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Cambiare il mondo – Innovatori cercansi / 4

L’innovazione nasce quasi sempre da un atto di ribellione. Ma una ribellione non è quasi mai un’innovazione.

Che cosa fa la differenza? La qualità intellettuale del progetto che trasforma il gesto ribelle in un processo abbastanza ampio e profondo, abbastanza coinvolgente, da essere capace di generare conseguenze di lunga durata.

L’innovazione nasce da un pensiero spiazzante e cresce solo se viene compresa e accolta dal contesto. Le coordinate con le quali il contesto comprende un’innovazione sono culturali, sociali, economiche, tecnologiche, ecologiche.

Il processo “rivoluzionario”, il processo che cambia il mondo, avviene nelle profondità del sistema e coinvolge l’ecosistema. Spesso è portato avanti da persone appassionate della loro idea più che orientate a raccontarla. Ma l’equilibrio è difficile da trovare. Perché se al contrario l’innovatore si concentra solo sul suo stesso racconto e punta tutto sulla generazione di consenso… se nel tentativo di farsi comprendere e accettare, perde la sua freschezza e la sua forza ribelle, allora si trasforma in mera comunicazione.

Ma gli argomenti sono molti. Come dimostra la quantità di persone che hanno segnalato idee, osservazioni, esperienze, nei commenti ai post precedenti.

Andiamo avanti. Certo, il mezzo del blog non è il migliore per arrivare a una raccolta ordinata di contributi. Si cercherà di lavorarci… Ma andiamo avanti… Le notizie che possono essere condivise sono le benvenute.

I post precedenti:
Cambiare il mondo / 3
Cambiare il mondo / 2
Cambiare il mondo / 1
Innovatori cercasi

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Link:
Associazione innovatori
Innov’azione
Lobby innovazione
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Ecco una raccolta di commenti ai post precedenti:

se
ti interessa l’innovazione nell’ambito dell’impresa sociale a settembre
organizziamo un workshop sul tema.. materiali e info su
www.irisnetwork.it, ciao

Gentile Luca,
Il tuo post mi ha fatto molto piacere.
Ti racconto volentieri in maniera stringata la mia esperienza all’estero, e perché mi considero un innovatore.
Dopo gli studi ho lavorato per due anni a Milano nel settore della CSR
-responsabilità sociale d’impresa. Ho trovato il lavoro a Milano
interessante, stimolante… ma non abbastanza.
La mia curiosità mi ha spinto a cercare di studiare di piu’ e imparare
un approccio più “radicale” per lo sviluppo sostenibile. Ho studiato
allora in Svezia ad un master in leadership per la sostenibilità. Non
solo insegnava le basi scientifiche, ma anche un approccio totalmente
diverso alla partecipazione democratica nelle scelte che riguardano la
collettività (ah, il modello svedese, quanto lo amo!)
Ora sono a Londra come consulente freelancer. Per me l’innovazione sta
non solo nelle tecnologie, ma nel ridiscutere il paradigma dominante.
Guarda in giro: siamo circondati di vecchi paradigmi che crollano. La
stessa teoria economica di 200 anni fa porta avanti l’economia. Libero
mercato, illimitatezza delle risorse naturali, nessuna
esternalizzazione dei costi ambientali. E guarda le catastrofi che
queste teorie economiche comportano.
Lo stesso puo’ dirsi delle democrazie. Abbiamo veramente bisogno di
innovazioni radicali, ridiscutere in toto il paradigma dominante.
Io sento che non potrei, almeno adesso, lavorare in Italia con le mie idee. Mi taglierebbero le gambe subito.

“Per cambiare qualcosa, costruisci un nuovo modello che renda l’attuale obsoleto” Bucky Fuller.
Mi farebbe piacere continuare e approfondire.
http://eccemarco.splinder.com/post/20383230/and+then+i%27ll+open+it+up+to+yo
Until then,
marco

Io
segnalo Kublai (http://progettokublai.ning.com/): una rete pensata per
fare emergere e sviluppare progetti creativi che abbiano un impatto in
termini di sviluppo locale fino a portarli a potersi concretamente
realizzare, e che, surprise surprise, vede come innovatori “uomini
pubblici”: dietro Kublai c’e’ infatti il Laboratorio per le politiche
di sviluppo del Ministero dello Sviluppo Economico.

Ho
raccolto tutti i libri che trattano di approccio all’innovazione,
evoluzione tecnologica ed anche le complesse dinamiche psicologiche
della pulsione al cambiamento creativo ed all’evoluzione:

http://innoinspiration.blogspot.com/

Mi
auto segnalo. Da almeno 10 anni lavoro sui temi dell’innovazione sia in
ambito accademico che professionale. Con altri colleghi stiamo
lavorando sull’ “innovare il fare innovazione”. In altre parole
consideriamo l’innovazione dal punto di vista non dei
risultati/prodotti ma da quello organizzativo (quali sono le
condizioni, i contesti, i modelli organizzativi, i processi che possono
sostenere e favorire l’innovazione).
L’idea di fondo è che l’innovazione è generazione di nuova conoscenza,
e che per generare nuova conoscenza bisogna prima di tutto attivare
percorsi di evoluzione/trasformazione nel soggetto “innovatore”. Perchè
mai dovrebbe risultare qualcosa di nuovo da un soggetto che è rimasto
sostanzialmente uguale a sè stesso? Il problema generale
dell’innovazione è proprio questo: si vogliono fare cose nuove senza
essere disponibili a cambiare prima di tutto dentro sè stessi. Ma è
possibile “cambiare noi stessi”? Come possiamo evolvere/trasformarci in
qualcosa di diverso? Per chi fosse interessato all’argomento segnalo un
mio recente articolo che racconta la storia di un interessante progetto
sperimentale (innovazione organizzativa, innovazione esplorativa) da me
condotto per ST Microelectronics: è pubblicato sulla rivista Sistemi
& Impresa, Este Edizioni. E’ in due puntate (numeri di Marzo e
Aprile 2009).

Mi
autosegnalo. Da dieci anni lavoro sul tema dell’innovazione sia in
ambito professionale che accademico. In particolare mi occupo dell’
innovare il “fare innovazione”. La questione è questa: cambia la natura
dell’innovazione necessaria (da incrementale a radicale, da semplice a
sistemica/multi tech), devono cambiare le modalità per farla. Non solo:
sempre meno si può innovare “da soli” (l’innovazione è sempre più un
fatto collaborativa, perchè le competenze da mettere in gioco si fanno
sempre più numerose).
L’idea di fondo che stiamo sviluppando è che l’innovazione
organizzativa precede sempre l’innovazione di prodotto/di processo/di
business. In parole più semplici la nostra tesi è che solo un “nuovo
soggetto” può produrre qualcosa di realmente nuovo. Ma possiamo
diventare “nuovi”? Come possiamo trasformarci/evolvere in qualcosa di
diverso?
Ti segnalo un mio recente articolo che racconta la storia di un
interessante progetto sperimentale (innovazione
organizzativa/innovazione esplorativa)da me condotto per ST
Microelectronics. Il titolo è “Entrare in nuovi mercati attraverso
l’innovazione”, pubblicato in due puntate (Marzo e Aprile 2009) sulla
rivista Sistemi & Impresa, Este Edizioni.

Eccoci qui.

Ci venga a trovare.

Innovatori Europei

ti segnalo un progetto che conosci bene e di cui avrei voluto anche parlarti meglio. http://www.workingcapital.telecomitalia.it
http://www.workingcapitalcamp.com/
lo stiamo costruendo con gianluca (dettori) e ci ha fatto incontrare
molti innovatori – il barcamp a catania è stata una esperienza
notevole, nicola mattina può raccontarti in dettaglio. poi gianluca ed
io abbiamo parlato con un genio di 20 anni che ci ha spiegato la sua
idea e siamo rimast senza parole. la vera innovazione è spiazzante.

Come
non citare H-Farm esempio di eccellenza e innovazione ,con tutte le sue
realtà e la nuova start up, di cui faccio parte, UannaBe.
Se vuole maggiori informazioni, ci contatti pure…

dai, pecco un po’ di immodestia 🙂

innovatori? RomaEuropaFAKEFactory!
http://www.romaeuropa.org

un concorso creato detournando un altro concorso, per criticarne l’approccio alla proprietà intellettuale.

Il
FAKEFactory, presentato in senato il 20 Marzo 2009, è diventato un
evento ufficiale dell’anno della creatività e dell’innovazione della
comunità europea e, adesso, si accinge a diventare lo stimolo che
porterà alla creazione di un tavolo per le culture digitali presso la
commissione cultura del senato.

In
tutto questo, l’ecosistema che si è creato attorno al concorso si è
autonomamente attivato a sperimentare diversi modelli economici basati
sulla rete, per la gioia degli oramai 70+ partner a livello globale.

A maggio un grande evento a Roma, e a Ottobre un evento in contemporanea tra Roma, Londra e New York.

Nel frattempo il concorso “originario” ha cambiato la sua policy sul diritto d’autore 🙂

per
chi fosse interessato: il concorso ha anche una sezione assai
particolare, quella della “Law Art”. In questa, avvocati, giuristi e
appassionati di proprietà intellettuale sono invitati a realizzare
opere creative remixando testi giuridici, col fine di creare la “legge
perfetta” sul diritto d’autore. 🙂

innovate! ciaociao

Ciao
Luca, mi permetto di segnalarti il nuovo sito che abbiamo ideato per
l’agenzia di comunicazione di cui sono direttore creativo associato
interactive, si tratta del primo esempio italiano dell’utilizzo di
Facebook Connect per il sito di un agenzia di comunicazione
relazionale. Sul nostro canale youtube, anch’esso accessibile dal sito,
troverai inoltre alcune case history video di progetti di comunicazione
innovativi ideati e realizzati per i nostri clienti negli ultimi 3
anni. Tra questi c’è il primo esempio di viral marketing italiano che
abbiamo ideato per il brand Simmenthal, il blog più alto del mondo
tenuto in tempo reale dall’alpinista estremo Simone Moro durante le sue
missioni over 8000 ideato per Canon, le prime operazioni italiane
social media su MySpace per Regione Trentino e Sony Ericsson, il primo
facebook social game italiano per Wilkinson, la prima “asta creativa”
su eBay e molti altri. Alcune di queste operazioni hanno anche ottenuto
riconoscimenti a concorsi creativi internazionali come il New York
Festivals ma purtoppo non hanno avuto visibilità oltre i canali
mediatici di settore. Nel nostro ambito speriamo dunque di aver portato
innovazione e ogni giorno cerchiamo di portare la comunicazione e la
creatività italiana un passo oltre.

ecco i link:
www.rmgconnect.it
www.youtube.com/rmgconnectitalia

Vorrei commentare due cose veloci:

1.
Suggerisco ai tanti che segnalano le loro iniziative “innovative” di
non essere troppo “markettari”. Da lettore interessato alla
conversazione mi sto scocciando, e purtroppo ottenete l’effetto di
scacciarmi dai vostri URL 🙂

2.
Luca, la conversazione ha bisogno di essere organizzata in qualche
modo. Immagino che per il momento tu ti stia limitando a riportare
quanto detto finora (che è già utile, piuttosto che spulciarsi
tre/quattro post), ma secondo me, per non “sprecare” questa energia che
si è creata, dovrei darti subito da fare per canalizzare tutto in un
modo più… organico.

3.
Se fate il “solito” evento a Milano per parlarne, fate in modo che ci
sia davvero modo di partecipare anche online… (oppure fatelo il 7
maggio sera, così ci sono anche io :-P).

c’è il 21 con l’ExperienceCamp e il 22 e il 23 Maggio come occasioni utile per fare il ‘solito’ evento…

E’ bellissimo perchè sembriamo tutti alla ricerca del Santo Graal.
Alcuni di noi si sentono perfino una sorta di Templari, io per primo, ben inteso!
Ma
se alla fine riflettiamo senza tentare di dimostrare che l’attività di
business che stiamo svolgendo è “In-Nova Compliant” bensì crediamo
semplicemente che il mondo non debba adeguarsi eternamente a certe
regole, usi e costumi che non sempre hanno creato valore ma in certi
casi hanno generato catastrofi (banalmente, il periodo di emme che
stiamo vivendo ora), allora molte idee che fino ad oggi rimangono nella
sfera dell’eresia, potrebbero finalmente concretizzarsi e migliorare
certamente molti aspetti della nostra vita quotidiana. Chi ad esempio
non crede che certe aree della nostra penisola siano tenute volutamente
oscurate dalla banda larga con fini ben precisi? Provate ad uscire dai
grandi centri urbani e dalle aree industriali e provate ad utilizzare i
vostri strumenti per accedere alla Rete. Riscoprirete il fascino di
navigare solo su siti web puramente testuali. Innovare significa in
questo caso abbattare definitivamente il digital divide attingendo
senza remore a tutte le risorse già ampiamente testate e pronte
all’uso. Peccato che in virtù dei costi di struttura che nessuno
vorrebbe assumersi, ci sia ancora tanta gente che viene tenuta lontana
da questo blog e dai miliardi di informazioni in Rete.
Innovare
significa non temere ripercussioni del mondo finanziario qualora una
scoperta possa migliorare la qualità della vita: le auto elettriche o a
idrogeno, progetti rigorosamente rallentati per non stravolgere
delicatissimi equilibri di cui tutti siamo ben consci.
Innovare
significa anche cambiare le proprie abitudini e lasciarsi aiutare senza
grandi esitazioni dalla tecnologia: la video conference è un esempio su
tutti. Vogliamo provare a mettere insieme il valore economico di un
solo giorno di trasporto nel mondo per recarsi ad appuntamenti/riunioni
fuori sede? Della video conferenza si parla da tanti anni ma assistiamo
inermi ad uno scarso utilizzo.
Innovare vuol dire anche cambiare i
paradigmi di comunicazione e avere il coraggio, ad esempio, di
confrontarsi con il pubblico in maniera aperta; aprirsi ai suggerimenti
dei consumatori, accettare le critiche come se fossero parte integrante
al costante miglioramento del prodotto. Neanche l’interattività di
Internet ad oggi è stata al centro di questo cambiamento epocale.
Insomma,
per innovare in prima istanza occorre una predisposizione personale ad
accettare grandi trasformazioni e grandi cambiamenti di abitudini
consolidate… essere innovatore, innovabile o già innovato fa parte di
uno stile di vita… chi vuole appartenervi?

