Home » perplessità » Altro che autostrade del mare
perplessità

Altro che autostrade del mare

Da rileggere. Il Guardian dice che una ricerca confidenziale mostra come le 15 navi più grosse del mondo inquinano tanto quanto 760 milioni di automobili. (sic).

La globalizzazione basata sulla delocalizzazione della produzione e le navi container ha vasti effetti sulle emissioni di CO2.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Rispondi a Guido Scorza Cancel reply

  • Ma sai che scoperta: basta guardare le potenze installate e il combustibile usato (bunker oil, una schifezza). Ma constatare che come sempre se non lo dice il Guardian non esiste (che tristezza), vorrei dedicare le prossime righe a una questione più seria. Si parla tanto di approccio sistemico e di complessità, ma se si fa notare che la globalizzazione basata sulla delocalizzazione (ma sarebbe lo stesso se invece che delocalizzate le aziende fossero semplicemente del Paese con il minore costo di produzione, no ?, per la vecchia, risalente mi sembra al Paleolitico Medio, divisione del lavoro), diciamo in modo più serio, la globalizzazione che deriva e provoca l’esplosione del commercio a lunga distanza, provoca aumento dei consumi energetici (ma va ?), vediamo le alternative. Qualcuno è disposto a sottoscrivere le altenative (vedi anni ’30, l’ultima volta che il mondo si è deglobalizzato davvero e il commercio internazionale è crollato). TUTTE le conseguenze. Questo sarebbe un bel dibbbattito da blog, altrimenti siamo a cosa ? Eterno lamento, e tutti più conzappevoli s’annamo a magna’ er cornetto co’a panna.

  • Quindi anche i traghetti che fanno la spola tra Reggio e Messina probabilmente inquinano molto di più delle macchine che passerebbero/passeranno sul ponte? E’ una domanda, eh! 😉

  • Siccome noto sempre i paradossi, da un lato viene incentivata l’internazionalizzazione, dall’altro dovrebbe prodursi tutto in autarchia. La contraddizione si risolve traducendo: produci qui e vendi fuori. A discapito delle aziende commerciali, che producono anche ma prevalentemente commissionano in giro per il mondo e sempre in quel giro presidiano canali di sbocco. Mi rendo conto che se si volesse valutare solo una particolare esternalità negativa sull’inquinamento il discorso regge. Non si tiene però se tutte le altre esternalità dovrebbero andare sul banco degli imputati. Ne dico una che conosco fresca di giorni. Vengono dati incentivi per l’adozioni di nanomateriali sul settore moda. Le aziende commerciali potrebbero adottarli primo perché sanno di cosa si parla, secondo perché hanno la forza di superare la fase di prototipo per arrivare al mercato. Non possono partecipare però, quindi gli artigiani o le piccole imprese produttive chiedono come poter superare l’escamotage per inserirli comunque nei progetti. Questi sono danni veri.

  • Ringrazio Nando ed Emanuele. Come si vede, quando si va sui sistemi e sulle implicazioni, tanti discorsi alla Guardia finiscono dentro al WC. Aggiungerò una cosa: dopo anni di alti lai sulla necessità di una tutela più forte del Made in Italy, il 15 di agosto è entrato in vigore il DDL sviluppo che include la tutela rafforzata del Made in Italy: non è più possibile apporre a un bene l’etichetta Made in Italy se il bene stesso non è fisicamente prodotto in Italia (e non più commissionato al’estero da un’azienda italiana che dice di averlo progettato). Soddifazione da diversi settori, come l’industria del lino…. ma si è subito scatenato il fuoco di sbarramento delle lobby confindustriali, che hanno mosso la loro pedina (Adolfo Urso) contro il ministro Scajola propugnatore della legge. Risultato, al prossimo Consiglio dei Ministri si cercherà una mediazione, con Scajola e la Lega da una parte e i confindustrial/finiani di stretta osservanza (come Urso) dall’altra.
    Che silenzio, però.

  • Al di la del mero inquinamento, andrebbe tenuto conto che le autostrade del mare, liberano le autostrade intasate da molti camion, quindi ho risparmi in altri termini.

  • L’hai detta per com’è Marco. Qui, una settimana prima di ferragosto è partito uno scontro tra associazioni che non si era mai visto. La presidente di Federmoda Marche tira in tribunale uno dei pochi che in piena crisi aumenta al ritmo di due cifre, solo perché decide di bloccare una commessa che a citarla fa sorridere. La norma è stata un contentino a orologeria e non potrebbe esser che congelata.
    Sarebbe bello che per mantenere due produzioni di distretto, penalizzo ogni sorta di traffico di perfezionamento, proprio quello che è riuscito a funzionare. Prima la bloccano, poi per risolvere il tutto senza troppi conflitti, credo che si passi la palla in Commissione UE per bocciarla.

  • Da quello che è trapelato,ieri al CDM l’assalto lobbistico non ha sortito effetti, perchè la questione precari della scuola ha tenuto banco e portato via tempo. Attenzione al prossimo giro.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi