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Centimetri di pensieri per Nòva

Gaspar Torriero è un amico. La sua critica dell’editoria tradizionale è pungente e profonda. Specialmente quando sottolinea le distorsioni informative che possono essere provocate dagli interessi economici, le ideologie o la malavoglia dei professionisti che fanno i giornali tradizionali.

Questa volta ha proposto un’originale analisi del nuovo formato di Nòva, arrivando alle conclusioni giuste attraverso un procedimento sbagliato. Un piccolo errore che forse lo potrà indurre a qualche indulgenza per le mille prossime volte che ne commetteranno i criticabili professionisti di cui sopra. via Mantellini.

Il suo conteggio dei centimetri di Nòva occupati da lavoro giornalistico e pubblicità è preciso. Il confronto è tra un’edizione di Nòva di novembre, a 20 pagine grandi, e il tabloid di ieri. Ovviamente conclude che è tutto più piccolo e che la pubblicità diminuisce. Se avesse superato la sua naturale ritrosia a prendere il mano un giornale di carta in gennaio e avesse fatto lo stesso confronto tra il Nòva di novembre e il Nòva di gennaio, entrambi in grande formato, avrebbe avuto gli stessi risultati: perché in gennaio Nòva era a 12 pagine grandi con poca pubblicità. Dunque, la differenza non è il tabloid. Il tabloid è pensato per trasformare la “crisi” nell’opportunità di migliorare il giornale. Opportunità, non certezza: infatti è presentato come “più portatile, più maneggevole, meno panoramico, più sintetico” (non solo più portatile e maneggevole come scrive Gaspar) perché il nuovo formato presenta inevitabilmente dei pro e dei contro. Ma la conclusione giusta resta: c’è meno pubblicità. Un fatto che non ha bisogno del metro per essere dimostrato. A me casomai importa capire se con gli strumenti messi a nostra disposizione abbiamo fatto un lavoro decente.

Anche perché l’idea è di migliorare se possibile nell’equilibrio tra quello che pubblichiamo sulla carta e quello che facciamo online. L’equilibrio è lontano dall’essere raggiunto. Se mai si potrà raggiungere. Avremo la possibilità di usare di più internet per pubblicare gli approfondimenti che non ci stanno più sulla carta. E anche per tenere viva la nostra ricerca giornalistica dimostrata per qualche tempo su NòvaReview e ora in stand by come la nostra rivista bimestrale. (Grazie, a proposito, a tutti coloro che hanno detto che NòvaReview era una buona idea: lo penso anch’io…).

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  • Luca, se io mi arrangio come posso con il metro da sarta e con una vecchia copia di Nova, è anche perché tu di queste cose non ci racconti nulla 🙂

  • Meno pubblicità, meno risorse, meno produzione. Mi sembra ovvio. E mi sembra anche abbastanza ovvio che il tutto venga un po’ edulcorato in fase di mercatura. E’ anche carino svelare l’inghippo, però, con tutto il rispetto, solo carino. Anche io credo che sia più importante tentare di andare oltre la crisi, e di salvare quello che è più importante: idee, ricerca, esplorazione…

  • Secondo me, è solo una questione di impatto grafico. I contenuti quelli sono. L’errore (immagino i motivi dell’errore) è stato cercare di comprimere una impostazione grafica molto ariosa e studiata per i lenzuoli e piazzarla su una federina. Un po’ di lavoro grafico in più (leggi, ripensamento) e il risultato sarebbe stato diverso. Certo, non so quanto il giornale possa permettersi investimenti in queste cose, oggi. E, soprattutto, temo non ce ne sia stato il tempo.

  • La nuova versione è godibilissima. I contenuti sono sempre il punto di forza (la storia di copertina è STREPITOSA!).
    Forse mi sbaglio ma il problema principale rimane la versione online, assolutamente non all’altezza della situazione. Spero migliori nei prossimi mesi.
    Francesco

  • La storia di copertina è la parafrasi (con l’aggiunta della lunghissima introduzione sull’Eldorado… da cui si evince che se si concima bene un campo le piante crescono meglio, ma va’ ???) dell’intervista a Lovelock apparsa su New Scentist un mese e mezzo fa. Bravo Miglietta che ha trovato il modo di “bucare” la pagina con il suo bio-char (perchè non lo chiama carbone vegetale come tutti non si sa, mi dica quale carbone non ha origine biologica… sarà marketing a buon prezzo). Oppure bravo Magrini che ha letto l’articolo e ha trovato il modo di “fare un’inchiesta strepitosa” senza mai citare Lovelock (cattivo cattivo, vuole le centrali nucleari…). Peccato che la parte più interessante dell’intervista, che erano i numeri in base ai quale la soluzione di togliere CO2 dall’atmosfera tramite pirolizzazione degli scarti vegetali è più conveniente di altre non abbia trovato posto nella spataffiata di articoli. Mancanza di spazio.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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