e poi si crea la domanda che li acquisti. Se non lo fanno, vengono pagati per farlo. Ford fece così e con tutti i distinguo siamo da quelle parti in Cina.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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