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Ammirazion che a tutti inglesi ammirati, ammirar perdona

Chissà perché. Noi italiani troviamo spesso modo di dichiarare la nostra ammirazione per gli inglesi. Eppure in Gran Bretagna non perdono occasione per dimostrare che non ricambiano.

Si ricorda ai tempi dell’elezione del presidente della Commissione europea quale anno fa, quando l’Economist riportava che tutti i candidati avevano qualcosa da farsi perdonare. Tra questi candidati c’era anche Prodi. E che cosa c’era che non andava in Prodi? Che era italiano…

Di questi tempi gli italiani non fanno mancare gli argomenti per l’anti-italianismo britannico. Oggi il Guardian attacca così il suo pezzo sulla visita di Gheddafi.

“One of them likes to call himself an “emancipator of women”. The other
likes women to call him “papi”. So when two of the world’s most
flamboyant and eccentric politicians – the Libyan leader, Colonel
Muammar Gaddafi, and Italy‘s prime minister, Silvio Berlusconi – met yesterday in Rome, women figured large”.

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  • Eh beh, certo che se Berlusconi la butta in diplomazia…
    ma che perfidi questi inglesi…
    e dire che c’è chi sostiene la sua candidatura a premio nobel per la pace 2010 (rimbalzato anche su NYT 3 giugno http://urlcut.com/1rpql)…

  • [@marco, a quale articolo ti riferisci di preciso? Quello della Donadio di questa settimana?]
    Il punto, però, mi sembra un altro
    (il NYT non è ‘Vangelo’ e neanche the “Guardian” ben inteso). Da un lato bisogna ammettere che visti da occhi anglosassoni i due istrioni non danno propriamente l’idea di due ‘ordinari’ uomini di stato. Qualche anomalia ‘concettuale’, per l’inglese medio, vogliamo dire che la rappresentano entrambi? E la foto sulla giacca di Gheddafi? Non discuto la condanna delle atrocità e delle ingiustizie perpetrate ai danni della Libia. Però, honestly, si può almeno nutrire qualche dubbio sul fatto che qualsiasi altro leader (francese, inglese, americano, tedesco) avrebbe accettato con leggerezza di imbastire tutto quel cerimoniale. Per non dire della questione delle 700 donne (e quanti cammelli? vien da dire). Punto. (non è questo il discorso che voglio affrontare).
    Diciamo pure che è nell’interesse dell’Italia avere rapporti distesi nel mediterraneo, e aggiungiamo anche che gli inglesi su certe italiche scivolate nel grottesco ci marciano (oddio, abitassero le nostre sponde, invece di affacciarsi sul Mare del Nord, avrebbero meno puzza sotto il naso anche loro…). E chi, però, se non la stampa italiana, fa rimbalzare i toni di scherno di quella anglosassone, senza interporre grandi commenti, tanto che a volte pare di leggere solo un vago compiacimento, (sai che fatica…). Fra tutte, la cosa che più mi adombra è che NYT e Guardian, come le testate italiane posano raramente lo sguardo sull’universo giovanile italiano con occhio genuinamente curioso. E finiscono per parlare a ruota libera solo di ciò che si vede in alto da sempre a occhio nudo, e fin troppo bene. I giovani e i giovanissimi hanno bisogno di riaggregarsi intorno a valori e progetti e di confrontarsi con i coetanei d’oltralpe e d’oltre oceano senza eccessivo ingombro di certi retaggi. Invece di restare discorsivamente incollata ai palazzi della Politica e della Magistratura anche la stampa straniera, come quella italiana, potrebbero in parte cominciare a leggere qualche altra Italia, che, timidamente, e non sempre al centro della scena, comincia a pulsare. Anche qui, sembra pagare di più (per quanto?) raccontare la stessa storia. Divago un po’: lo si fa con la famiglia, per esempio, e con la gioventù dipinta come eterna mammona. Lo nota con qualche rammarico Pandemia, a proposito di una trasmissione di France 2 (http://www.lucaconti.it/2009/06/04/limmagine-dellitalia-allestero/ e concordo nello specifico. Interessante comunque lo speciale. Fa riflettere. I Francesi, almeno, non nascondono una certa ammirazione/invidia per gli Italiani: “eppure reggono e, anzi, esportano persino più di noi”.
    Luoghi comuni? Naturale che la scelta di immagini e tema musicale possa imprimere a un servizio un taglio piuttosto che un altro.
    E allora, è banale dirlo, ma lo dico. Non c’è un’Italia sola e neanche una sola Inghilterra. E chi ne scrive, dall’Italia, dal Regno Unito o da altrove, credo farebbe bene ad abbandonare un po’ la ricerca di conferme alle proprie certezze. Credo sarebbe un esercizio salutare.
    Berlusconi a parte.

  • No, quello di Timothy Egan di due giorni fa. Certo che fa un po’ ridere questa sollevazione contro Gheddafi, che dittatore lo è dal 1970.. e tutto perchè si è accordato con Maroni per dare attuazione al trattato firmato da Prodi. Ci sarebbe da invocare Gaber e le sue vacche volanti bombardiere di…
    A proposito, che mi dite del 62 e rotti in Iran ? Risultati della politica di dialogo, verrebbe da dire. Aspettiamo il buffone che dice che così si arginata la valanga perchè puntava al 65 per cento. Dove sono le vacche volonti ???? Che il codice sia “Onnipotente” ?

