Home » Approfondimenti » Attenzione media » Non profit e giornalismo sostenibile
Attenzione media informazione

Non profit e giornalismo sostenibile

La rete crea spazio per diverse dimensioni organizzative in molti settori economici. Compresa la produzione di informazione e il giornalismo. Accanto alle imprese orientate al profitto, piccole e grandi, locali e internazionali, ci sono le microiniziative individuali dei blog, con pubblicità e senza, con molti lettori o con pochi, con una specializzazione settoriale o generalisti. E in questo contesto si è formato, abbastanza naturalmente, lo spazio per il giornalismo non profit, organizzato e collettivo, dotato di risorse economiche ma non votato alla generazione di utili per gli editori. Essenzialmente, l’idea è che se il giornalismo è un servizio alla comunità, allora la comunità può essere interessata a sostenerlo. E in certi casi (ripeto, in certi casi), a sostenere solo l’attività giornalistica, non anche l’attività editoriale.

Se ne parla sempre di più sulla scia delle esperienze di ProPublica e Spot.us. E ne parla per esempio NiemanJournalismLab di Harvard.
Le conseguenze del giornalismo non profit sono piuttosto rilevanti. Non sostitutive del giornalismo for profit e tanto meno sostitutive del giornalismo dei cittadini che operano sui blog e i social network.
In realtà, il non profit è un argomento che riguarda il modo di finanziare inchieste costose o dedicate ad argomenti controversi e delicati. Gli editori, preoccupati dei costi, e i blog, che di costi non ne possono pagare, non sono sempre le strutture giuste per finanziare la ricerca giornalistica. E se poi gli editori sono incentivati a cercare di pubblicare storie che si limitino ad attrarre un grande pubblico alla pubblicità, magari senza dare troppo fastidio ai potenti di turno, l’investimento in ricerca giornalistica assume l’aspetto di una scelta troppo rischiosa. Il non profit in questo senso è una soluzione interessante. Talvolta importante.
Naturalmente, anche in questo caso ci sono dei rischi. Per esempio, il fatto di attrarre l’attenzione di un pubblico potenzialmente finanziatore su una particolare storia, aumenterà nel tempo la propensione a promuovere quella storia con i mezzi classici adottati dai movimenti non profit che sostengono una certa causa. Il rischio è che per attrarre i finanziamenti si usino degli argomenti preconcetti, cioè degli argomenti conosciuti prima di svolgere l’inchiesta giornalistica vera e propria che dovrebbe fare emergere i fatti; oppure che si faccia leva su ideologie, paure, convinzioni religiose. Col rischio di arrivare a risultati giornalistici poco fattuali e poco empirici.
Questo rischio, analogo ai rischi che corrono le attività giornalistiche che soggiacciono alle pur diversissime logiche incentivanti che governano l’attività degli editori e dei blogger, si mitiga soltanto lavorando sulla consapevolezza di ciò che è davvero il giornalismo: un lavoro artigiano, fondamentalmente di ricerca, dotato di un metodo di lavoro orientato alla raccolta e alla verifica dei fatti, con una linea interpretativa esplicita.
Qualunque modello di sostegno all’attività giornalistica, dal for profit editoriale al non profit delle grandi organizzazioni comunitarie al blogging dei cittadini, avrà tanto maggiore successo quanto più sarà consapevole delle qualità fondamentali del metodo giornalistico. Tutte da sviluppare e migliorare, naturalmente. Le comunità sosterranno gli editori, le organizzazioni non profit e i singoli blogger tanto più quanto meglio capiranno come e perché lavorano e quale giornalismo sostengono: in questo senso, il ricorso trasparente e onesto al metodo giornalistico è la motivazione principale, nel lungo termine, della sostenibilità del giornalismo.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

  • Cosa voglio dal giornalista? Non che mi dia le notizie, nude e crude, quelle le trovo ovunque. Voglio che mi aiuti a capire la realtà. Non che mi dica la sua verità, o peggio quella altrui, ma che mi aiuti a capire la mia 🙂

  • d’accordo, ma non parlerei di giornalismo non profit, bensì solo di editoria non profit. il primo è un mestiere, la seconda un’impresa, anche se ad azionariato popolare.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi