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Pope2you e qualche domanda

Chi ha parlato con Joaquìn Navarro Valls nel 1995 ricorda come l’allora responsabile delle comunicazioni del papa rispondeva alle domande su internet. “Internet non va usata in modo da mettere i fedeli nelle condizioni di saltare le parrocchie nelle loro relazioni con la chiesa”. 

Ma ora c’è Pope2you. E non teme nulla. (Neppure il sorriso benevolo che a qualcuno può sfuggire di fronte alla scelta di un nome vagamente fashion).

Ormai, si direbbe che internet non sia più pensata necessariamente come una distruttrice di filiali bancarie, di negozi di alimentari, di parrocchie. E’ considerata piuttosto come un’integratrice, non necessariamente una disintermediatrice. E’ vista come un sistema per scoprire relazioni nuove con network sociali che comunque non frequentano i luoghi fisici tradizionali. Ma è vero? Eppure in certi settori (tipo i biglietti aerei e la musica) ha cambiato le cose in modo molto profondo. Perché in certi settori internet è stata più rivoluzionaria che in altri? C’è una regola?

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  • “Perché in certi settori internet è stata più rivoluzionaria che in altri? C’è una regola?”
    una regola è difficile da ricavare però si può capire facilmente la differenza tra chi vende musica (e la musica si trasforma in bit e si condivide illegalmente su internet) e chi vende vestiti (i vestiti non si convertono in bit, quindi il settore non può andare in crisi per internet). Sbaglio?

  • certo che non sbagli… ma ci sono molti posti dove si tratta principalmente di bit o più in generale di “idee”… banche e religione per esempio… (la domanda è volutamente ingenua e aperta alla raccolta di opinioni…)

  • Domanda stimolante, in effetti. Una regola non penso che ci sia, ma è interessante osservare come internet sia stata più rivoluzionaria in quei settori che (volenti o nolenti) sono stati da esso messi in discussione, soprattutto grazie alla messa in rete dei soggetti. In politica questo è più facile, basti pensare al ruolo giocato dalla Rete nell’elezione di Obama. Nella religione (penso soprattutto al cattolicesimo, spazio e a me più congeniale) questo è molto più difficile perchè c’è meno attitudine allo scambio tra pari.
    Nel caso specifico, per esempio (pur senza nulla togliere alla bontà dell’iniziativa e alla buona fede di chi l’ha creata) ma a me personalmente, per dire, non interessa tanto mandare cartoline di auguri al papa, tanto non le legge. Magari manderei volentieri cartoline a qualcuno per chiedergli cosa pensa di una sua catechesi, per esempio.

  • Una regola generale magari spiegherebbe ben poco ma dei fattori distintivi che uniscono tipi di settori più tendenzialmente esposti sì. Come anche stili di comportamento dei consumatori, come quelli definiti “research shopping”, che oltre alla valorizzazione della varietà dell’offerta prediligono, spesso per beni ad alto coinvolgimento, abbattere i costi informativi della scelta. O renderli meno incerti, ciò che internet abilita. Un esempio potrebbe esser i settori che sono più connaturati da alte asimmetrie informative e che le hanno sempre utilizzate come forza negoziale. Dal momento che possono esser levigate utilizzando la rete il settore o innova o lascia spazi aperti.

  • Una regola generale la vedo assai ardua da stilare, perché i fattori in gioco sono tanti. Si tratta pur sempre di comunicazione e i pesi vengono, perciò, distribuiti differentemente in base ad argomento, soggetti coinvolti e volontà degli stessi.
    Visti gli allarmismi che hanno portato alla “chiusura” del wi-fi in Italia, con lo spauracchio dell’utilizzo “maligno” da parte di gruppi terroristico-religiosi, immagino che la religione stessa abbia in sé più sfaccettature possibili, “gestibili” o meno in rete.
    Per fortuna, davvero, la si considera sempre di più un’integrazione (cosa che, in realtà, è lapalissiana).

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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