  • Trovo sbagliato parlare di un atteggiamento univoco della stampa inglese verso l’Italia e verso il suo presidente del consiglio.
    I giornalisti del Times, del Guardian, del NYT o altro sono uomini indipendenti ognuno con la sua coscienza e le sue opinioni. Non c’e’ una regia che impone ai giornalisti inglesi di vedere l’Italia in un certo modo. Ogni giornalista la osserva (piu’ o meno bene) e la racconta per quello che osserva e secondo le sue sensibilita’.
    Gheddafi e’ senz’altro odiato dagli Inglesi perche’ ha finanziato l’IRA e perche’ ha ucciso in un atentato terroristico piu’ di 200 cittadini innocenti a Lockerbie.
    Per quanto riguarda Berlusconi e le sue vicende politiche, va notato che gli Inglesi hanno un maggior rispetto della forma ed una minore tolleranza per la corruzione degli Italiani dell’era Berlusconiana.
    Basta pensare a come gli elettori Inglesi hanno punito il loro primo ministro Gordon Brown alle recenti elezioni Europee per uno scandalo di conti-spese gonfiate da parlamentari e ministri Inglesi. In Italia, un politico Italiano, per una viceda simile, non arrossirebbe neppure.

  • “I giornalisti del Times, del Guardian, del NYT o altro sono uomini indipendenti ognuno con la sua coscienza e le sue opinioni. Non c’e’ una regia che impone ai giornalisti inglesi di vedere l’Italia in un certo modo. Ogni giornalista la osserva (piu’ o meno bene) e la racconta per quello che osserva e secondo le sue sensibilita’.”
    Assolutamnente, anche quelli di Canale5, di Rai1 e Rai2, di Rete4, del Giornale, del Tempo, di Panorama, etc. Non capisco che problemi vi facciate.

  • Magari ci fosse una regia infatti. Quella che si cerca di far credere con rimasugli di pensiero primitivo, che tutto è finalizzato e c’è sempre qualcuno come artefice. Dio ormai è profano ma non è mai morto.

  • Non mi pare si sia detto qui che i giornalisti inglesi sono manovrati dall’alto. Se qualcuno ha dedotto questo da ciò che ho scritto io, mi sono spiegata molto male. Beh posto che coscienza, sensibilità individuale, indipendenza di giudizio sono connaturate al giornalismo, diciamo che tutti i suoi esponenti ne sono dotati. Osservo comunque che con la comparsa di Berlusconi si moltiplicano le incursioni critiche negative in direzione della cultura del Bel paese e Aldo De Rossi fornisce la sua cornice esplicativa, e Marco la sua, e io la mia, ecc. Variamente fondate e motivate le critiche alla cultura italiana, d’accordo. La tesi però (ovviamente confutabile) può essere che resti in tutto ciò un certo grado di inevitabilità che attiene a una ciclicità intrinseca, sistemica? In altri termini Berlusconi ne sarebbe solo il veicolo – per certuni più ingombrante che per altri – storicamente specifico. Estremizzando l’ipotesi di De Biase, l’ammirazione potrebbe dirsi l’altra faccia della denigrazione, come se la la cultura italiana e quella anglosassone vivessero una complementarità che presuppone ruoli sostanzialmente immodificabili senza stravolgere l’equilibrio della relazione. L’intento mio – certo maldestro – era cercare di capire cosa possa spezzare la quota di ‘incantesimo’, se c’è, quando c’è (e un po’ forse c’è in certe ondate parossistiche di attacco alla ‘nostra’ cultura). Insomma, non si trattava proprio di difendere o attaccare Berlusconi, per la cui longevità politica ognuno ha le proprie tesi, ma di provare anche a esulare da lui. Ammetto di aver attaccato per prima con la questione del premio nobel per la pace, ma solo per sottolineare la varietà di opinioni…
    E con riferimento al NYT vado subito a tentare di confutare la tesi sopra rimandando a questo articolo del 12 giugno http://www.nytimes.com/2009/06/12/world/europe/12venice.html?_r=1&scp=2&sq=Cacciari%20AND%20Venice&st=cse . Parla di Venezia e della campagna Veritas sull’acqua del sindaco. Cacciari non si può certo dire un giovanissmo, però pare creativo.
    Ecco, trovo sia un bene che i giornalisti, gli stranieri come gli italiani, tengano aperto lo sguardo sull’Italia tutta, trasversalemente, decentrando un po’ l’attenzione. Merito certo anche degli uffici stampa italiani, se si diramerà dal nostro paese anche qualche rappresentazione non funesta e non iperbolica, che però ‘tenda a’ liberarci dal binario ‘geniacci-miracolisti’ / ‘mascalzoni, corruttori, pre-mafiosi’. Così, per discorrere.

  • tamara,
    sono d’accordo ad immaginare un’Italia oltre aBerlusconi (indipendentemente da cio’ che si pensi di lui in negativo o in positivo).
    Per quanto mi riguarda da piu’ di un anno tengo un blog personale che si occupa anche di affari correnti. Nel blog ho pubblicato piu’ di 500 articoli. Essi potranno piacere o meno, ma non nominano Berlusconi nemmeno una volta. Cio’ dimostra che si puo’ vivere e parlare di qualcosa senza dover per forza parlare di lui.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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