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Piattaforme libere

Personalmente ho imparato una cosa nuova dalla vicenda di Georgy, il blogger georgiano che è stato la vittima di un attacco organizzato in modo da mettere in difficoltà il suo blog, il suo twitt e l’intera rete di social network, Twitter in testa.
Ho imparato che chi vuole bloccare la libertà di espressione può fare leva proprio sul principale punto di forza dei social media: il fatto che siano usati da molte persone.
La dinamica, ormai ricostruita, della vicenda. Georgy è il nome di un economista 34enne che vive a Tblisi dove si è rifugiato dopo la guerra dell’Abkhazia. Critico nei confronti del governo russo e del governo georgiano per la conduzione delle conseguenze della guerra di un anno fa, tiene un blog su LiveJournal, un twitt, varie partecipazioni a YouTube, Facebook, Google Blogger. Il suo nickname è Cyxymu. (Che si legge Sukhumi, nome della capitale dell’Abkhazia). È un opinionista che scrive in russo e georgiano, e raccoglie un certo seguito e diventa hub della dissidenza in quella regione. A qualcuno non piace. 
La tecnica utilizzata per impedirgli di scrivere online è attaccare il suo blog e le sue altre partecipazioni ai social media in modo che non solo la sua presenza sia irraggiungibile ma che le intere piattaforme che lo ospitano siano messe fuori uso. L’intento è quello di convincere le piattaforme a impedirgli di continuare a scrivere per salvaguardare le comunicazioni degli altri utenti.
Il ragionamento è sottile. E difficilissimo da smontare. Un dissidente è un eroe o comunque un isolato. E la piattaforma proprietaria che lo ospita pensa ai grandi numeri dei suoi utenti, non ai casi isolati. Ma il fatto che effettivamente una piattaforma come LiveJournal abbia chiuso – temporaneamente – il blog di Georgy lascia pensare che qualcosa non va nella relazione tra social media su piattaforme proprietarie e libertà di espressione.
Non è certo facile trovare una soluzione. Non è soltanto una questione tecnologica. Non basterà sviluppare un comunque non facile sistema per combattere gli attacchi con il metodo del denial of service. Ci vorrebbero piattaforme che danno a ciascuno – anche ai dissidenti isolati – una certa garanzia di poter continuare ad esprimersi indipendentemente dagli interessi degli altri utenti.
Il sistema delle piattaforme integrate private non è la fine dell’evoluzione dei media sociali. Perché questi problemi emergeranno in modo sempre più significativo. Non solo per questioni politiche. Potrebbero essere economiche, ideologiche, religiose, sociali…

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  • Grazie per averci informato su questo ulteriore risvolto della faccenda che non ho visto menzionato altrove.
    In effetti la questione è parecchio complicata, ma trovo abbastanza grave il fatto che abbiano chiuso l’account di questo blogger su LiveJournal, anche se posso capire la paura della piattaforma di essere colpita di nuovo..

  • Ci vorrebbe una piattaforma di social network/media basata sul P2P, una GNUtella dei blog, con gli account criptati, striped e distribuiti. Avevo letto di qualcosa di simile.

  • Oppure, bisognerebbe amplificare queste voci, che da sole possono essere affossate, ma se moltiplicate su diversi network diventantano piú difficili da zittire.
    Il problema allora sará come poter garantire l’integritá dell’informazione, una specie di firma elettronica o di MD5 Checksum rilasciata insieme al post o al tweet…

  • Tutta la vicenda però ha qualcosa di paradossale. Voglio dire, se io fossi nei servizi segreti russi e volessi togliere visibilità ad un pericoloso blogger in grado di influenzare pensieri e azioni di migliaia di lettori, l’ultima cosa che farei sarebbe scaraventarlo sulle prime pagine dei quotidiani e nei titoli di aperutra dei tg di tutto il mondo soprattutto se fino a quel momento la sua popolarità non é proprio quella della Coca Cola e nemmeno quella della cedrata tassoni (per gradire http://bit.ly/A1oGa e http://bit.ly/15UlR2 ). L’effetto che si ottiene con questa brillante strategia è ovviamente opposto a quello desiderato come dimostra la decisione del nostro cyxymu di cominciare ad usare l’inglese nei suoi post (si vedano i commenti qui http://bit.ly/srti0), ampliando enormemente il suo bacino d’utenza potenziale.
    Molto strano poi il fatto che l’attacco si sia abbattuto con più forza sulla pagina twitter di cyxymu visto che lui stesso ci ha dedicato scarsa attenzione negli ultimi mesi: ha creato l’account a dicembre, pubblicando solo 49 tweet complessivi, di cui 17 dopo giovedì e dunque verosimilmente motivati dall’attacco ( http://bit.ly/355amf ). Dei restanti 32 9 sono in inglese e tra questi solo i primi trattano di politica (tra l’altro colpisce il fatto che riportino un episodio simile a quello avvenuto giovedì diretto contro il suo blog). Inoltre non ci sono tweet taggati @cyxymu che risalgano a più di 4 giorni fa (http://bit.ly/eT55V). Non proprio una twitterstar fino alla settimana scorsa. Qualche perplessità la riserva anche il suo account di facebook ( http://bit.ly/ssSU8 ): è stato creato solo il primo luglio di quest’anno, delle 581 “amicizie” che ha oggi circa 530 sono state strette dopo il DDoS attack e sul suo wall solo 17 persone fino al 5 agosto hanno lasciato commenti. Anche in questo caso non si può certo dire che fosse un pericoloso capopolo, almeno fino a quattro giorni fa. Ora che i servizi segreti russi o chi per essi realizzino un attacco tale da mandare ko twitter (e cerchino apparantemente di fare lo stesso con facebook) per far tacere un utente che utilizza scarsamente quel servizio e che su quella piattaforma ha uno scarsissimo seguito mi sembra poco credibile. Sarebbe un ottimo metodo per farsi una pessima pubblicità, cosa questa che in effetti non li spaventerà granchè, e soprattutto per riportare l’attenzione su un conflitto che berlusconi terrà anche a ricordare ( http://bit.ly/tmsuK ) ma i russi molto meno. Ora non credo sia in dubbio la buona fede del blogger cyxymu però far apparire un attacco con motivazioni politiche un’azione intrapresa con altre finalità (magari economiche) può rappresentare un buon diversivo per mandanti desiderosi di rimanere anonimi. Se cyxymu fosse stato usato come specchietto per le allodole una domanda sorgerebbe spontanea: chi ci guadagnerebbe a spegnere twitter? Nel cercare la risposta si è fatto largo nella mia testa un pensiero umoristico-dietrologico legato ad un post letto su questo blog a proposito della digital sky technologies (http://bit.ly/DULC3 )…e chi per primo ha annunciato che effettivamente l’attacco era diretto verso cyxymu?

  • Like a @Giorgio qui sopra (per la prima parte almeno). Ho sempre pensato che la forza della rete sia il suo potere di distribuzione, una capacità di propagare contenuti che va oltre il singolo sito/piattaforma.
    Mentre Twitter era giù e Facebook pure ci siamo forse sconnessi? No, chiacchieravamo su FriendFeed, scrivevamo sui nostri blog e raccontavamo (con molta fantasia) che TW e FB erano giù.. Non mi aspetto che parlare di Cyxymu risolva i suoi problemi (o forse sì, magari qualcuno più illuminato di me..), ma se gli stessi fossero ovunque, oltre il normale network di socialcosi che ognuno di noi ha, forse funzionerebbe.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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