Home » informazione » Save the media: uhmm
informazione

Save the media: uhmm

Save the media offre l’ennesima riflessione in materia di crisi dell’editoria e salvataggio dei giornali.

Dice:
1. il pubblico di massa è scomparso
2. il prodotto dei siti dei giornali non è il notiziario

Uhmm..

Dice Save the media che i giornali non vendono i notiziari, vendono la pubblicità. E la comodità di trovare cose che interessano nella vita quotidiana. Come tutti i link alle offerte speciali, alle altre persone, alle idee su quello che si può fare la sera…

Se ha ragione Save the media, se è vero che le persone comprano i giornali per queste cose e non per i notiziari, allora per i giornali non c’è più niente da fare. Perché il web è molto più efficiente a generare collegamenti pratici e non ha bisogno di loro per farli trovare. Imho.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

  • Il pubblico di massa è scomparso? Mah, è come dire che non esistono più i consumatori perché tutti siamo consumatori. O meglio, non esistono più i lettori perché tutti siamo lettori.
    Proviamo a cambiare prospettiva.
    Personalmente mi pare che quando ho un giornale di carta tra le mani ne traggo solo un valore d’uso, mentre con i siti online mi sembra di scorgere un modello che nel futuro si baserà più sul valore di scambio. Ancora non comprendo bene cosa io possa dare con le mie limitate capacità, ma se ognuno conferirà quello che potrà sappiamo bene a quali risultati mirare con l’effetto rete. Auspico che uno scenario di questo tipo possa essere approfondito.

  • Applica chiaramente il modello teorico che presuppone la segmentazione per benefici ricercati, omologato ai convenience good dei beni di largo consumo, dove la percezione del valore è massima nelle capacità di servizio, in particolare nei consumi time saving, dove la convenienza è nel risparmio di tempo.
    Il guaio è che per un editore, per quanto possa innovare nei servizi, è impraticabile valorizzare l’offerta come fa un maga center della GDO. Sposta la logica dell’one-stop shop da determinati concept store all’on line, senza rendersi conto che c’è un abisso tra atomi e bit. Non considerando che nell’ICT quando quel modello funziona, the winner take all.
    La premessa che tutti i segmenti siano poi distinguibili e non sovrapponibili alla meglio comporta un costo di profiling esorbitante. Una leggenda del marketing insomma.
    Quando sostiene che la missione dell’editore dovrebbe esser quella di semplificare la ricerca è diverso, se inteso come ricerca informativa.
    Questo significerebbe dotare l’infrastruttura editoriale di strumenti di data mining o gli autori. Altro che guerra sui contratti poi.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi