Home » Approfondimenti » Attenzione media » Gian Arturo Ferrari contro l'”ideologia di internet”
Attenzione media media

Gian Arturo Ferrari contro l'”ideologia di internet”

In Italia ci sono 3,2 milioni di persone che leggono almeno un libro al mese. Ci sono 2901 case editrici. E in un anno si pubblicano circa 61mila titoli. Il 60% dei titoli stampati non vende neppure una copia. I piccoli editori hanno un invenduto del 95%. I 5 grandi editori (Mondadori, Rcs, Messaggerie, DeAgostini, Feltrinelli) vendono quasi il 90% dei primi 500 libri più venduti. L’Italia è il settimo mercato del mondo di libri.
Evidentemente si tratta di un business ad altissimo rischio, con una concentrazione enorme, con un pubblico piuttosto ridotto. Internet è una soluzione o una innovazione devastante in questo equilibrio?

Il direttore generale della divisione libri della Mondadori ha spiegato per un’ora e mezza, a Vedrò, vicino a Riva del Garda, quello che sta succedendo nel mondo dell’editoria libraria. In sintesi, ritiene che l’ebook sia una vera rivoluzione e che su internet si sia sviluppata un’ideologia inconsapevole, dalle conseguenze fortemente negative.

Per Ferrari, la distinzione fondamentale del mercato è tra i libri a progetto e i libri d’autore. I primi sono progettati industrialmente dagli editori e sono prevedibili nei loro sviluppi economici, i secondi nascono spontaneamente per volontà degli autori e sono totalmente imprevedibili.
La rivoluzione fondamentale dei prossimi anni è l’ebook, per Ferrari. Abbasserà i costi, abbasserà i rischi, cambierà i rapporti tra autori ed editori. Ma avverrà prima di tutto sui libri a progetto, soprattutto quelli scolastici. Poi si svilupperà sui libri d’autore.
Per gli editori sarà un grande cambiamento. E il loro valore si concentrerà sul possesso del marchio. E’ possibile, dice Ferrari, che con la fine del rischio imprenditoriale di stampare i libri, gli editori non saranno più quelli che pagano gli autori, ma saranno gli autori a pagare gli editori per poter usare il loro marchio.
In tutto questo si inserisce, dice Ferrari, la variabile impazzita di internet. Un’ideologia dell’uguaglianza, del peer-to-peer, inconsapevole che non tiene conto dell’economia che sta dietro i libri e che tende semplicemente a diffondere libri senza pagamento.
Un po’ a sorpresa, però, Ferrari dichiara che il problema principale dell’editoria italiana è che è troppo elitaria. Pochi lettori e un’idea di libro che non va nella direzione della sua popolarizzazione. “Nessuno aiuta i poveri”. Ricetta? L’ebook abbasserà i costi, dunque i prezzi, e dunque aumenterà il numero di lettori.
Sintesi: “Tra vent’anni tutto sarà completamente diverso. Ma io lavorerò ancora per 15 anni. E dunque non me ne importa nulla”.
Commento. Ferrari vede tutto dal punto di vista dell’editore tradizionale. Cerca di imporre al mercato una dinamica che cambi tutto per non cambiare molto con gli ebook che salvaguardano la filiera protetta del business. Teme internet e il peer-to-peer. Non vede alcun rapporto tra la diffusione di idee che si sviluppa liberamente in rete e i difetti strutturali dell’editoria tradizionale.
Sarebbe interessante ricordargli che il punto di vista del pubblico e quello degli autori andrebbero presi meglio in considerazione per comprendere le dinamiche fondamentali in atto.
Per gli autori, già oggi, pubblicare un libro è un lavoro sostanzialmente gratuito. Gli autori che guadagnano con i libri, come dimostrano i dati forniti da Ferrari, sono una microscopica percentuale del totale. Gli altri lo fanno solo per contribuire alla cultura. Esattamente come lo farebbero con un blog: l’unica differenza è che con un libro possono avere un marchio editoriale accanto al loro nome. Ma questo, come appunto dice Ferrari, nella maggior parte dei casi non aggiunge alcun guadagno. Peraltro, un blog ha qualche probabilità in più di un libro di essere trovato da qualche persona interessata, mentre un libro di carta spesso non trova il suo lettore (nel 60% dei casi). Per gli autori, internet è una grande opportunità, dunque, e in effetti il boom di persone che pubblicano online lo dimostra.
Per il pubblico, l’abbassamento dei costi e il cambiamento dell’ergonomia della lettura saranno cambiamenti importanti e di segno diverso. Ma la dinamica di accettazione dell’ebook non va data per scontata. Non c’è alcun motivo per il pubblico di comprare l’ebook che non offre un valore d’uso significativo rispetto alle alternative. Le architetteture ebook fondamentali alternative sono quelle che li vedono più simili a telefonini e quelle che li vedono più simili a computer. E anche se i ragazzi saranno costretti a studiare su libri di testo in ebook simili a telefonini, prima o poi, le alternative simili al computer salteranno fuori. E il peer-to-peer riprenderà il suo corso.
Gli autori e il pubblico hanno interessi in comune molto forti. E tenderanno a incontrarsi direttamente. In questo incontro ci sarà bisogno di nuovi mediatori: culturali, qualitativi, formativi, informativi, pubblicitari, organizzativi. Ci saranno squadre al lavoro per trasformare le esperienze librarie in esperienze crossmediali. E di nuovi modi di fruire delle idee nate per i libri. Non è detto che queste attività saranno svolte da editori tradizionali. Ma qualcuno si occuperà anche dei modelli di business. Chi?
Per gli editori tradizionali, tutto questo significa che non basta immaginare un futuro in cui la struttura del mercato resti protetta. E’ molto più rilevante sperimentare nuovi modelli che consentano al loro ruolo di riacquistare legittimità e valore culturale. Non basta il marchio: il marchio è vivo se è viva la comunità che gli dà senso, altrimenti prima o poi si consuma. Se gli editori aggiungono cultura avranno un modello di valore sul quale costituire un business. Altrimenti tenderanno ad essere disintermediati. Prendersela con il modo con cui il pubblico usa internet è un errore: perché è come prendersela con i propri clienti potenziali. Meglio ascoltarli che additarli come ideologi strampalati e inconsapevoli. E una volta ascoltato quello che succede, rispondere con spirito di servizio. Ma sicuramente queste cose Ferrari le sa.
Almeno perché ha visto che cosa è successo alle major della musica. E non si vede perché dovrebbe ripercorrerne gli errori.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Rispondi a tamara Cancel reply

