Piu che di privacy forse dovremmo anche parlare di un concetto che fino a poco tempo fa era anche considerato valoriale, il concetto di riservatezza e di dignità. Spiattellare in rete, oltre alle generalità, i proprio stati d’animo, la propria salute i propri comportamenti, è ormai comunemente accettato come “normale” quasi restasse confinato nel proprio monitor. Quante volte girando per blog si incappa in post di un livello che fino a pochi anni fa sarebbe stato considerato “personale”? tradimenti, inclinazioni sessuali, utilizzo di sextoys, scherzi, youtube e il bullismo in rete. Cosa succede se fra cinque anni un ragazzo che ha fatto una cavolata in terza liceo si troverà di fronte un datore di lavoro che gli nega il posto per quell’episodio?
Credo che l’unica privacy possibile sia l’autoregolamentazione della propria sfera personale, rinunciando magari anche a dei servizi.
E questo indipendentemente da chi li eroga.
@giannac
Giustissimo.
Di conseguenza, come rendere consapevoli le persone? Come insegnare l’autoregolamentazione e quindi lungimiranza?
Apprezzo molto l’articolo e lo condivido in gran parte. Non sono così critico con le affermazioni di Schmidt: se stai facendo qualcosa di cui vergognarti, devi esserne consapevole. A volte la soluzione è semplicemente “non vergognarti”. Se Marrazzo fosse stato gay dichiarato come il suo collega governatore della Puglia, il fatto di frequentare travestiti non avrebbe creato grossi problemi. Quindi il problema è diventato
tale prima di tutto nella mente di Marrazzo.
D’altra parte è molto giusto osservare che un ideale che può valere per una società ideale, NON vale nella società reale.
In particolare: le regole DEVONO tutelare le parti deboli.
Si è vero ha toccato tutti i nodi , se volete approfondire la seconda parte dell’articolo suggerisco:
“Data protection legislation: What is at stake for our society and democracy?”
sinceramente non ne ho la più pallida idea. In verità bisogna anche dire che molti dei dati che si ritrovano in rete soprattutto riguardo alla sfera sessuale sono mere aspettative , della serie “ti garberebbe”.
Ho visto campagne di comunicazione piuttosto efficaci fatte in altri paesi. Qui siamo anni luce lontani, siamo ancora a Topo Gigio.
In una un ragazzo videochatta con il busto di una ragazzina chiedendole di fargli vedere le tette, poi scende a colazione e scopre che la ragazzina è sua sorella, riconoscendola dalla maglietta…credo sarà una delle battaglie future, riinsegnare ai giovani e meno giovani un po di riservatezza…la vedo dura, non siamo ancora riusciti a farli smettere di bere e schiantarsi contro i platani…
purtroppo questa idea (una società trasparente senza privacy) si sta facendo strada da un pò di tempo; moltissime persone, ad esempio, usano internet senza nessun rispetto per la privacy degli altri. Quante foto vengono postate senza chiedere il consenso di chi è raffigurato?
Da Facebook:
– la fretta con cui le persone in generale agiscono sul web, accentuata in FB da un certo senso di colpa per la sensazione di perdere tempo;
– la difficoltà, tipica di FB, di percepire la differenza tra spazio pubblico e spazio privato della propria ristretta cerchia di amici (la quale comporta anche che gli utenti non si rendano conto che le proprie foto diventano di proprietà di FB, se publbicate qui).
Ultimamente ti vedo meno fumoso e più concreto nei tuoi interventi :-p
Penso che tu abbia toccato tutti i nodi della questione. IMHO Il modo superficiale e quasi ingenuo in cui Schmidt affronta il problema mi fa dubitare della sua buona fede, o meglio, invece di esprimere un concetto condivisibile socialmente da tutte le parti in causa, la sua opinione è totalmente di parte.
Tra i vari aspetti quello che mi preoccupa di più per quanto riguarda google è la questione economica.
Google ricava gran parte del suo potere economico dal trattamento dei dati personali dei suoi utenti diretti e indiretti. Io, amministrando i miei dati, al massimo ne ricavo una traquillità sociale.
Questo è il vero squilibrio: Con la rete come la conosciamo oggi e la posizione attuale di Google, se tutti sapessero tutto di tutti accadrebbe l’esatto opposto dell’utopia della perfetta informazione e Google avrebbe un potere economico tendente ad infinito.
Un simpaticone, sto Schmidt 🙂