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Pcc: pc cinesi col filtro

Un dispaccio dell’agenzia Asca e un pezzo del Wall Street Journal segnalano: il governo cinese ha deciso che dal 1° luglio tutti i pc venduti in Cina dovranno essere dotati di un sistema che blocchi l’accesso ad alcuni siti web.

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  • Spiace (?) dirlo, ma lo si era scritto due anni fa che stava arrivando. E qui il fatto di usare Linux aiuta, molto.

  • Un’altra dimostrazione in cui si può notare come l’azione di controllo del governo cinese è sempre più diversificata (http://ingigi.blogspot.com/2008/12/cos-il.html), è bene tuttavia ricordare che il “vero” motivo (se preferite, il pretesto) della scelta del filtro in questione è atta a rafforzare la famosa “campagna anti-volgarità”. Mi domando: se anche in Europa si pensasse a qualcosa del genere? L’ipotesi non mi sembra remota, ma sarà interessante notare la risposta di Dell e compagnia bella.
    Nonostante uno scenario così tetro le dinamiche del Web cinese sono interessanti anche perché, grazie al web pare, rimanga qualcosa in cui sperare (http://rconversation.blogs.com/rconversation/2009/06/is-the-global-network-initiative-making-a-difference.html)

  • ..uhm… e se i siti cambiassaro indirizzo? poi non credo sia così difficile disintallare gli spyware dal prorprio pc. cmq la cina di questo passo diventerà sempre di più il mega-laboratorio degli hacker..

  • Per quanto sinistra possa sembrare questa scelta. Dalla Cina si pensa che il software in questione si rivelerà un fallimento. A tal proposito ricordo il mancato succusso di regolamentare l’accesso ai siti di video game negli internet cafè.

  • Sicuro sicuro ? Non sono spyware software, è un chip sulla motherboard, un firewall hardware. E magari con una chiave criptata per cui se tenti di bypassarlo con pienze e saldatore avverte la polizia politica. Quanto agli hacker, immagina se preso uno lo impiccano in piazza: quanti pensi continuerebbero ? La Cina è un immenso campo di concentramento. Senza tecnologia, il partito arrivava al 60 per cento usando i figli per spiare padri etc. Ora arriva al 90 per cento e ha una paura fottuta perchè sa come sta (guarda Fulan Gong). La verità, che tutti fanno finta di non sapere è che la Cina non è un capitalismo di stato (magari), ma un capitalismo di partito. C’è una differenza fondamentale.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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