  • Più per sfruttare il marchio mi pare più logico che l’editore venga pagato una tantum dall’autore per lanciare il libro…

  • L’autore che paga l’editore? Il lavoro dell’autore è quello di elaborare le idee, quello dell’editore fare il business. E’ il costruttore che paga il designer per poi sfruttare economicamente la sua idea non il contrario. Se no ci troveremmo soltanto autori business oriented e addio idee.

  • Vedrò? Bel posto scelto per l’annuncio. “Vedrò”, appunto. Potrà anche essere, in un futuro prossimo. Perché ora non mi sembra che si possa dire che ‘vede’, se per l’ennesima volta si fa tramite dell’annuncio di magnifiche sorti e progressive dell’ebook, senza che nemmeno provi ad innestare un qualche modesto ragionamento attorno ai problemi che il fenomeno sta incontrando sul versante della globalizzazione, e proprio per le resistenze degli editori (alludo al fatto che le Kindle editions non sono scaricabili fuori degli USA).

  • @Roberto
    che tipo di resistenze? saranno le stesse resistenze che avevano le Major verso i primi portali di musica online? se il modello è quello, pare che oggi, dopo anni di “riduzione del danno” si siano rese conto che se vogliono continuare a vendere qualcosa è il caso che accettino anche questi strumenti.
    Non ho i numeri sotto mano ma se è vero che il settore è in declino, un grosso editore oggi ha di fronte una scelta, cercare di continuare a tenere in piedi il suo pezzo di monopolio il più a lungo possibile per godere dei suoi margini fino a che non si estingue (come hanno fatto le major) oppure cercare delle strade alternative.
    Almeno Ferrari si pone il problema, che rispetto a quanto abbiamo visto in passato per la musica non è una cosa da poco… 🙂

  • Credo che la posizione di Ferrari sia rappresentativa tranquillamente della categoria. Non mi scandalizza.
    Personalmente ritengo che la carta stampata avrà sempre un suo appeal. Vogliamo mettere la bellezza di tenere per le mani e sfogliare un libro?
    Gli eBook sono strumenti potentissimi e anche utili. Il fatto è che non si tratta di un mero supporto. Scrivere un ebook ha altri codici linguistici, altri stili. Mi fa ridere l’idea di leggere i Promessi Sposi o la divina commedia su un palmare.
    Ogni medium ha il proprio utilizzo. E’ giusto sperimentare. Ma fa fatto con coscienza del mezzo. Inutile voler utilizzare la 500 per andare sulla luna…

  • immagino che l’uso dello strumento (internet) farà nascere idee, sviluppi e business a cui le major si dovranno adeguare, volenti o nolenti. ci si metterà molto, loro faranno resistenza come è logico che sia, ma questo non farà altro che far nascere nuove forme di utlizzo della rete, anche per leggere libri.

