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Il vestito e il nome

Orientalia4all si chiede se cambiare il template del suo blog e forse anche il nome. E chiaramente qualunque persona di buon senso le dirà che può benissimo cambiare vestito, ma che rischierebbe molto a cambiare nome.

Il cambiamento del vestito è parte del frame tipico del mondo della comunicazione. E’ visto come un rinnovamento che innalza l’attenzione, risponde a esigenze innovative di interfacciamento con gli utenti, offre nuove opportunità comunicative. L’interfaccia non solo collega un contenuto al suo utente, ma suggerisce in un certo senso un modo di interpretare quel collegamento. Uno spazio in un certo senso chiede di essere riempito. Un vestito chiede di essere indossato e le sue tasche chiedono di essere conosciute.

Il nome è un’altra cosa. E’ l’identità. Un blog che cambia nome è un blog che ricomicia da capo. E proprio per questo sfida chi lo scrive a verificare se sia la sua persona o il suo prodotto a contare nell’interazione con il suo pubblico.

In entrambi i casi, quello più ambizioso e quello più tradizionale, il cambiamento strutturale del blog è un momento in cui la persona si riappropria del suo prodotto, invece di lasciarsi condurre dalle scelte operate in passato. Si riappropria e riconfigura la visione e il progetto di ciò che vuole fare con il blog. E’ un grande momento.

5 Commenti

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  • Bisognerebbe però capire cos’è esattamente l’identità, in questo caso.
    La mia identità informatica è “.mau.” con i puntini prima e dopo, è quella da una ventina d’anni, e sicuramente cambiare quel nome non sarebbe molto diverso da cambiare il mio vero nome-e-cognome. Però non so quanti si ricordino che il mio blog è Notiziole di .mau., e che succederebbe se lo rinominassi “tuttologia di .mau.”… Il tutto tralasciando che i lettori abituali probabilmente usano un feed RSS, e quindi continuerebbero a vedere lo stesso flusso. Non è neppur detto che si accorgano del cambio di nome 🙂

  • caro Luca, hai senz’altro ragione su tutto. Ma non hai cambiato anche tu il nome del tuo blog? Sbaglio o si chiamava Braudel, aveva la tua foto a sinistra e il sottotitolo in italiano? I colori e lo stile erano gli stessi, ma c’era un solo menu a sinistra ed era tutto un po’ più, come dire, casareccio. Io ero molto affezionata al tuo Braudel. Questo è molto bello e molto professionale, ma a me manca la tua foto. Mi faceva piacere vederti, come se fra me e te ci fosse un dialogo di persona.
    Ecco, ho questa esigenza anche io: cambiare layout e cambiare nome, accorciarlo (Orientalia) e aggiungerci il mio. Lasciando la grafica essenziale e cambiando o togliendo l’header, lasciando magari la foto.
    In effetti è vero quando dici che è un momento importante e ci penso ci penso, e non so decidermi. (E oltre tutto, non trovo chi me lo fa..)

  • Cambiare template ha lo stesso significato di un taglio di capelli più che di quello di un cambio d’abito. Il template del blog ci rispecchia in pieno e se non ci riconosciamo più in lui è meglio cambiarlo.
    Per quanto riguarda il nome invece il cambiamento è delicato: credo che l’importante non stravolgerlo e ssere sempre riconoscibili

  • Se non sei più riconoscibile, lo straniemento sarebbe per l’autore o il lettore? Tutto può e deve cambiare se necessario, la storia si costruisce più nel presente. Il concetto di stabilità nasce per semplificare l’acquisto nel largo consumo despecializzato e la perdita di fiducia che consegue dall’atto autonomo di scelta su uno scaffale.
    I paradigmi originari del branding di prodotti degli anni ottanta sembrano quindi avverati tra persone qui. Non credo proprio, gli oneri sono diversi come gli scopi.
    Se cambi mille nomi nello stesso luogo sarai un’identità poliedrica in progress, fissa nel cambiamento. Un brand non lo potrebbe fare perché il nome viene prima dello spazio fisico dove è inserito, anche se lo spazio è virtuale.
    Se una persona non cambia niente, neanche il proprio abito per dirla metaforicamente e cambia spazio, devi rifare tutto da capo e è nuovo se vuole. Si vive anche come nuovo. Un brand nelle stesse condizioni sarebbe molta più storia che novità, storia del suo consumo. Una persona con ampia notorietà si avvicina alle regole delle marche.
    Tutte le altre si dovrebbero comportare per come casi rari sono vincolati a fare? Non credo, perché prendere per buoni solo quelli che sono limiti dei grandi.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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