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Libero Siani per la Pasqua

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Libero De Rienzo interpreta Giancarlo Siani in modo meraviglioso, secondo me, in Fortapasc, il film di Marco Risi sul giovanissimo giornalista abusivo del Mattino di Napoli che nei primi anni Ottanta del secolo scorso racconta la cronaca della camorra e della corruzione a Torre Annunziata. 
La violenza dei fatti, passo dopo passo, prepara il pubblico alla sconfitta inevitabile della pace e della legalità. Ma nel momento finale, quando si piange sinceramente, gli occhi di Libero guardano i suoi sicari un attimo prima che gli sparino diventano la finestra attraverso la quale si guarda oltre.
Siani è un eroe senza la pretesa di esserlo. E proprio la semplicità del racconto lo trasfigura in un maestro. Il cronista, con il blocchetto in mano, è al battesimo del figlio del boss, è accanto ai cadaveri degli assassinati, è alla seduta del consiglio comunale che decide la spartizione dei soldi del terremoto… Parla con il magistrato, con il capo dei carabinieri, con il fratello del camorrista, con il capocronista vigliacco, con l’amico drogato… E ogni volta i suoi occhi diventano più consapevoli. Quando coglie una notizia nascosta nelle parole dei suoi interlocutori quegli occhi si illuminano. Sa che tutto quello che può fare è scrivere. Ma scrive, a differenza di tanti suoi colleghi.
A ventisei anni è famoso e temuto, gentile e umile. Lo assumono al Mattino e lo portano a Napoli, forse per allontanarlo da Torre. Barbara, la ragazza che lo ama, lo capisce, lo ammira, ma non lo accetta fino in fondo. Il giovane giornalista passa da casa della madre prima di andare a un appuntamento con Barbara, quando la storia passa su di lui. Parcheggia, i documenti della sua inchiesta sono sul sedile accanto a lui, due uomini si avvicinano nel buio, la luce del lampione illumina gli occhi di Libero Siani nel momento in cui coglie la notizia che lo riguarda. La morte è quella di un immortale.
Quegli occhi sono importanti perché passano il testimone a chi farà come lui. Perché dicono che la pace è una ricerca di verità, una speranza di vita, una pratica quotidiana. Perché dichiarano a chi li guarda guardare in faccia la morte che il coraggio non è incoscienza e la paura non è prudenza. 
C’è un racconto positivo invincibile negli occhi dello sconfitto. C’è un terrore senza libertà e senza vita negli occhi degli assassini. Per noi, c’è da scegliere.
Grazie a Libero per aver raccontato così bene lo sguardo di Giancarlo Siani.

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  • Sono d’accordo solo in parte: quell’accento romano di Libero ed alcuni modi di fare sono forse lontani dalla napoletanità di Siani. Nel film poi Risi ha fatto alcune omissioni sull’intera vicenda trascurando alcuni aspetti. E’ piaciuto comunque molto anche a me, la semplicità vince sempre.

  • Non so se Luca si n’è accorto di avere involontariamente messo in luce la sgradevole causa della vittoria del malaffare in Campania, nel Mezzogiorno e in tutt’Italia.
    Quel “giovanissimo giornalista abusivo” è la dimostrazione che l’intera nazione è amorale e perciò non ha speranze di diventare un corpo sano ma concretissime possibilità di marcire del tutto.
    Se i giornali tollerano forme di sfruttamento del lavoro nel loro stesso interno, se in un ufficio pubblico pubblici funzionari (anche dotati di potere d’intervento) tollerano che ragazzini portino caffè e pizzette agli impiegati, invece di andare a scuola, quale moralità può opporre la coscienza critica della nazione (i giornali) e quale senso dello stato può instillare nella popolazione un apparato pubblico che platealmente tollera illegalità terribili come impedire a un ragazzino d’istruirsi e ad un lavoratore di essere retribuito?

  • il film è toccante, in un modo parecchio onesto e trasparente. e questa è la recensione sul film più bella che abbia letto in queste settimane.

Luca De Biase

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