  • “E’ possibile, dice Ferrari, che con la fine del rischio imprenditoriale di stampare i libri, gli editori non saranno più quelli che pagano gli autori, ma saranno gli autori a pagare gli editori per poter usare il loro marchio.”
    Mi pare che questo già avvenga in abbondanza, anche con le case editrici più grandi.
    Mi piace quello che scrivi che “E’ molto più rilevante sperimentare nuovi modelli che consentano al loro ruolo di riacquistare legittimità e valore culturale. Non basta il marchio: il marchio è vivo se è viva la comunità che gli dà senso, altrimenti prima o poi si consuma.” Si devono sperimentare nuovi modi di produzione e di difusione e vendita dei libri, altro che arroccarsi su posizioni obsolete.
    Quanto al marchio, anche in questo caso ti dò ragione: non è solo vivo se la comunità è viva, ma è autorevole se la comunità degli autori (e quindi dei lettori), lo è. Penso a una nota media casa editrice commerciale antifascista (al tempo), prima marchio altamente culturale, ora mezzo trasformata da genie di giornalisti che scrivono recensioni e recensioni pur di pagarsi la pubblicazione del loro libretto. Che nessuno leggerà.

  • Agli autori vanno aggiunti i traduttori, la cui dignità autoriale non è chiara e lampante a tutti, e lo dimostra il fatto che non se ne parla quasi mai se non magari per additarne gli errori. Poi ci sono i servizi di revisori e redattori, anch’essi in larga parte già ‘terziarizzati’.
    Qualcuno pensa che un libro d’autore possa essere letto in idiomi diversi da quello in cui nasce traducendolo da soli, magari passando attraverso un inglese normalizzante, o con l’ausilio di free tools come MyMemoryTranslated o Google Toolkit, o che possa tradurlo la folla online?
    Dall’outsourcing al crowdsourcing…

  • Piu’ leggo le dichiarazioni degli editori e piu’ penso che stiano perdendo un sacco di tempo. Ed è un vero peccato che non approfittino del fatto che il loro modello di business non sia stato ancora travolto e non sfruttino la lezione avuta dai loro “colleghi musicali”.
    Eppure la storia insegna che è solo questione di tempo. Se il mercato degli ebook dovesse decollare prepotentemente, che so, per una invenzione che faccia crollare il prezzo dell’e-paper a pochi euro, magari associata a qualche idea geniale, farebbero un tonfo colossale.
    Non avrebbero neanche scuse a loro discolpa visto che, dal punto di vista tecnologico, hanno avuto (e stanno avendo) anni luce per correre ai ripari.
    Ma forse è inevitabile che queste cose accadano; darwiniano direi.
    PS
    Per gli ebook l’unica cosa che mi preoccupa è l’alzheimer digitale. I libri a cui tengo li compro per conservarli, gli altri li prendo in prestito in biblioteca.
    Ho libri dei primi del 900 che prendo dallo scaffale e sfoglio al volo. Non potrei fare la stessa cosa con alcuni documenti che ho ritrovato in cantina ed erano scritti con Wordstar e salvati su dei floppy da 5 1/4. Chissà che ci avevo messo?
    Sembra banale ma il problema esiste per tutto il nostro bagaglio personale tranne che per i libri. Chi mi dice che tra vent’anni possa leggere una chiavetta USB o un disco SATA trovato in uno scatolone in cantina? Nessuno.
    Se voglio conservare devo diventare sistemista di me stesso.

  • @emilio. Mozart su Ipod? c’è da considerare il fatto che anche prima dell’Ipod la musica aveva già subito il processo di digitalizzazione con il CD.
    La tua domanda mi è stato spunto per un’altra riflessione: l’oggetto libro. Il libro, al di là del contenuto, è un oggetto che comprende differenti componenti e che coinvolge differenti sensi: vista, olfatto, tatto. Ogni copia di libro ha una sua specificità che la rende unica.
    Un libro “assorbe” la storia e la personalità di chi lo legge, diventa un oggetto personale e ogni volume crea una relazione con il lettore. So di risultare un po’ melense e forse retrò. Il libro tuttavia non è solo contenuto ma anche forma.
    L’ebook, invece, tenderebbe a sciogliere questa unione ed accopiare ad una stessa forma, contenuti diversi, di fatto spersonalizzando l’opera stessa.
    Non sono un fanatico della carta stampata, anzi. Ma il libro è tutt’altra esperienza.

  • @Simone Favaro, concordo. Certo che l’oggetto libro va al di là del contenuto. E la fisicità del libro è un’altra cosa. Il libro si maneggia si odora come il pane e come il cibo (banale forse ma chi nega che questo sia un gesto gradito da tanti), si sfoglia, ci si scrive sopra, si possono fare pieghe per marcare il segno, anche se qualcuno che conosco mi bacchetta per queste pratiche ‘barbara’…, ma il libro è mio e se lo presto (atto pericolosissimo perché è raro che torni spontaneamente… chissà mai perché…) chi lo legge lo leggerà vissuto da me…
    Insomma, prima di arrivare dentro, il libro ti ha coinvolto in molti modi diversi.
    Forse fra 20, 30, 100 anni sarà diverso, ma intanto è sacrosanto porre l’accento su forma e utilizzo diversificato in base al medium (e non solo supporto). Altrimenti nell’empito cyberculturale si rischia di fomentare il buzz, fermandosi all’apparenza, che non è forma. Così poi si pialla inevitabilmente anche l’immaginario dell’esperienza potenziale, suscitando pure inutili levate di scudi. Allora spazio alla sperimentazione ragionata, magari ipotizzando che si potrà utilizzare la 500 suggerita da @Favaro per andare al parcheggio dove si imbocca a piedi, in salita, la strada per arrivare al monte dove si compra il biglietto per imbarcarsi per la luna a proprio rischio e pericolo 😉

  • Mi sembra che tal Ferrari, al solito, sia riconosciuto per le proprie capacità commerciali. Non esiste libro, al mondo, che non vorrei avere nella mia libreria. Perchè un libro ha una sua dimensione fisica, un suo ‘corpo meccanico’, un suo odore, un suo ‘rumore’ quando viene aperto. Ci si dimentica, volentieri, che un libro regala emozioni. L’ebook è una barzelletta, destinata a durare, nel tempo, un decimo della mia edizione originale dell’Uomo delinquente’ del Lombroso. Il problema vero è che si scrivono cazzate, e quelle hanno vita breve in ogni caso, indipendentemente dallo strumento col quale vengono divulgate (…la rima non era voluta)

  • Riguardo agli ultimi tre commenti, tempo fa parlando con un alto papavero dell’AIE riguardo ai temi del post, mi ha detto: tanto la gente il libro se lo comprerà sempre perchè odia leggere su di un monitor e noi siamo molto tranquilli di non fare la fine delle major.
    IMHO niente di più miope e questi sono quelli che decidono…

  • @simone: il fatto che la musica fosse stata già digitalizzata prima dell’ipod non mi sembra dimostri granchè, c’è sempre una prima volta per tutto. La grande differenza sta nel fatto che, seppur digitalizzata, prima del formato mp3 e dei relativi player la musica poteva essere ascoltata e venduta esclusivamente attraverso un supporto fisico (cd). Il discorso che fate sia tu che @tamara sulla fisicità del libro è senz’altro legittimo e una parte di me lo condivide in pieno. Si tratta però dello stesso ragionamento che gli appassionati di musica, ad esempio molti dj, hanno fatto e continuano a fare a favore del vinile e contro il formato mp3. E’ sicuramente vero che una discoteca di 500 lp (come vorrebbe nick hornby) dà sensazioni uniche e del tutto differenti rispetto ad un iPod appoggiato sulla scrivania. Però il discorso è un altro ed è relativo all’accesso ai contenuti e quindi alla conoscenza che il formato digitale consente. La digitalizzazione riduce praticamente a zero il costo della riproduzione e della diffusione di un contenuto, consente ai retailer di abbassare i prezzi e soprattutto alle persone di scambiarsi contenuti e quindi conoscenza a costo zero(di copyright ne parliamo un’altra volta). La conoscenza (nel caso secifico conoscenza musicale) accessibile prima dell’avvento del mp3 credo non sia neanche lontanamente paragonabile con quella a cui possiamo accedere oggi. Io, anzi facciamo un mio amico, ha sul suo lettore mp3 circa 700 album. Nell’era del cd avrebbe dovuto spendere (diciamo 15 euro a cd) circa 10.500 euro per la sua collezione. Credo che se avesse dovuto tirare fuori quella cifra per l’amico in questione gli Who sarebbero veramente rimasti “i chi?”. Gli ebook e i relativi reader, se riusciranno ad affermarsi, possono avere sulla letteratura lo stesso effetto che l’mp3 ha avuto sulla musica e penso sia meglio avere una persona con una biblioteca digitale di 500 libri caricati su un reader rispetto ad una con una libreria fisica con 50 testi cartacei, per quanto sia speciale e bella a vedersi.

  • @cafonauta, hai ragione, una cosa è riconoscere le specificità del libro di carta, un’altra è sedersi sugli allori e tenere serrato il recinto fin che si può.
    Dispiace comunque sentir riconoscere che l’editoria italiana è elitaria (fatta di pochi lettori forti), per poi non vedere concreto ‘interesse’ (inteso come curiosità, almeno e intanto) da parte degli editori, verso potenziali forme di popolarizzazione che di per sé non dovrebbero ledere la libera scelta dei lettori più o meno forti di acquistare libri di carta, né necessariamente banalizzare l’esperienza della lettura.

  • Concordo @emilio, l’ebook ha dalla sua la possibilità di arrivare da uno a una moltitudine di persone digitalizzate.
    Non sono pregiudizialmente contraria, cerco solo di non nascondermi le perplessità. E i distinguo proposti da @simone in questo senso sono utili alla riflessione.
    Ferrari dice che la rivoluzione dell’ebook avverrà prima per i libri a progetto, soprattutto quelli scolastici. Per molteplici ragioni, suppongo. Ma una spinta all’editoria arriva certamente dalle concrete esigenze delle famiglie. Il risparmio, innanzi tutto (L. 133 del 2008 e circolare min. 16 del 2009 che vincolano le scuole alla progressiva transizione ai libri online o in versione mista) e poi, a rendere allettante l’ebook, intrinsecamente, c’è la modularità e la flessibilità che promette di consentire, ponendosi come strumento complementare al cartaceo. Anche se saranno comunque gli utilizzi degli utenti a rendere l’esperienza intelligente, ma è ovvio che lo strumento deve essere progettato con dentro questa intenzione di flessibilità e intelligenza. Per gli editori, al di là del discorso abbattimento dei costi dell’e-paper che ricordava @cafonauta, c’è l’abbattimento dei costi di distribuzione, mi pare. Quindi la previsione di Ferrari, in termini di tempi, è probabilmente azzeccata. E’ sul fatto che si tratti di una rivoluzione ‘guidata’ spontaneamente dagli editori che si nutrono ragionevoli dubbi, mi pare. .
    Per tornare al punto di @emilio, ragionando terra terra, non credo invece che si possa creare un parallelismo perfetto, fra Bach e di Shakespeare, o fra Baricco e gli U2. Al testo scritto manca, in termini di fruizione, l’immediatezza della musica. Lasciato solo con ‘Bach’ (e nascondendo l’i-Pod per precauzione ;), anche un bambino di due anni è colpito. Se lo lasci solo con un lettore ebook muto, al massimo lo porta alla bocca e lo annusa, guarda l’involucro colorato, osserva l’eventuale scorrere del testo, poi comincerà a sbatterlo a terra per aprirlo e vedere cosa c’è dentro, e se non ci ricaverà niente lo abbandonerà… Per contro, ‘fare’ musica (a qualsiasi livello) è meno immediato che scrivere tout court. Così il rapporto facitori/fruitori di scrittura procede più speditamente verso l’1:1 , e non sempre a favore della qualità estetica, né dello spessore e dell’utilità dei contenuti. E qui si inserisce il ruolo, importante, dell’editore librario che, con la creazione di percorsi, anche misti, potrebbe avventurarsi anche fuori dall’editoria scolastica. La vera sfida, suppongo, è quella di aumentare il numero di lettori (a partire dai più piccoli e dai giovani) che sanno discernere fra qualità e fuffa, e poi restare in pista per continuare a dargli qualità, anche su carta. Se è vero che l’ebook abbasserà i costi e i rischi per l’imprenditore librario, allora redistribuendo risorse forse potrebbe ricercare e sperimentare e capire, per esempio, in modo mirato, come costruire e veicolare contenuti ‘di qualità’ a fasce della popolazione che fuori dalla scuola, per svariati motivi (soggettivi o oggettivi) non vi hanno accesso, e non affidarsi solo al cheap is beautiful. Allora anche il lamento di Ferrari, ‘nessuno aiuta i poveri’, per fare un esempio, avrebbe qualche chance di diventare progetto (anche se lui, ormai sarà già in pensione, a quanto pare…).
    @emilio, però tieni in caldo il ‘copyright’ che ci s’arriva.