H-Farm
è una realtà innovatva ve sè stessa, che ha l’obiettivo di scovare idee
innovative per aiutarle a svilupparsi e produrre nuovi business.

Luca,
secondo
me potresti organizzare una cosa del genere: un “evento” online, della
durata di due ore, su Friendfeed/twitter, dedicato ad una discussione
sull’innovazione in Italia.
Primo, sarebbe un buon segno per dimostrare che si parla di innovazione… facendo innovazione 🙂
Secondo, potresti raccogliere molti contributi da gente diversa.
Terzo:
sarebbe ottimo creare un evento parallelo, o successivo, in lingua
inglese, coinvolgendo persone anche al di fuori della ristretta cerchia
italiana.

Ultimo
breve commento: sono stufo di sentire persone che si chiedono “dov’è
l’innovazione in Italia”? L’innovazione c’è sicuramente, il problema è
che semmai non ha gli strumenti per essere realizzata. Lo dimostra
l’alta considerazione che all’estero hanno di noi, sia tecnicamente che
in termini di inventiva e iniziativa.

Fammi sapere se l’idea dell’evento online ti sembra intelligente.
Ripeto questo commento sul mio blog, spero porti qualche visita e contributo in più 🙂

Bella
l’idea di un incontro! Sarebbe interessante creare un evento “aperitivo
innovativo” dove persone interessate ad esserlo ne incontrano altre e
ne discutono. L’evento potrebbe essere trasmesso in streaming, con un
sistema di chat o FriendFeed per le persone che lo vogliono seguire da
casa.

(2gg fa si è
verificato la stessa cosa ad un lancio di un portale tripwolf a cui ho
partecipato, ma la cosa è stata involontaria)

che ne pensate?

Credo che quela di Simone sia un’idea bellissima e con molte potenzialita’.

Sono
d’accordo con chi dice che l’innovazione, o meglio gli innovatori, in
Italia ci sono ma (purtroppo) non riescono ad emergere. Io credo che il
problema sia (ancor prima che nella mancanza di risorse) nella
“dispersione” e nell’isolamento in cui molte iniziative di innovazione
avvengono.

Quindi un evento del genere potrebbe diventare un catalizzatore di attenzione e relazioni tra gli innovatori, no?

L’innovazione
e’ una scintilla che provocano crescita tecnologica ed economica.
Quando gli uomini si ritrovano a vivere, produrre e consumare in
economie cittadine vibranti, spesso riescono a sviluppare nuove idee
che, applicate in particolari situazioni, luoghi e tempi, diventano
motori di sviluppo economico.
Questo e’ accaduto nel caso di Taiwan
negli anni ’60 e nel caso del Nord Est Italiano negli anni ’70. Questo
accade ancora oggi nelle dinamiche economie delle citta’ che si
affacciano sull’Oceano Pacifico.
Raramente alcuna crescita economica
e stata sviluppata da contributi pubblici rivolti a pioggia al mondo
della ricerca. In Unione Sovietica, si sono sviluppate straordinarie
competenze nel campo della ricerca nucleare, ma tale ricerca e’ andata
a rivolgersi per lo piu’ alla produzione bellica e non si e’ evoluta da
essa. 
Spesso le innovazioni sono piccole, quasi insignificanti,
esse si ritrovano nel mondo della produzione e con essa continuamente
interagiscono senza che vi sia il bisogno di un contributo dallo Stato
o di un costoso centro di ricerca finanziato da una grande
multinazionale. 
Non sto dicendo che tali soldi siano sempre spesi
male, ma che l’innovazione e l’improvvisazione colgono il loro apice
quando sono in parte dettati da necesssita’ produttive contingenti e
portate avanti da persone che sanno applicare idee a pratica.
Come
fare ad instillare qualche seme di genialita’ applicata? Come spingere
le persone ad interessarsi di tecnologia e a “sporcarsi” almeno un po’
le mani attraverso il processo di innovazione e produzione? 
San
Francisco e la sua area metropolitana hanno generato scintille di
innovazione grazie ai suoi improvvisatori e innovatori. Tali
imporvvisatori erano in genere ragazzini che provavano nuovi macchinari
nel loro garage o dietro i banchi di scuola. E’ il caso di Steve Jobs e
di Steve Wozniak che iniziarono la rivoluzione del PC dal loro garage,
e di Sergey Brin e Larry Page che hanno ideato gli algoritmi di Google
mentre erano ancora a scuola. 
A San Francisco si e’ trovata una
risposta alla domanda di nuove inventzioni con una fiera chiamata Maker
Faire, dove si pagano $25 per partecipare ad un evento di creativita’
di gruppo dove si gioca con micro-chip e transistors per creare nuovi
strumenti elettronici. Alcuni di questi strumenti sono poco piu’ che
giocattoli, ma altri potrebbero diventare i telefoni cellulari, i PC o
i robot del futuro. Il festival è un raduno di “secchioni”, ma in più
ha il gusto del “fai da te”, l’aggiunta di scienziati casalinghi, di
pensatori, di artisti e di artigiani. Quest’anno i loro progetti
elettronici includono robot sputa-fuoco, computers indossabili,
stampanti tridimensionali e torte motorizzate (anche se non mi è ben
chiaro cosa siano).
Tutti sono incoraggiati a sporcarsi le mani
costruendo i propri circuiti elettrici, creare nuovi articoli
tecnologici e lanciare i loro razzi. Questo è il terzo anno della Maker
Faire. Lo scorso anno vi parteciparono più di 40,000 persone e più di
20,000 persone hanno partecipato ad un simile evento in Texas.
L’idea
di giocare con la tecnologia in un modo così nuovo può sembrare quasi
superflua. Ma questo è il sale dell’innovazione, almeno secondo il
parere di Tim O’Reilly, fondatore di O’Reilly Media, una società
editoriale che pubblica le riviste Make e Craft. O’Reilly è un guru
della tecnologia ed e’ stato l’inventore del termine Web 2.0 che
cattura la tendenza di creare maggiore interattività, nello scambio di
informazioni e nella collaborazione tra Internauti.
I computers, i
chip, i sensori e gli altri componenti elettronici non sono mai stati
così a buon mercato. Questo significa che i vari gadgets ad alta
tecnologia stanno diventando beni usa e getta. Quindi possono essere
smontati e riutilizzati per costruire cose nuove. Una vecchia macchina
fotografica digitale, ad esempio, può essere collegata ad un aquilone
per fare fotografie dall’alto, oppure, se l’aquilone si collega ad un
navigatore satellitare ed ad altri dispositivi, si puo’ creare un
aquilone automatico, che voli senza il controllo dell’uomo.
Inoltre,
Internet sta aiutando persone di tutto il mondo a scambiarsi
informazioni sui loro progetti. Siti web come Instructables.com e
wiki-How.com sono diventati popolari luoghi di incontro per i nuovi
inventori. Essi si fanno portatori dell’ideologia dell’ “open source”,
dove il flusso di idee innovative si scambia gratuitamente. Questo
modello iniziò per gli sviluppatori di software, ma si sta rapidamente
espandendo in altri campi.
Come molte altre cose che stanno accadendo a questa Fiera dell’innovazione, incoraggiano a maggiore innovatività. 
Anche
se il Maker Faire e’ un evento piu’ diverente che utile, esso permette
di instillare il seme dell’innovazione e dell’improvvisazion, che
portano crescita e succeso economico; se l’improvvisazione funziona, il
motivo del suo successo non e’ teorico, ma pratico. 
Credo che una
Maker Faire che coinvolgesse giovani e inventori di ogni genere avrebbe
un notevole successo anche nelle citta’ Italiane.

mah…io
avrei un po’ di soggezione ad (ab)usare il termine di innovazione. Non
mi sento un innovatore, però l’unica cosa che mi sembra di aver capito
è che l’innovazione si catalizza quanto più è distribuita nel numero
delle persone coinvolte.
Pertanto, vorrei essere della partita,
magari ai margini, ma vorrei prima osservare e poi se ci riesco, un
giorno partecipare a quest’iniziativa. Ma se potremo innovare lo
scopriremo solo ex-post, così ho capito dall’economista Schumpeter
quando parla di “Distruzione Creativa”. Se ci fermiamo prima potremmo
vedere solo la distruzione. IMHO

Se comprasti il primo personal ( Vic 20 della Commodore) negli Stati Uniti 2 mesi prima che venisse commercializzato in Italia.
Se
ti sei presentato a chiedere, primo nella tua citta’, il collegamento a
internet quando i providers erano solo quelli dell’universita’.
Se hai messo sul tetto della tua casetta 15 pannelli fotovoltaici, e lo hai fatto 3 anni fa.
Hai diritto a considerarti una persona attenta al futuro e quindi all’innovazione…. o e’ solo smisurata autostima?

Antonio Santangelo vede un buon segno nella partecipazione finora emersa. EUbuntista approva.

Intanto

se
ti interessa l’innovazione nell’ambito dell’impresa sociale a settembre
organizziamo un workshop sul tema.. materiali e info su
www.irisnetwork.it, ciao

Le prime reazioni: 17 commenti sul blog, 27 commenti su Facebook, un Tweet, un solo link (grazie a Torino Valley) e 0 commenti su FriendFeed.

Ecco i commenti:

Dario Salvelli

Potresti
spulciare tra gli spin-off di tutta Italia, anche con la differenza tra
chi innova e chi invece si parcheggia in attesa di meglio.

Giuliana Guazzaroni

Segnalo il ning “Innovatori”, potrebbe essere utile: http://innovatori.ning.com/

Vittorio

anch’io ti segnalo http://innovatori.ning.com
e
ritengo di essere un innovatore, penso a quanto ho realizzato negli 8
anni di amministratore pubblico nella municipalità di marghera

Elvira

Volevo segnalarti l’iniziativa “Premio FORUM PA Protagonisti dell’innovazione”, alla sua seconda edizione 
http://www.innovatori.forumpa.it/

Un carissimo saluto
Elvira

Andrea

Ciao, 
ti
segnalo il premio all’Innovazione Amica dell’Ambiente, promosso da
circa 8 anni da Legambiente e Regione Lombardia. Ci sono diversi casi
interessanti, questo è il sito:
www.premioinnovazione.legambiente.org
Saluti, 
Andrea

Simone Brunozzi

Luca, io vedo l’innovazione come un “semplice” processo di miglioramento radicale.
E’
difficile “scovare” esempi in Italia perchè si parla poco di
innovazione, e molte delle parole spese in giro sono forse troppo
esagerate.

Un
piccolo aiuto, però, mi sento di dartelo: se chiedi agli italiani
all’estero che fanno innovazione, loro sapranno dirti perchè non
l’hanno potuta attuare in Italia, e forse ti potranno segnalare altri
innovatori, in Italia o all’estero, con cui sono entrati in contatto.

antonio savarese

ciao Luca
il tuo post è intrigante e mi spinge a fare alcune riflessioni:
comincio
dal titolo “Cercasi innovatori” chi dovrebbe cercare gli innovatori
dovrebbe essere lo stato italiano dando il via finalmente ad una sera
politica che premi il merito e la capacità di innovare.
Inoltre tu asserisci che il problema sia trovare gli innovatori dando per scontato che esistano, ne sei davvero certo? 
Il
vero punto è perchè innovano? secondo me chi lo fa, lo fa solo in virtù
di un possibile busines, si è perso del tutto lo spirito che ha
contraddistinto nel passato tante scoperte fatte quasi sempre per
caso….
Infine ti segnalo due innovatori, uno è Fabrizio Capobianco
di Funambol e credo che tu già lo conosca e rappresenta bene l’assioma
innovazione =business l’altro è un mio collega Vincenzo che oggi a
tavola mi raccontava che stava progettando un antifurto per la sua
nuova casa basato su nuove tecnologie sw , questo rappresenta bene la
mia idea di innovazione ovvero usare le competenze acquisite e
reinventarle per creare qualcosa di nuovo.

Emanuele

Sono
venuto a Perugia mosso dalla stessa problematica, ti accennai che
sarebbe stato interessante, oltre che entusiasmante, poter organizzare
una serie di incontri che elicitassero la consapevolezza del tema. Con
un pò di sarcasmo ti dissi che tutti ne parlano ma nessuno sa cos’è,
almeno è quello che si nota in molte imprese nel tessuto di Macerata.
Per
quadrare il cerchio di valutare i fabbisogni competitivi con
Confindustria, ho proposto di partire da un tracciato che facesse
emergere quali fossero i driver informativi per innovare, i bisogni di
conoscenza quindi e mi modi per sopperirli. Questo per togliere il
preconcetto che omologa innovazione a tecnologia, mentre questa è un
fattore strategico insieme a tanti altri: i modelli di business,
organizzativi, le conoscenze dei trend, ma tutti in fondo ancillari
alle idee e alla cultura che queste presuppongono per la soluzione di
un problemi o il miglioramento di un beneficio se la soluzione già c’è.
L’esempio portante di quanto il problema sia preminentemente di ordine
culturale, lo dimostra una grossa azienda che per correttezza non cito.
Le viene presentato un progetto che per costi/benefici sarebbe stata
una manna dal ciele per qualsiasi investimento. Otteneva dal partner,
una società di trasposti locali, una concessione a costo 0 dei propri
spazi pubblicitari per un valore di circa 500.000 €. E’ un progetto
innovativo in Italia che rientra nella Corporate Social Responsability
(solo Tesco anche se in maniera divrsa lo ha portato avanti), ma in
questo caso il deterrente non è stata la novità. In consiglio di
amministrazione si è eccepito che la mission del progetto toccava i
punti cardine dell’impresa, che ironia della sorte sono identici, come
dire non si può esternalizzare una mission perché toglie titolarità.
Quindi anche se c’è innovazione, profitto e beneficio collettivo, una
strategia del genere andava a ledere il modello culturale ma non per
defferenza ma perché è analogo.

Per
tornare al tuo quesito Luca, credo che la cultura del futuro degli
innovatori sia così intrisa di complessità che è facile perdersi.
Personalmente
credo sia un mix di conoscenza umanistica e scientifico. Una sociologia
economica della conoscenza che osserva i progressi scientifici ma li
tocca con le mani delle persone comuni.
Ovviamente quegli occhi
dovrebbero sapere leggere le informazioni salienti e non il tumulto di
nuovi prodotti che sono solo dadi comunicativi. 
La distruzione
creatrice a là Shumpeter credo non esista più da molti anni, è tutto
interdipendete e intersettoriale non solo nell’ICT ma anche nei settori
ad alta creatività come la moda per esempio. 
Il progesso credo sia
collegare cose e conoscenze esistenti per bisogni esistenti e non
nuovi. I micropagamenti di cui si parla a parlare anche per l’editoria
potrebbe esser un esempio. Ogni famiglia italiana ha un fidelity card e
ogni insegna ha un operatore mobile virtuale ormai. Un euro di costo
promozionale potrebbe oltre che esser sostenibile avvantaggiare tutti.
Ogni famiglia si trova nella Sim, a sua volta fedelity card, le notizie
al costo del quotidiano e se le scarica a casa in famiglia. Il giornale
della sera, dove tutti felici e contenti commentano le notizie prima
del tg. Ruggiero in Telecom hanni fa diceva che aveva 60 milioni di
punti vendita. Forse tocca passare dal supermercato per averli
veramente.

Linko un
pensatoio dove mettono a disposizione strumenti software per fare
analisi strategica di scenario. E’un progetto molto interessante perché
i software permettono analisi multistakeholder che potrebbero esser
utilizzati con panel di esperti, magari proprio sull’innovazione. E
magari per ridurre un pò la complessità.

http://www.3ie.fr/lipsor/lipsor_uk/index_uk.htm

Marco

John
Elkann, capo del capo del mio capo in una pregressa avventura
editorial-pazzesca e persona squisita, da oggi pomeriggio è sicuramente
un innovatore.

cristianmazz

ciao luca,
noi qui in romagna ci stiamo provando, il progetto si chiama romagna business club: www.romagnabusinessclub.com

il 23 di aprile abbiamo un evento a cui ti invito e a cui partecipano alcuni dei tuoi colleghi:

Corporate and Business Web Forum – Il web per la PMI

http://www.romagnabusinessclub.com/featured-articles/23-aprile-2009-corporate-and-business-web-forum-il-web-per-la-pmi/

L’obiettivo è creare una vera e propria impresa quindi a fine di business. Come?
fondamentalmente
creando eventi per ora e diffondere la conoscenza e l’utilizzo del web
ma soprattutto la nuova cultura fondendola con quella ruspante
romagnola…..

Marco

Quando
consegnarono la medaglia presidenziale al professor Peter F. Drucker
per i suoi studi di management e per le sue riconosciute capacità di
predizione e innovazione rispose semplicemente “I just look out the
window and see what’s visible – but not yet seen.”
L’innovatore per me è questo. E’ un qualcuno che vede e realizza oggi ciò che per altri nemmeno è da considerare.
Intorno
a noi, nella nostra vita di tutti i giorni, nel lavoro incontriamo
spesso degli innovatori e a volte nemmeno ce ne accorgiamo.
Peter
Drucker (http://www.druckerinstitute.com/) è un innovatore e in sua
memoria è stato anche istituito un riconoscimento che premia quelle
attività no-profit che si sono distinte per la capacità di anticipare e
innovare il loro settore o ambiente. 
Nel mio lavoro mi è capitato
di incontrare persone che hanno questa dote. Uno di questi è Christian
Carniato, fondatore di TSW, che più di 10 anni fa ha visto nel Search
Engine Marketing il futuro del web. Scommessa vinta. Ma è interessante
vedere cosa sta combinando nel frattempo. Una fonte inesauribile di
stimoli.

Nicola

Di primo acchitto, mi viene di rispondere con un link a un progetto che mi piace molto:http://www.librino.org/ (peccato per il sito in flash)… Cito dalla presentazione:

Antonio
Presti, da dieci anni, coltiva a Librino un’utopia. In questa
“città-satellite” di circa 70.000 abitanti, in un territorio lasciato
ai margini, privo di infrastrutture e di servizi, l’ideatore di Fiumara
d’arte, “il sognatore che realizza i propri sogni”- come lo ha definito
lo scrittore israeliano Meir Shalev – coltiva l’utopia della bellezza e
dell’arte come forza etica. In questo spazio della contemporaneità, un
non luogo che nega cittadinanza ai suoi abitanti, ha scelto d’investire
sull’arte ritenendola occasione di riscatto, d’incontro, di scoperta,
di gioia e di bellezza.

Guardati la Porta della Bellezza che è l’opera che stanno mettendo in piedi in questi giorni…

Nicola

Agli innovatori piace usare reti neutrali (World of ends) :-O

Laura

Luca,
Io
penso di essere da sempre un’innovatrice, ma dipendente. Per noi è
estremamente difficile farci notare. Si lavora nell’ombra e i risultati
vengono visti come quelli delle organizzazioni da cui dipendiamo. Ma ci
siamo, ci sono. Personalmente penso di aver fatto molto, nonostante si
debbano sempre fare le nozze coi fichi secchi, e anche bene. Ma nessuno
mi conosce. Altri, liberi e non dipendenti, possono farsi notare di più.
Ma anche noi, a libro paga di qualcuno, innoviamo.

Mauro

Il
commento di Laura ha tutta la mia approvazione (e solidarietà) per
essere innovatori devi essere indipendente o qualcuno non innovatore
che prende decisioni per te te lo impedirà… credo che in Italia ci
siano innovatori ma, spesso, purtroppo chi decide non lo è.

Asa

Il
tema è affascinante. Personalmente trovo che una cosa su cui siamo
carenti in Italia è la capacità di associare innovazione e
sostenibilità/modello di business, e più in generale percorsi di
selezione delle reali innovazioni, per distinguerle da “invenzioni”
fine a se stesse. 
Credo che nòva stia facendo del suo per segnalare percorsi possibili. 
Quanto alle persone, il problema è riuscire ad avere le competenze per valutarne le potenzialità, e non è sempre facile.
Ti girerò una mail in proposito che potrebbe esserti utile

Aldo de Rossi

Le radici delle innovazioni stanno generalmente nel gioco e nella decorazione.

La
metallurgia inizio’ con il martellare il rame all’interno di collane e
altri ornamenti molto prima che fosse utilizzata per coltelli ed armi
di rame e di bronzo.

La
formazione di leghe metalliche inizio’ nell’ambito della gioielleria e
della scultura che della produzione economica e militare.

La ruota inizio’ ad essere usata in modo “frivolo”; le ruote piu’ antiche a noi conosciute erano parti di giocattoli.

L’idraulica,
la meccanica ed altre manifestazioni del genio umano furono sviluppate
all’inizio per costruire giocattoli o come forme di intrattenimento.

Il ferro battuto fu inizalmente utilizzato per scopi decorativi nella creazione dei cancelli dei palazzi.

L’industria chimica si sviluppo’ dal bisogno di colorare o decolorare i tessuti ed il vetro.

La
polvere da sparo venne utilizzata prima come forma di intrattenimento
per i fuochi artificiali molto prima che fosse utilizzata per scopi
militare o per conquistare lo spazio con i razzi.

La prima ferrovia al mondo fu creata come forma di intratenimento a Londra.

La plastica venne dapprima utilizzata per i giocattoli e per i tasti del pianoforte come rimpiazzo a basso costo dell’avorio.

Le racchette da tennis, le mazze da golf sperimentarono le fibre di vetro e di carbonio prima degli aeroeplani.

I videogiochi al computer hanno preceduto l’uso giornaliero dei computer nello spazio lavorativo.

Il riscaldamento con i pannelli solari e’ iniziato come un hobby per appassionati di fai da te.

Tutte
le cose grandi nascono da cose piccole, ma le nuove piccole cose
vengono sono distrutte a meno che non siano valorizzate per ragioni
piu’ di apprezzamento estetico che di utilita’ pratica.

 

 

da facebook:

 

Patrizia Filippetti alle 13.14 del 21 aprile

bellissima domanda!
stavo appunto leggendo questo:
http://blog.debiase.com/2009/04/cercasi-innovatori.html

 

Dario De Judicibus alle 13.19 del 21 aprile

Per
essere innovatori sono necessarie due condizioni: bisogna esserlo e
bisogna che te lo facciano fare. In Italia la seconda manca.

 

Patrizia Filippetti alle 13.22 del 21 aprile

@dario la seconda credo che sia molto sensata

 

Titti Ruberto alle 13.29 del 21 aprile

a mio avviso Luca non ce ne sono. O se ci sono, non sono messi nella condizione di.

 

Patrizia Filippetti alle 13.34 del 21 aprile tramite Facebook Mobile

@titti benchè tutto sia possibile, si spera almeno che qualche neurone sia rimasto…forse manca altro

 

Romeo Bassoli alle 13.34 del 21 aprile

Io
lavoro con i fisici delle particelle. Che vivono di progetti e
innovazione, di utopie, di idee apparentementemegalomani e tecnologie
che non esistono ancora. Ma non ha senso parlarne individualmente. E’
una impresa giocoforza collettiva, di gruppo: sono gruppi di innovatori
che trovano sponde in strutture più grandi (nazionali o europee o … Visualizza altrocomunque
internazionali) che a loro volta riescono a fare lobbing politica. Alla
fine l’innovazione arriva, e come. Ma questa modalità risponde alla tua
domanda?

 

Claudio Andrea Vinco alle 13.38 del 21 aprile

imho: sono quelli che stanno zitti, e se parlano lo fanno in inglese, in italiano solo ripetono.

 

Arianna Geith alle 13.40 del 21 aprile

forse
c’è bisogno proprio di recuperare il valore dei sogni e delle utopie e
se possibile di trovare uno spazio per questo anche all’interno delle
scuole. chiedo troppo?

 

Salvatore Iaconesi alle 13.42 del 21 aprile

In
realtà molti ambiti, tipo il design e la rete, offrono tantetante
opportunità. Che si possono cogliere, però, assumendo nuove modalità
operative, che sono assai lontane dal “non ti consentono di innovare”.
Perchè in realtà nessuno ti deve consentire nulla. 
Probabilmente ci sono molti “innovatori”, ma pochi “imprenditori innovatori”.
Chessò: io … Visualizza altromi
ci mantengo a far venire “strane idee” agli imprenditori. E così una
fascia di “giovani” che “fanno cose”. E che, magari, non si sentono
(giustamente) vincolate ad una certa nazione per farle, o all’aspettare
che “qualcuno te le faccia fare”.

 

Patrizia Filippetti alle 13.48 del 21 aprile tramite Facebook Mobile

@romeo
giusto appunto i grandi progetti seguono itinerari internazionali, a
volte l’idea e il progetto nascono qui ma per strane dinamiche devono
passare per…e dopo anni ritornare qui ..discorso lungo…quindi
speriamo che si trovi presto un però , un forse per poter dire che
qualcosa sta cambiando ma nella giusta direzione. A presto

 

Lucia Montauti alle 13.52 del 21 aprile

vanno cercati nei vicoli del web, chi ha veramente stoffa fa poco rumore .. almeno io la vedo così, voi?

 

Lucia Montauti alle 13.55 del 21 aprile

sai
cosa sarebbe carino? far incontrare: imprenditore del web+ un creativo
+ un economista che pensa a nuovi modelli di business e vedere cosa ne
esce … tu che puoi, che hai mille contatti!

 

Lucia Montauti alle 13.59 del 21 aprile

scusa … 1903 contatti 🙂

 

Piersergio Trapani alle 14.00 del 21 aprile

@
patrizia, secondo me non cambia nulla per un semplice motivo: chi
decide e chi ha soldi non ha cultura dell’innovazinoe tantomeno di
internet!

 

Lucia Montauti alle 14.02 del 21 aprile

@ persergio … però se chi non ha cultura è costretto dagli eventi … magari sono troppo ottimista eh?

 

Salvatore Iaconesi alle 14.08 del 21 aprile

è limitante pensare al modello “chi decide e chi ha i soldi non ha cultura dell’innovazione tantomeno di internet”.
Non
è vero. Ovvero: è vero parzialmente in Italia e in pochi altri posti.
Manca la cultura di chi deve presentare la propria idea con un business
plan, con un piano di marketing, con un piano di sviluppo e produzione.
C’è troppo la ri… Visualizza altrocerca
della “svolta” e di “qualcuno che te le faccia fare”. Se si fanno le
cose decenti, gli ascoltatori si trovano. (magari non in italia.. ma in
italia non c’è nemmeno il venture capital…)

 

Roberto Marchionni alle 14.34 del 21 aprile

Mi trova perfettamente d’accordo.
limitando il mio contributo alla pubblicità, leggete questo link:http://adage.com/agencynews/article?article_id=135438
Advertising Age è la bibbia della pubblicità mondiale

 

Lucia Predolin alle 14.41 del 21 aprile

alcuni del mio settore saranno a Bilbao questo venerdì per essere premiati!http://www.startup2.eu/

 

Riccardo Sorrentino alle 14.43 del 21 aprile

Luca,
perché quando parli di innovazione, come esempi citi “Distruzione
creatrice”, “Progresso tecnico” e “Rottura radicale”? O la continuità
del progresso, quindi, o la discontinuità, il salto in qualche modo
violento e brusco. L’innovazione non può essere semplicemente
intepretata come “differenza” (ovviamente qualificata, non
superficiale)?
La … Visualizza altrocultura
dell’innovazione non è “semplicemente” – ma mai semplicità fu così
complessa – la cultura della differenza (anche nel senso filosofico del
termine)?

 

Elvira Zollerano alle 15.15 del 21 aprile

posso segnalarti questa iniziativa di FORUM PA, alla sua seconda edizione?
http://www.innovatori.forumpa.it/

 

Romeo Bassoli alle 15.16 del 21 aprile

@patrizia.
I percorsi di sviluppo dei progetti hanno strade che spesso sono
obbligate dalle dimensioni. Una macchina per studiare delle particelle
chiamate mesoni costa qualche milione di euro. Ma poi si fa. E si porta
dietro una enorme innovazione dei dispositivi più vari, da quelli
elettronici a quelli ottici, dal software per il trattamento dati alla
molatura di lenti e cristalli. I protaginisti di questi prcessi io li
chiamo innovatori…

 

Patrizia Filippetti alle 16.59 del 21 aprile tramite Facebook Mobile

@romeo
certo che si per fortuna! In ambito scientifico e in altri settori
…ma credo che la domanda di luca vada cercando altre risposte.a
presto @lucia mi è piaciuta la tua risposta, sarebbe davvero
interessante vedere come diverse professionalità riescano a
wikicooperare e partecipare 😉 innovativo potrebbe essere l’incontro:
la nuova società del sapere.a presto

 

Dario De Judicibus alle 17.00 del 21 aprile

@Salvatore
Puoi fare anche il business plan più robusto che vuoi, ma senza banche
d’affari che ti trovano i finanziatori è tempo perso. Da noi questo
meccanismo manca, mentre invece esiste negli USA.

 

Dario De Judicibus alle 17.01 del 21 aprile

@Elvira Ci vediamo al Forum PA… dove terrò una lecture sui mondi virtuali, allora.

 

Dario De Judicibus alle 17.06 del 21 aprile

Recentemente
in un convegno a cui ero invitato come relatore, si è parlato di
innovazione. A chi mi ha chiesto quando si verifica un’innovazione in
una società, ho risposto che sono necessarie si realizzino tre
condizioni:

1. qualcuno deve avre un’idea (davvero) innovativa, ovvero non semplicemente evolutiva
2. l’idea deve essere fattibile sia sul piano realizzativo che su quello economico
3. la società deve essere disposta ad accettare il cambiamento culturale che inevitabilmente comporta un’idea davvero innovativa… Visualizza altro

Ad
esempio, le ali di Leonardo avrebbero potuto forse funzionare con i
materiali leggeri giusti, come l’alluminio e il kevlar. Analogamente,
molte idee sono rimaste nel cassetto perché, seppure realizzabili,
imponevano un cambiamento concettuale non realizzabile al loro tempo.

 

Dario De Judicibus alle 17.09 del 21 aprile

@Lucia
Tre anni fa sviluppai un’idea detta città accessibile che partiva da un
concetto che molti hanno osteggiato, e cioè che in qualche modo «siamo
tutti disabili… Visualizza altro».
Da lì avevo sviluppato una visione di una città che si comportasse come
un enorme computer vivente, ovvero con il quale si potesse interagire
come un avatar fa con un mondo virtuale. Da qualche mese stiamo
lavorando a una prima architettura per realizzarla ma non abbiamo
trovato ancora il comune disposto a fare da pilota. Forse potremo
riuscirci a Vicenza, ma ne dobbiamo parlare a Settembre. Come vedi ci
si prova a fare innovazione ma devi mettere intorno a un tavolo troppe
teste perché si decida qualcosa. Ci vuole tempo…

 

Elvira Zollerano alle 17.27 del 21 aprile

@Dario: sicuramente 🙂

Salvatore Iaconesi alle 9.45 del 24 aprile

–>Dario: … è
ovvio che mi serva la banca d’affari o il capitalista col cilindro, no?
Come è ovvio che il venture capital in italia sia merce più che rara.
quello che non è ovvio è: perchè st’ostinazione con l’Italia?
io
sostenevo proprio il contrario: via da qui, che è un postaccio! Anche
le cose più innvative assumono un tono grottesco quando vengono
implementate da ‘ste parti.
Fuori, in più di un posto, son stato
sempre assai meglio: tirato su imprese, trovato persone pronte ad
sudiare opportunità… e, tra l’altro, ho sempre trovato anche un sacco
di stupendi italiani felici di essere stati “innovativi” all’estero 😉

 

twitter

Aless_Zaccuri@lucadebiase innovazioni strettamente tecnologiche? o di qualsiasi altro tipo?

update da facebook

Simona Vogliano loro
sono innovatori, italiani e stanno facendo cose pazzesche all’estero
mentre in italia le amministarzioni decidono se è il caso di puntare su
un’idea vincente e lasciano bruciare boschi, franare montagne, crollare
dighe, esondare fiumi…
http://www.ireport.com/docs/DOC-247276

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2 Comments

Premessa
Innovazione potrebbe essere definita come quella particolare capacità
di individuare rapide risposte al rapido mutare delle condizioni di
ambiente.
L’innovatore ha una naturale predisposizione a guardare avanti.
L’innovazione non è in sé un valore. Possiamo considerarla un modus che riguarda i comportamenti.
Il modus dell’innovazione viene poi “sottomesso” a fini economici, sociali, politici,relazionali.
Potremo pensare all’atto dell’innovazione come un atto di equilibrio,
un’attività continua di “registrazione” nel senso di messa a punto dei
nostri “registri”.
Quel rapporto/latenza che fa stare in equilibrio le nostre
caratteristiche, capacità competenze aspirazioni con il dinamico e
complesso ambiente.

Il mio contesto.

Insieme ad altri 18 soci abbiamo costruito una cooperativa che si occupa di sw e processi.
Nel mondo delle imprese la complessità delle risposte richiede sforzo nella produzione sociale della conoscenza
Proprio in questi giorni sto cercando di mettere intorno ad un tavolo
un gruppetto di imprese con l’unico obiettivo di dialogare, discutendo
ognuno delle proprie buone pratiche.
Impresa difficile.
Sto cercando anche di stimolare un pò di dibattito sul nostro sito.

Uno stralcio dell’ultimo post pubblicato sul nostro sito.

Vendere e produrre dopo aver “inventato” qualcosa: in estrema sintesi sono le cose che fanno le imprese.
Ne parlavo qualche settimana fa un imprenditore nostro cliente che non
cito per diritto di privacy. Se vuole lo farà lui commentando questo
post.

1. Vendere.
Sul fronte commerciale le singole imprese che possono permetterselo fanno qualcosa,spesso da sole.
Dal nostro piccolo osservatorio notiamo un piccolo boom del commercio elettronico.
Le imprese si affidano al Web cercando di aprire un nuovo canale per
incrementare le vendite, la qualità dei propri processi interni ed il
servizio al cliente.
Sul fronte commerciale mi è capitato di imbattermi in iniziative di
collaborazione per mettere fattor comune le risorse commerciali
(genericamente intese).
Fare qualcosa in collaborazione ad altri imprese per “vendere di più”.

Rimane una domanda.
Lo sforzo per “vendere insieme” trova un paragonabile impegno per “inventare insieme” qualcosa e poi “produrre insieme” ?
In fondo i nostri clienti ci chiedono innovazione!

2. Innovazione e produzione
Qui, le cose non vanno meno bene.
Se ogni tanto si riscontrano sforzi consortili per vendere è difficile trovare idee per fare “innovazione condivisa” .
Lo spirito di innovare non manca alla PMI.
Manca invece l’idea che sia utile “rinunciare” ad un pezzo di proprietà
di un prodotto o di una tecnologia per acquistare innovazione e valore
per il cliente.
Non so quanti sono a conoscenza del fatto che la Fiat 500 e la Ford Kaa
sono costruite nello stesso stabilimento ed hanno il 90% delle
componenti in comune.
Pensate al vantaggio della ricerca e sviluppo!!
Se le imprese talvolta provano a collaborare per vendere, quasi mai ci
provano per “produrre”. Le PMI dovrebbero fare qualche sforzo in più
per abbandonare la cultura della proprietà pensando ai bisogni dei
propri clienti condividendo investimenti in ricerca e sviluppo.

La crisi può essere un opportunità per ripensare i nostri vecchi modelli culturali?

L’imprenditore di cui sopra pensa che nelle imprese vi siamo ancora troppi imprenditori con la cultura del padrone!

Non
sarò imparziale ma a leggere certe risposte, non sembra affatto il
dibattito strutturato con ammiragli del calibro di Assolombarda e
Bocconi abbia elicitato granché.

http://www.b2b24.ilsole24ore.com/articoli/0,1254,24_ART_98275,00.html?lw=24;1

Comincio ad esser dell’idea che on line sia molto più proficuo per
peculiaritàdel mezzo. Se venisse strutturato e organizzato con modalità
opportune, avrebbe tutt’altri risvolti.

7 Commenti

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  • Al di là di altri problemi strutturali, io credo manchi una discussione continua e strutturata sull’innovazione in Italia, e più che sulle idee credo manchi concretezza sulla loro implementazione. Ho apprezzato molto l’articolo nello scorso numero di http://www.wired.it che raccontava la storia di alcuni autori italici di applicazioni di successo per l’iPhone. Perché ad esempio per scoprire che http://www.passpack.com è una startup romana devo partecipare ad un http://barcamp.org ? Potrebbe essere utile una sorta di http://mashable.com (inteso come sito, feed, mailing list) per la nostra penisola, magari esteso anche a realtà o progetti locali della Pubblica Amministrazione, vedi il recente http://www.innovatoripa.it , o al mercato delle energie rinnovabili. Un punto di riferimento può essere il catalizzatore delle energie che oggi manca.

  • E’ implicito che se menzioni l’atto di ribellione, prendi ha riferimeto innovazioni vere, quelle definite nel gergo Breakthrough e al 90% dei casi afferenti o all’ICT o alle Bioingegneria. Fa venire in mente la visione di Jeoffry Immelt sull’>. E’ rottura di pensiero, poi conoscenze e tanta tecnologia, come non può esser diversamente nell’healthcare.
    Ma come classificare l’invenzione del nutricosmetico Innèove Fermetè? http://www.inneov.fr/ A livello tecnologico c’era tutto già. E’ solo una nuova value proposition che attinge al mercato dei bisogni di comunicazione e li riformula semplicemente? Sembra proprio di sì, se viene sottaciuto che il valore aggiunto è pura conoscenza. Del mercato in questo caso. Fa un pò rammarico leggere di progetti di amministrazioni pubbliche innovativi. A volte mi chiedo se è un’altra barzelletta o ci credono proprio. La PA sarà sempre un deterrente all’innovazione, anche quando la incentiva, mi viene da dire soprattuto.
    E’ uscito appena oggi un bando al proposito. I criteri (leggi) sono puri vincoli a mantenere l’esitente, almeno per la maggior parte dei casi.
    La prima azione per poterlo utilizzare per come dovuto è rompere il vincolo che mette quindi. Ci cala a pennello l’aspetto di ribellione. Però per rompere la regola bisogna conoscerla bene. Dimostrare che è un vincolo e non un opportunità.
    Negazione a cui segue la proposta. E già facendo questo si è superato il vincolo legislativo. Dopo arriva quello culturale, sociale, economico, tecnologico. Forse Luca ti è sfuggito l’aspetto vincoli normativi perché per tua fortuna non ci combatti. Ma è veramente un vincolo. A dirla tutta è anche un vincolo etico, perché raggirarlo è più facile che rispettarlo. Con la conseguenza che molte risorse vanno in chiacchiere poi.
    Dato che ho scritto un poema, dico anche che per me l’innovazione è solo quella di rottura, intendendo con questo che riesce a cambiare le pratiche delle relazioni sociali. Questo non significa che debba esser tecnologica, può esser anche un nuovo linguaggio, o un libro di letteratura sagace per esempio, che rompendo l’ordinarietà, apra a nuovi modi di pensare. Il massimo sarebbe nuovi metodi di ragionamento. I famosi controintuitivi o controfattuali, che faccia terra bruciata di luoghi comuni. Uno dei più grossi vincoli.

  • Caro Luca,
    condivido molto il tuo pensiero laddove evidenzi che “l’innovazione nasce da un pensiero spiazzante e cresce solo se viene compresa e accolta dal contesto. Le coordinate con le quali il contesto comprende un’innovazione sono culturali, sociali, economiche, tecnologiche, ecologiche”.
    A questo proposito percepisco attenenza con la straegia dello Sviluppo Resiliente della quale sono autore http://vittoriobaroni.wordpress.com/cose-la-resilienza/. Cerco di spiegarti come.
    Nella prima fase la strategia consiste nel portare ad estrema sintesi la complessità enucleando le sue polarità di senso. Ogni ambiente viene considerato come unico, irripetibile ma inquadrabile come sistema e tendenzialmente descrivibile come sistema complesso. La sintesi, con le sue polarità di senso, diventerà la base di lavoro per la costruzione di 8 linee di lavoro corrispondenti alle 8 componenti dello Sviluppo Resiliente.
    Considerato che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (interna ed esterna) sono da considerarsi come irrinunciabili, in merito a questo aspetto verrà posta particolare attenzione alle dinamiche dell’innovazione tecnologica in chiave Web 2.0 anche in termini culturali e psicologico-relazionali. L’importanza delle nuove tecnologie viene messa in relazione con gli assunti attuali del dibattito scientifico sulla resilienza. Essi convergono tutti verso il concetto di processo (singoli e gruppi non nascono resilienti, ma lo possono diventare).
    Nella seconda fase il lavoro consiste nel mettere in combinazione sistemica le seguenti 8 componenti: Conoscenza, Iniziativa, Innovazione, Cooperazione, Apprendimento, Prevenzione, Governo, Etica: http://vittoriobaroni.files.wordpress.com/2008/11/8-componenti-resilienza-studio-baroni.png

  • One hundred voices for innovation

    Luca De Biase has deployed a listening post on his blog, collecting voices from innovators in Italy. Who are innovators, what is their culture and what do they see in their future? What is innovation: creative destruction, technical progress or…

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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