  • @tamara @emilio
    Quanti discorsi che si incrociano.
    Non credo che i supposti vantaggi economici nel virtualizzare il prodotto “libro” si riflettano automaticamente in un costo minore per il lettore. Non mi sembra che il passaggio dal vinile al cd abbia mai abbattuto i costi finali. La catena di produzione e distribuzione hanno aumentato i markup. Anche adesso con mp3 &c. se compri un disco intero alle volte il prezzo è lo stesso. Non vorrei sbagliare ma su amazon l’ultimo di Whitney Huston costa 9,99$ sia su cd che in mp3. Dov’e’ la convenienza? Risparmio solo i costi di spedizione… Una vergogna. Aggiungiamoci poi che molte volte sul materiale scaricato ufficialmente ho anche problemi di DRM.
    E qui veniamo al copyright 🙂
    La conoscenza a costo zero citata da Emilio esiste purtroppo solo su Iperuranio o nel mondo dell’illegalità. Rifacendomi all’esempio di Amazon, a discoteca del tuo amico in mp3 costa esattamente come quella su c e vinile. L’unico esperimento fin’ora notabile di diffusione commerciale su ebook è quella del kindle che è, senza mezzi termini, un walled garden.
    Visto che il post parlava di Ferrari e del mondo che rappresenta, dovremmo rimanere, purtroppo, con i piedi per terra e ragionare su scenari credibili.
    Poi, personalmente, io sono un utente accanito di Scambio Etico, TNT 😉
    Chiudo il pistolotto:
    Non credo che fruizione libri e musica sia paragonabile al 100%.
    Quando citavo l’Alzheimer digitale non lo facevo solo per il gusto dell’amarcord. I libri come li conosciamo oggi nascono con Manuzio nel 1500. Sono 500 anni che prendi in mano un libro e lo leggi, punto. Un vinile è uno degli enne supporti musicali (a cui noi siamo particolarmente legati per questioni anagrafiche) ma soffre di Alzheimer ne piu’ né meno come i cd e gli mp3. Il libro no e l’AIE lo sa 🙂 Anche se questo non li autorizza a starsene sulla scogliera a guardare l’onda che li spazzerà via (cit. Fuggetta).
    Ciao

  • ‘@cafonauta, fai utili considerazioni, specialmente riguardo al costo zero iperuranico.
    Resto ancora un po’ sul tema dell’ebook scolastico per riallacciarmi alle perplessità che nutro sul ‘genuino entusiasmo’ degli editori e per segnalare questo articolo dal blog Puntopanto
    http://www.puntopanto.it/wordpress/?p=614. L’autrice, Eleonora Pantò, descrive senza mezzi termini l’atteggiamento di governi ed editori nei confronti dell’e-book in Italia. Sospetta che alla fine saranno le famiglie a pagare, obbligate a comprare il PC, mentre non si vedono in giro progetti, né studi, né studiosi intenti a capire i limiti, i vantaggi e gli ambiti di applicazione più adeguati per gli e-book, come se si potesse passare dal libro di carta a quelli seamlessly.
    E qui, sempre da Puntopanto, un’analisi del decreto 41/2009, che si propone di andare oltre ‘il chiacchericcio’, e dove gli autori si chiedono come mai il decreto non contenga alcun riferimento alle licenze Creative Commons e all’open content. http://www.pavonerisorse.it/pstd/adoz.htm

  • @cafonauta un paio di rapide considerazioni sul tuo commento. Il prezzo di listino del cd di whitney houston è 18 dollari e 99 cents, che amazon decide di vendere a 9.99 come promozione. Se tu provi a comprarlo in Italia il prezzo di listino è addiritura 19 euro e 90 ma ad esempio su la feltrinelli.it te lo porti via con poco più di 15 euro. Non credo che la stima di 15 euro per il prezzo di un cd fisico sia una sovrastima, per un album intero in formato mp3 non si paga più di 10. Non si tratta di un cambiamento rivoluzionario ma una riduzione del 33 per cento del prezzo finale non è un fatto ovvio. Ricordo che nel 1993-94 entravo per la prima volta in negozi di musica con nomi improbabili e le il prezzo di una musicassetta tra le ultime uscite era di 23.000 lire. In termini assoluti, senza contare l’inflazione,l’interpretazione allegra del cambio lira euro ecc., il contenuto musicale mi costa meno oggi che nel 1993. Ora cerca nella tua libreria un libro pubblicato nel 1993 che si vendeva allora come oggi, guarda il prezzo di copertina di allora e poi controlla su ibs o feltrinelli quello odierno. Posso sbagliarmi ma dubito che il costo del libro sia diminuito o sia rimasto anche solo comparabile. La differenza nell’andamento dei prezzi di due contenuti se non uguali comunque simili a mio avviso sta tutta nella digitalizzazione. Sull’illegalità e l’iperuranio non posso dilungarmi che ho esaurito le scorte di tempo, però credo che sia proprio considerare il peer to peer nell’iperuranio che fa sì che si continuino ad applicare vecchi modelli di business applicati a vecchi supporti. Il peer to peer, l’illegalità dimostrano soltanto che la distribuzione e la riproduzione del contenuto può avvenire quasi a costo zero. Ora se queste fasi della catena del valore costano così poco mi chiedo quale valore aggiungano realmente le major sul prezzo del bene finale. E’ tale da meritare il 70 per cento ( di cui a quanto mi risulta solo il 12 per cento va all’artista) del prezzo del bene finale (l’altro 30 va al retailer) retailer)?

  • @Emilio
    Sull’illegalità non travisare il mio commento: sono d’accordo con te ma la realtà è, purtroppo, molto diversa.
    BTW Ieri ho ascoltato l’ultima puntata di 2024 su Radio 24 di cui ancora non è disponibile il podcast. La seconda parte della puntata era dedicata agli e-book con ospite Antonio Tombolini di Simplicissimus Book Farm. Tombolini, dopo aver fatto una panoramica sui dispositivi in commercio, è passato a parlare dei contenuti: l’offerta in lingua italiana è pari a zero. Esistono solo libri digitali di opere non coperte da copyright. Per il resto, zero assoluto e questo, ha dichiarato senza mezi termini, per colpa degli editori nostrani che stanno in finestra incapaci di formulare una formula di business nonostante esistan tutti gli strumenti a disposizione. Tombolini ha fatto una ricerchina personale: Ha preso la lista dei dieci libri piu’ venduti al momento in Italia e li ha cercati sulle reti peer to peer. Ne ha trovati sette su dieci. Ancora una volta il mercato “illegale” è avanti al mercato commerciale. La sua conclusione è che gli editori italiani non dovrebbero piangere, anzi, è la dimostrazione che il mercato è maturo e che gli utenti cercano questo prodotto e sarebbero pronti ad acquistarlo se i titoli fossero disponibili. Tombolini pero’ non si illude e prevede che gli editori cadranno con tutti e due i piedi negli errori dei colleghi dell’industria musicale con e-book inizialmente infarciti di DRM che verranno via via abbandonati. Insomma History repeating…
    Ciao

  • Aggiungo una ultima considerazione fatta da Tombolini: secondo lui un prezzo equo per un e-book dovrebbe essere circa un terzo dell’equivalente cartaceo. Anche perchè un utente deve in qualche modo ammortizzare il costo del device di lettura che attualmente non è proprio indifferente.
    Purtroppo per motivi di tempo e per il taglio “light” della trasmissione non hanno approfondito il tema dei DRM e delle licenze d’uso: un libro, una volta letto, lo posso prestare ad un mio amico o rivendere nel mercato dell’usato senza infrangere nessuna legge. Per un e-book la questione non è cosi’ pacifica. Ricordiamo il caso di Amazon che ha “cancellato” un libro digitale dal Kindle dei propri utenti per problemi di copyright sorti a posteriori. Insomma sto e-book è mio o dell’AIE???

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi